Opinioni & Commenti

Famiglie, nuove povertà e crisi da «quarta settimana»

di Natale Bazzantipresidente del Banco Alimentare della Toscana

Per capire il fenomeno delle «nuove povertà» – tornato in questi giorni prepotentemente alla ribalta sui mass media – gli «esperti» partono sempre dai numeri. Lo studio dell’Irpet sulla povertà ed esclusione sociale in Toscana, presentato nel novembre 2006, fa emergere ad esempio un quadro di progressivo indebolimento di alcune fasce sociali e individua un nucleo di circa l’1% della popolazione toscana – pari a 34 mila 800 persone – che vive in condizioni di povertà assoluta, mentre circa il 5% (175 mila) vive in condizioni di povertà relativa, cioè con un reddito inferiore del 60% rispetto a quello di una famiglia media italiana. Chi analizza il mondo dei consumi, del resto, ha ormai da tempo evidenziato il fenomeno della crisi da «quarta settimana», in cui gli acquisti crollano perché le famiglie non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese.

Noi del Banco Alimentare – che sabato 24 novembre riproporremo la tradizionale Colletta, chiedendo a tutti di contribuire alla «spesa della solidarietà» – non ci occupiamo di numeri e di statistiche, ma il lavoro quotidiano a contatto con oltre 450 associazioni che in Toscana assistono oltre 60 mila persone indigenti  ci fa avere un quadro dei bisogni della gente ancor più chiaro e attuale e, con tutta probabilità, anche più drammatico rispetto ai dati ufficiali. Che la povertà in Toscana sia in crescita ci viene infatti ricordato tutti i giorni da coloro che vengono al magazzino del Banco a ritirare prodotti alimentari e, nonostante il piccolo furgone stracarico di pasta, riso, scatolame, biscotti, latte, zucchero e pelati sempre più spesso chiedono: «Non ci potete dare altro? Sì, è vero che è tanta roba, ma fra una settimana è già finita e io non so cosa distribuire a chi non sa cosa mettere insieme per il pranzo e per la cena».Eppure, se si parla di poveri, il nostro pensiero continua ad andare ai senza fissa dimora che fanno la fila alle mense della Caritas o ai centri di accoglienza per persone in difficoltà. Ma oltre 300 delle 450 associazioni convenzionate con il Banco Alimentare sono rappresentate da gruppi Caritas parrocchiali, Conferenze di San Vincenzo De’ Paoli, Banchi di solidarietà, Misericordie, Centri aiuto alla vita e tanti altri soggetti di sostegno periodico ai bisognosi che portano pacchi di generi alimentari a famiglie in diffficoltà. Le condizioni di povertà si stanno allargando a categorie sociali che fino a non molto tempo fa non erano implicate, coinvolgendo famiglie con minori a carico, con un solo reddito, che devono pagare l’affitto per l’abitazione e, pur riuscendo ad assicurarsi il minimo essenziale, sono costrette a numerose privazioni. Non ricorrono, certo, alla mensa Caritas ma non vedono l’ora che arrivi il pacco alimentare per riuscire ad arrivare più tranquillamente alla fine del mese. Un dono divenuto ormai consueto che il più delle volte non è stato neppure direttamente richiesto perché il bisogno, dignitosamente tenuto nascosto, viene alla luce solo grazie al sommesso tam tam dei vicini di casa o tramite confidenze fatte in parrocchia.

Indiscutibilmente, occorre avviare con urgenza una politica di welfare che metta al centro dell’attenzione la famiglia, con interventi specifici di politiche sociali e a sostegno del lavoro, riconoscendo e sostenendo però al tempo stesso, in attuazione del principio di sussidarietà, le iniziative che nascono dalle diverse forze sociali  per condividere i bisogni delle persone in difficoltà. Come ci ha ricordato Benedetto XVI nella Deus caritas est, infatti, «non c’è nessun ordinamento sociale giusto che posssa rendere superfluo il servizio dell’amore. Chi vuole sbarazzarsi dell’amore si dispone a sbarazzarsi dell’uomo in quanto uomo».