Vita Chiesa

GIOVANI, ASSEMBLEA CEI; MONS. SUPERBO: NUOVO PROCESSO EDUCATIVO PER COLMARE IL DISAGIO

L’ondata di nichilismo che “afferma non solo la morte di Dio ma anche la nullità dei valori di riferimento per l’uomo” rende i giovani “particolarmente esposti” facendo diventare la loro età “una stagione a rischio”. E per mons. Agostino Superbo questo rischio porta il nome di emergenze educative come “la cosificazione del corpo, visto come strumento della libertà del godere; il consumo di droghe e alcool, che perso una chiara connessione con situazioni di disagio appare collegarsi alle occasioni ricreative e all’attenuarsi del controllo da parte dei genitori; la dipendenza da internet specie nella comunicazione pornografica; la solitudine dei ragazzi in una famiglia indebolita”. “Linee di insicurezze e di complessità” che, ha affermato oggi il vice presidente della Cei nel suo intervento all’assemblea dei vescovi, trovano ulteriori elementi di debolezza, come attestato anche dai dati dell’Istituto Iard, nel “lavoro, dimensione centrale di vita anche per i giovani, nel tempo libero, nella religiosità frammentata che subisce, nelle scelte concrete, l’influenza dei modelli dominanti al punto da mettere in discussione i principi etici offerti dalla Chiesa e negli atteggiamenti di illegalità e di bullismo”.Urge “un nuovo processo educativo che abiti i luoghi dei giovani specie quando calpestano il terreno del disagio e che sappia colmare i vuoti educativi”.

In questo processo gioca un ruolo fondamentale “la vitalità educativa della comunità” e “il volto missionario della parrocchia”. “Le nuove situazioni economico-sociali e i grandi cambiamenti culturali – ha spiegato mons. Superbo – chiedono alla parrocchia di rivedere se stessa alla luce della missione di tutta la Chiesa. Se prima il territorio viveva all’ombra del campanile oggi è la parrocchia a doversi situare nei territori di vita della gente”. Nonostante possa sembrare che “la civiltà parrocchiale sia lontana da noi – ha detto il vicepresidente della Cei – questo dato non può costituire un invito alla rassegnazione; è la parrocchia che fa propria l’appartenenza a Cristo di tutti coloro che abitano sul territorio”. La parrocchia è chiamata “a costruire canali per istaurare legami caldi di cui l’uomo contemporaneo sente bisogno”. Uno strumento utile è “l’oratorio. Sarebbe bello che tale esperienza educativa raggiungesse quelle parrocchie dove non è mai arrivato”. Altra risorsa di questo processo educativo sono i gruppi, le associazioni e i movimenti chiamati “attraverso relazioni autentiche, quelle preferite dai giovani, a tradurre in modo vivace il cammino dell’iniziazione cristiana”. “Una speciale attenzione – ha auspicato mons. Superbo – dovrà essere sviluppata nei riguardi delle povertà giovanili promuovendo la cultura del lavoro e della solidarietà”.

Ripartire dalle aperture giovanili “per trasformare la pastorale giovanile in pastorale dei giovani” che deve essere “pastorale della comunità. Le avventure solitarie – ha avvertito mons. Superbo – rischiano di portarci indietro”. Serve quindi “ristabilire antiche alleanze e costruirne delle nuove per il futuro dei giovani. La famiglia sarà la nostra prima alleata, per i giovani essa rimane l’unico luogo che dona sicurezza. Poi occorre un patto tra generazioni con educatori, professori, animatori per far crescere personalità serene”. I luoghi della vita sono anche quelli della missione: “scuola, università, mondo del lavoro, impegno sociale e politico”. “La presenza della Chiesa nella scuola si realizza mediante insegnanti di ispirazione cristiana. Quale soggetto sociale nel proprio territorio la Chiesa deve promuovere luoghi dove i giovani sono guidati a riflettere per passare, specie al Sud, dall’assistenzialismo sistematico alla ricerca di nuove forme di rilancio economico. I giovani saranno orientati a conoscere la società politica e civile ed esprimere giudizi cristiani sulla realtà sociale”. “Quando si passa dalla ricchezza alla povertà anche numerica – ha concluso mons. Superbo – è facile cadere nella tentazione di cercare la sicurezza nel piccolo gruppo. E’ allora che bisogna potenziare la capacità di accoglienza e di vicinanza”.

Sir