Vita Chiesa
Grosseto, dalla Diocesi un alloggio per padri separati gestito dalla Caritas
È stato inaugurata oggi «Casa di Elia» l’appartamento che la Diocesi di Grosseto, attraverso la Caritas, ha allestito al centro giovanile «Frassati» (via degli apostoli-zona tiro a segno), nel capoluogo maremmano, per metterlo a disposizione di padri separati in situazione di momentanea difficoltà economica. In Toscana è la seconda struttura di questo tipo, dopo «Casa Francesco»inaugurata a Prato lo scorso gennaio.
Il vescovo Rodolfo, nella lettera inviata alla diocesi lo scorso marzo, in un momento in cui anche a Grosseto sembrava acuirsi la tensione sociale ed avere la meglio sentimenti di paura, diffidenza, chiusura, rigetto, ha cercato di rimotivare tutti ed ognuno all’apertura del cuore, alla generosa accoglienza e a declinare in modo nuovo l’amore per ogni uomo.
In quella lettera, mons. Cetoloni annunciava la decisione della Diocesi, da un lato di mettere a disposizione Casa Betania per rispondere ad una eventuale richiesta di accoglienza, da parte della Prefettura, di profughi in fuga dai loro paesi, dall’altro di allestire un appartamento che potesse fungere da abitazione provvisoria per padri separati, espressione di quelle povertà locali nuove, di cui la Chiesa si sta facendo carico attraverso la Caritas diocesana e quelle parrocchiali.
La casa per padri separati rappresenta l’ampliamento ulteriore del progetto-pilota della Caritas diocesana «Famiglie solidali», assunto a modello anche da Caritas nazionale. Da oltre due anni, infatti, la Caritas accoglie nuclei familiari in momentanea situazione di disagio e difficoltà economica in alcuni alloggi in via Adriatico e in via Goldoni, prevedendo per loro non solo un sostegno di tipo materiale, affinché possano rimettersi in carreggiata e riprendere una vita normale, ma anche un accompagnamento nella relazione. 15 famiglie della diocesi, infatti, si affiancano a quelle ospitate da Caritas (tre famiglie per ogni nucleo ospite) per ricreare una rete di relazioni di amicizia, determinanti per ritrovare fiducia, stima e autonomia. Coordinatrice del progetto è Virginia Roberto, mentre attualmente i coniugi Andrea e Alessandra Righini sono la coppia referente del gruppo delle famiglie affiancanti.
Il percorso per i padri separati verrà gestito come il progetto «Famiglie solidali»: affiancamento, percorsi educativi, supporto dell’assistente sociale. I padri da accogliere verranno individuati attraverso l’ascolto personale. Potranno sostare sei mesi, rinnovabili per un altro semestre.
Il primo babbo entrerà lunedì 21 giugno. È un maremmano, ha un lavoro ed è padre di un figlio. Il secondo babbo entrerà a breve: è un ex piccolo imprenditore con difficoltà economiche.
«Abbiamo desiderato inaugurare questa casa a pochi mesi dall’apertura del Sinodo ordinario dei Vescovi dedicato alla famiglia e a pochi mesi dal V Convegno della Chiesa italiana, in programma a novembre a Firenze, sul tema del nuovo umanesimo in Gesù Cristo – spiega il vescovo Rodolfo – La nostra comunità diocesana si è preparata e continua a prepararsi a questi due momenti straordinari di cammino ecclesiale e vuol farlo anche attraverso gesti che siano segno del nostro profondo desiderio di abitare questo tempo per annunciare la forza liberante del Vangelo».
Il nome dato all’alloggio prende spunto dalla vicenda umana e spirituale del profeta Elia, così come narrata nel I e II libro dei Re. La storia di Elia è quella di un uomo «messo fuori», ai margini. Per un po’ riesce a sopravvivere grazie ad un intervento provvidenziale («I corvi – si legge nel I libro dei Re – gli portavano pane al mattino e carne alla sera«) e grazie all’acqua di un torrente. Ma anche questa finisce. Trova allora accoglienza presso la casa di una vedova povera, allo stremo, che, pur constatando che ormai ha solo la farina e un po’ di olio per sfamarsi insieme a suo figlio e poi morire, ha la generosità di fare prima una piccola focaccia per Elia. Questo fa sì che la farina non finisce nella madia e l’olio non si esaurisce nell’orcio. Al momento in cui in quella casa una malattia mortale colpirà il bambino, Elia pregherà Dio e con un gesto rituale drammatico di sostituzione (si offre tre volte a Dio perché il bimbo riviva), lo riconsegna alla madre salvo.
La struttura. La «Casa di Elia» si trova al primo piano dell’ala destra del centro Frassati. La casa è dotata di una sala comune con due divani, pareti colorate, un tavolo, un mobile con la tv e due ampie terrazze. In una è stata collocata la lavatrice. C’è poi un vano cucina con tavolo, stoviglie e tutto quanto occorre per l’uso quotidiano. Infine due camere da letto, ciascuna con bagno interno. Nelle camere è possibile anche far dormire i figli, così da ricreare il più possibile uno spazio di tenerezza e di intimità familiare.
All’inaugurazione è intervenuta anche Renza Capaccioli, responsabile dei servizi sociali del CoeSo-Società della Salute. «Sempre più spesso – dice – si rivolgono ai nostri sportelli genitori separati, che oltre a vivere situazioni di disagio e sofferenza conseguente alla separazione, non riescono più a provvedere alle proprie spese e a quelle della famiglia. Ben venga quindi che questa iniziativa, che si inserisce nella serie di attività che il mondo del volontariato e del Terzo settore mette in rete con le istituzioni del territorio. Rappresenta una risposta a un bisogno importante: si pensi alle difficoltà di un figlio nel sapere che un padre non ha un luogo dover poter vivere. La casa, in generale, rappresenta un luogo privilegiato per favorire relazioni e comunicazioni, e permette quindi a queste persone di riorganizzare e mantenere il diritto di esercitare la funzione di genitore in continuità».