Toscana

Firenze: da provincia a città metropolitana, un percorso a ostacoli

Mai come in questa delicata fase di riordino della organizzazione statale sul territorio ci si rende conto che la delimitazione delle aree amministrative è una operazione molto delicata, destinata ad influenzare il successivo funzionamento delle istituzioni. Lo si vede con il riordino delle province, e con l’istituzione della Città metropolitana di Firenze, con le connesse questioni della formazione dello statuto e della elezione del consiglio metropolitano.

L’ipotesi di area vasta già formulata dal Consiglio regionale e includente i territori di tre province, Firenze, Prato e Pistoia, è quella che, anche secondo l’Irpet, maggiormente si adatta alle caratteristiche territoriali e socio-economiche dell’area. Ma le considerazioni economico-territoriali purtroppo non sono sufficienti per rendere concreta la proposta. Occorre la volontà di unirsi e questa, almeno a vedere le dichiarazioni degli esponenti pratesi proprio non c’è, e, a dirla tutta, non c’è neppure la volontà da parte degli esponenti fiorentini, il Presidente del Consiglio comunale Giani, ma anche il Vicesindaco Nardella, i quali vedono questa eventualità come una perdita di tempo, e quindi tutto sommato come una operazione contraria agli interessi del capoluogo: un raro caso in cui le due città si mostrano concordi. Quindi, pur senza eliminare del tutto l’ipotesi di area vasta che, a meno di una improbabile adesione individuale da parte dei singoli comuni, non è conforme ai criteri del Governo, non resta che considerare l’ipotesi che la Città metropolitana di Firenze corrisponda alla Provincia. Sembra semplice, ma il passaggio è estremamente complesso ed impegnerà probabilmente da qui al prossimo anno le istituzioni locali in un faticoso accordo in cui ciascuna cercherà di stabilire alleanze per salvaguardare i propri interessi.

Il dibattito che si profila sembra focalizzato sul peso che avrà la Città metropolitana di Firenze nell’assetto istituzionale della Regione, e sul peso che al suo interno sarà assegnato a Firenze. L’istituto della città metropolitana sembrerebbe difatti preludere ad un ruolo preminente del comune capoluogo. Il meccanismo che porterà alla definizione del consiglio metropolitano di 12 membri e del sindaco metropolitano, è ovviamente cruciale.

Secondo la legge, due sono le possibilità: elezione diretta del consiglio, con lo stesso sistema elettorale usato fin qui per l’elezione del consiglio provinciale e in questo caso il sindaco viene eletto direttamente, oppure elezione indiretta, di secondo grado da parte dei consiglieri comunali e dei sindaci di tutti i comuni, che rappresentano sia l’elettorato attivo che quello passivo. In questo caso l’elezione del sindaco metropolitano avviene contestualmente a quella del consiglio. La prima eventualità, la elezione diretta, spesso invocata nel nome della partecipazione popolare, per legge è praticabile solo se il Comune di Firenze verrà suddiviso in municipalità, cioè comuni, facenti capo alle attuali 5 circoscrizioni, come proposto dalla Commissione speciale “Città metropolitana” della Provincia di Firenze. Questa proposta, sempre per legge, spetterebbe solo al comune capoluogo interessato, e dovrebbe essere successivamente sottoposta a parere regionale e a referendum popolare. Ora, che si arrivi a dividere il comune di Firenze, per consegnarne la gestione ad un consiglio metropolitano che non si sa come sarà fatto, sembra una ipotesi poco probabile. Senza considerare il fatto che occorrerebbe la maggioranza dei due terzi del Consiglio comunale in prima seduta o la maggioranza assoluta per due sedute consecutive.

Resta pertanto l’elezione di secondo grado. In questo caso l’elettorato attivo sarebbe costituito da un collegio di circa 900 membri, dove i 46 appartenenti al Consiglio comunale del capoluogo, più il Sindaco, si ritroverebbero in netta minoranza. Esiste quindi la concreta possibilità che l’obiettivo di una equilibrata rappresentanza territoriale non sia conseguito e che la gestione dell’ente vada in mano ai comuni periferici con i conseguenti problemi di instabilità politica. Problemi che sembra riconoscere il Governo nel disegno di legge per la elezione dei consigli provinciali (e metropolitani) in fase di discussione presso la Commissione affari costituzionali della Camera, quando riserva ai consiglieri del comune capoluogo fino ad un terzo delle liste dei candidati e la eventuale seconda preferenza. Un meccanismo che non sembra in grado di garantire una corretta rappresentanza per il comune capoluogo, la quale sarà quindi rimandata ad eventuali accordi politici locali, a meno di una modifica sostanziale al disegno di legge che ponderi il voto di ciascun consigliere in relazione alla popolazione del proprio comune.

L’altra possibilità per il comune capoluogo di avere una rappresentanza corrispondente alla sua popolazione e al suo ruolo sarebbe l’ulteriore alternativa prevista dalla legge, cioè che il sindaco metropolitano sia di diritto il sindaco del comune capoluogo, come aveva ipotizzato a luglio il Vicesindaco Nardella. Tuttavia questa modalità può essere sospettata di centralismo e quindi passerà difficilmente, a meno di negoziazioni per ora difficilmente prevedibili. Essendo la popolazione del capoluogo il 37% di quella provinciale, c’è da pensare che la eventuale conquista di una posizione egemonica passerà piuttosto attraverso alleanze territoriali oltre che politiche e su questo piano, come vedremo dopo, Firenze non è stata finora molto attiva.

Oltre alla legge sulla elezione del consiglio provinciale e metropolitano, le questioni suddette saranno definite dalla statuto della città metropolitana che dovrà essere deliberato dalla Conferenza metropolitana. Questo organo, ancora da convocare, resterà in carica per circa un anno e sarà costituito dai 44 sindaci dei comuni e dal Presidente della Provincia, il quale, insieme al Sindaco del comune capoluogo avrà una sorta di diritto di veto sulle decisioni che verranno prese. Le competenze della città metropolitana, le cui modalità di organizzazione saranno stabilite dallo statuto, sono ampie ed importanti. Esse includono le competenze della provincia alle quali si aggiungono altre competenze tra le quali la pianificazione territoriale generale e delle le reti infrastrutturali, il coordinamento dei servizi e lo sviluppo economico. Si tratta di funzioni comprese nell’elenco delle materie per le quali le regioni, ai sensi del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, possono definire ambiti sovracomunali al fine del loro esercizio coordinato. Oltre alla pianificazione di coordinamento di origine provinciale, sembrerebbero quindi essere delegate alla città metropolitana le funzioni generali comunali di pianificazione territoriale, prefigurando una sorta di piano intercomunale. Come questo verrà tradotto nella normativa regionale per ora non è dato sapere e implicherà in ogni caso un bell’atto di equilibrio politico-amministrativo. Questa pianificazione dovrà trovare un suo spazio tra le funzioni regionali e quelle comunali, tenendo anche conto che, rispetto alla provincia, dovrà avere maggior potere. Si tratterà quindi di pesare col bilancino le varie soluzioni proposte in sede di legislazione regionale. Tanto più che dovranno essere considerate anche le reti infrastrutturali, tra le quali, almeno in ambito fiorentino, si tende a far ricadere l’aeroporto, materia che per ora è di competenza regionale.

Una delle questioni che lo statuto dovrà risolvere, riguarda l’organizzazione delle funzioni del nuovo ente in rapporto all’articolazione territoriale della Città metropolitana. L’attuale territorio provinciale si presenta difatti come una realtà geopolitica complessa. A sud il Circondario Empolese Valdelsa, esistente dal 1997, forte di 11 comuni e circa 174mila abitanti. A nord l’Unione montana dei comuni del Mugello, con 9 comuni e 64mila abitanti, ad est l’Unione di comuni Valdarno e Valdisieve con 7 comuni e 64mila abitanti. Sempre ad est abbiamo il caso di Figline e Incisa Valdarno che si fonderanno. Poi l’Unione comunale del Chianti fiorentino con 3 comuni e 29mila abitanti. Ma è ad ovest che c’è l’unione più consistente ed agguerrita, la Città della Piana (nome che è anche un programma) che include i comuni di Calenzano, Campi Bisenzio, Sesto Fiorentino e Signa con circa 125mila abitanti. Senza dimenticare che anche Vaglia e Fiesole hanno costituito una loro unione e che Bagno a Ripoli e Impruneta la stanno per costituire. C’è da osservare che il capoluogo non brilla certo per una volontà di aggregazione dei comuni intorno ad esso. Tranne un timido tentativo lo scorso anno, nulla è successo. Certo, le resistenze sono molte specie ad ovest, ma con gli altri avrebbe potuto iniziare a stabilire dei rapporti, coinvolgendo i comuni contermini come sta tentando di fare Spini, Presidente della Commissione affari istituzionale del Comune di Firenze, promuovendo la convocazione della Conferenza metropolitana. Questa complessa articolazione porrà dei problemi geopolitici nella redazione dello statuto, in relazione alle competenze, per esempio in materia di pianificazione del territorio, da assegnare a queste realtà decentrate già abituate, almeno in alcuni casi, a gestire in forma associata alcune funzioni.

Un vero percorso ad ostacoli, tempo massimo: un anno. Tempo perso: circa un mese, nel quale Firenze, insieme alla Provincia (che forse temporeggia data la preferenza per l’ipotesi di area vasta), avrebbero già potuto convocare la Conferenza metropolitana, come si è fatto a Genova, Napoli e Bari. La Città metropolitana di Firenze rappresenterà comunque la conclusione di un lungo processo iniziato negli anni ’60-70 con la costituzione del Piano intercomunale, continuato con lo Schema strutturale del ’90, e con il Piano strategico del 2002, limitato ai comuni contermini, fino alla recente Variante al Pit (Piano di indirizzo territoriale) con la quale da parte della Regione si è cercato di dare ordine all’area della Piana. Ma data la delimitazione dell’area della Città metropolitana e le caratteristiche della formazione del suo governo, si può realisticamente prevedere che la soluzione dei problemi richiederà ancora l’intervento regionale: da un lato rimane aperto il coordinamento con la pianificazione territoriale dell’area pratese, dall’altro la Città metropolitana, vista la conflittualità esistente, difficilmente sarà in grado di programmare da sola l’assetto della Piana, anche perché sembra improbabile che la Regione rinunzi al suo ruolo decisionale riguardo all’aeroporto.

Di sicuro, il successo della nuova istituzione dipenderà dalla utilità per gli abitanti e per le loro imprese. Se la Città metropolitana riuscirà a promuovere e coordinare lo sviluppo economico e sociale sarà un fatto positivo e partecipato. Anche secondo Confindustria Toscana, nelle sue osservazioni in merito al riordino istituzionale, il territorio è un motore dello sviluppo economico e dell’innovazione, che, attraverso la sua identità economica e la sua vocazione produttiva, diviene capace di attrarre nuovi investimenti. Alla fine del percorso ad ostacoli quindi un compito che, almeno in relazione alle attese, risulterà tanto importante quanto gravoso. Specialmente in questo caso le risorse assegnate al nuovo ente saranno cruciali.

* Ricercatore, Dipartimento di Urbanistica e pianificazione del territorio dell’Università  di Firenze