Opinioni & Commenti

Giustizia, il clima politico non favorisce le riforme

di Giuseppe Anzani

I temi della giustizia ribollono senza fine. Da alcuni giorni è iniziata l’applicazione del rito processuale mediatorio, preliminare alle cause civili, e la classe forense ha espresso disappunto e avversione. Alla Camera dei deputati è ripresa la discussione sul «processo breve», secondo il disegno di legge già passato al senato, e il mondo giudiziario è in fermento, l’Associazione nazionale magistrati lo chiama «un’offesa agli onesti». Il governo ha reso pubblico il testo delprogetto di riforma costituzionale sulla giustizia e sulla Magistratura, e il clima in cui esso si colloca non è sereno, anzi è francamente rissoso. Che cosa sta accadendo?

Per tutti, la giustizia è un pilastro essenziale per la società civile, per la democrazia, per il diritto. Uno Stato dove non si fa giustizia, va a picco. Nella tradizionale ripartizione dei poteri sovrani, la funzione giudiziaria è l’estrema garanzia, con la sua indipendenza e con la soggezione dei suoi organi solo alla legge, della libertà e dell’uguaglianza di tutti i cittadini. La sua attività, sotto altro profilo, costituisce un «servizio», che deve funzionare a dovere, con i suoi apparati e i suoi mezzi; se non cammina, la giustizia è solo proclamata, ma non attuata.

Di riformare la giustizia si parla da anni e anni, e alcune modifiche, anche importanti, sono state introdotte via via nell’ordinamento, senza peraltro risolvere gli annosi problemi, e fra i primi quello della lentezza. Si è trattato a volte, però, di provvedimenti escogitati per risolvere i problemi di alcuni (leggi «ad personam») pur facendo regole per tutti, e così anche le novità di oggi pagano ancora le ricadute di quel clima di sospetto, quando pur fosse neutralizzato da emendamenti.

Di per sé, queste novità possono essere tutte affrontate e discusse, senza tabù, e magari orientate nel giusto verso, ma con le giuste correzioni.

La mediazione civile irrita gli avvocati, ma può sfrondare, se funzionerà bene, quella selva di liti che a milioni sommerge ogni anno i tribunali civili. Se non funzionerà, sarà altro tempo perso che si aggiunge costosamente all’ordinaria lentezza. Il processo breve, in campo penale, di per sé esprime una esigenza sacrosanta, per tutti, ma se non si è realisti e si crede che la clessidra comanda su tutto, il risultato sarà la fretta sommaria (e la fretta non fa buona giustizia) o la prescrizione. Infine, questo grande progetto di riforma della Costituzione, là dove parla della magistratura, è davvero un problema aperto che può affrontarsi senza pregiudizi, per il bene comune, ma sventuratamente suona oggi come una sorta di ritorsione vendicativa contro i giudici, che cova dalle vecchie ceneri di «mani pulite». Non si fa così, bisogna purificare i pensieri e gli umori, prima di muoversi per questi sentieri impervi, per questi delicatissimi congegni di equilibrio e di garanzia del primato della legge, dell’eguaglianza e della libertà. Tutto si può cambiare, beninteso, purché insieme e per il bene; ma per rifare a nuovo, e non per sgangherare.