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FUNERALI COLAZZO (AGENTE AISE UCCISO IN AFGHANISTAN); MONS. PELVI: UN LEALE SERVITORE DELLO STATO

“Non ha cercato la morte. Non ha però neppure voluto sfuggirla, perché giudicava che la fedeltà ai suoi ideali di libertà e di verità fosse più importante della sua paura di morire. Essere pronti a dare la vita è la prova decisiva di chi ama veramente”. Così mons. Vincenzo Pelvi, vescovo ordinario militare per l’Italia, ha ricordato la figura di Pietro Antonio Colazzo, agente dell’Aise, l’Agenzia di informazioni e sicurezza esterna, ucciso sabato scorso a Kabul in un attentato e del quale oggi si sono celebrati i funerali nel duomo di Galatina, alla presenza del vescovo di Otranto, mons. Donato Negro. Parlando del lavoro di Colazzo, mons. Pelvi ha sottolineato che “le nostre missioni di pace, supportate dal lavoro prezioso e delicato dei servizi segreti, promuovono il bene integrale della persona umana, nel rispetto dei diritti fondamentali di tutti e in vista di una cultura universale di giustizia sociale. L’intelligence – ha aggiunto – non è un concetto astratto, ma si incarna in leali servitori dello Stato, come in Pietro Antonio, che ha messo quotidianamente a rischio la sua vita per una missione importante e cruciale come quella dei nostri militari, che in Afganistan, all’interno di una alleanza internazionale, sono impegnati a sconfiggere il terrorismo e restituire al popolo afgano la speranza di un futuro migliore di cui esso stesso sia l’artefice”.Mons. Pelvi ha parlato di Colazzo come uomo di “innato senso di protezione nei confronti di quanti erano affidati alla sua responsabilità”; “ferito – ha ricordato – è riuscito ad aiutare gli altri italiani che erano nello stesso albergo a salvarsi, prima di essere ucciso. Egli manifestava uno stile di calma decisione, di pacata incisività, e trasmetteva una serenità che gli derivava dall’esperienza, dall’intuito, dalla capacità professionale. Una persona incline al dialogo e alla ricerca di un punto di incontro, un uomo mite, interiormente motivato, il cui tempo e le cui energie erano tutte per un lavoro che non si può raccontare e che fino all’ultimo respiro è stato tenuto segreto. Fratello premuroso, amico affettuoso, persona che ha scelto di essere di più e non di avere di più, che ha imparato non solo a vivere con gli altri, ma per gli altri: è il testamento che lascia alla nostra amata Nazione”.Sir