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Guerra in Libano, rapporto Winograd critica aspramente il governo

Il primo ministro Ehud Olmert, il ministro della Difesa Amir Peretz e il capo di Stato maggiore Dan Haloutz sono i principali bersagli delle critiche contenute nel rapporto Winograd sulla seconda guerra in Libano, in cui si dice che i tre personaggi sono i responsabili dei “gravi errori” che portarono all’insuccesso dell’operazione militare israeliana iniziata il 12 luglio dello scorso anno contro i radicali sciiti Hezbollah e durata oltre un mese, in cui rimase gravemente coinvolta la nazione libanese nel suo complesso.

Nella parte del dossier resa pubblica lunedì 30 aprile – quella sui primi sei giorni del conflitto – la commissione guidata dal giudice a riposo Elihahou Winograd critica Olmert per avere agito avventatamente e portato il paese in guerra “senza aver un piano adeguato”; inoltre, continua il rapporto, l’allora capo di Stato maggiore Dan Haloutz ha reagito impulsivamente al rapimento dei due soldati israeliani (che fu il casus belli del nuovo conflitto) ed entrò in guerra con un esercito “impreparato” al conflitto, in particolare le forze di terra, senza informare adeguatamente dello stato delle forze armate il Consiglio dei ministri, che a sua volta fece l’errore di votare la guerra senza comprenderne e valutarne a fondo le implicazioni. Il ministro Peretz, si aggiunge nel dossier, “non era consapevole” delle reali condizioni dell’esercito nonostante fosse suo incarico accertarsene, né avrebbe verificato con accuratezza il piano di guerra. Nel dossier si afferma in definitiva che se i due ministri e il comandante in capo delle forze militari “avessero agito diversamente” anche l’esito della guerra “sarebbe stato migliore”.

L’offensiva israeliana si concluse, non con la resa degli Hezbollah, ma con l’intervento del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che portò a una tregua. Un rapporto completo sui 34 giorni del conflitto sarà diffuso nei prossimi mesi. Secondo bilanci diffusi dalle parti coinvolte, l’operazione nel sud del Libano provocò la morte di 117 soldati e 41 civili israeliani uccisi dagli Hezbollah, quest’ultimi morirono in 270 mentre le vittime tra i civili libanesi furono un migliaio. Ma i bombardamenti israeliani, che dovevano essere diretti contro le basi degli estremisti, misero in ginocchio il Libano meridionale distruggendone parte considerevole delle infrastrutture civili, dei servizi e delle vie di comunicazione e provocando la fuga di quasi un milione di persone (un quarto della popolazione). In un breve discorso alla nazione trasmesso lunedì sera per televisione, il primo ministro israeliano Ehud Olmert ha affermato che non intende dimettersi nonostante il severo giudizio al suo operato in occasione del conflitto in Libano della scorsa estate, espresso nel rapporto preliminare della commissione Winograd. “Le dimissioni sarebbero uno sbaglio e non è mia intenzione dimettermi” ha detto Olmert, aggiungendo che è sua intenzione invece agire perchè siano al più presto corrette le mancanze segnalate nel dossier. La commissione di cinque membri guidata dall’ex-giudice Elihau Winograd ha sottolineato l’impreparazione delle forze armate al conflitto, ma soprattutto ha indicato le responsabilità di Olmert, del ministro della Difesa Amir Peretz e dell’allora capo di stato maggiore Dan Halutz per un’operazione militare dal risultato fortemente controverso. “Il primo ministro ha preso la sua decisione avventatamente – è scritto nel dossier di 171 pagine di cui la stampa israeliana pubblica stralci e sintesi nelle edizioni online – nonostante il fatto che non gli fosse stato presentato nessun dettagliato piano militare né lo avesse chiesto”. Inoltre “egli ha preso le sue decisione senza sistematiche consultazioni con altri, in particolare fuori dalle forze armate, e nonostante non avesse esperienza in politica estera né in questioni militari”. Le critiche proseguono rimproverando a Olmert di non essere riuscito “ad aggiustare i suoi piani una volta chiaro che le sue presupposizioni e attese sulle azioni di Israele non erano realistiche e non si stavano materializzando”. Tutto ciò dimostra “un grave fallimento nell’esercizio della capacità di giudizio, responsabilità e prudenza”.

La commissione non ha risparmiato parole dure nei confronti del ministro della Difesa Peretz il quale “non aveva una buona conoscenza dei principi basilari nell’usare la forza militare per raggiungere obiettivi politici” e nonostante queste lacune “ha preso decisioni senza consultarsi con politici di esperienza ed esperti tecnici, inclusi quelli fuori dagli ambienti della sicurezza”. La commissione non mette in dubbio che davanti alla provocazione degli Hezbollah, che bombardarono la Galilea e rapirono due soldati israeliani dopo averne uccisi otto, ci dovesse essere una reazione, forse anche militare, ma al capo di stato maggiore Halutz viene rimproverato di aver reagito impulsivamente e di essere entrato in guerra “impreparato”; a lui, secondo la commissione Winograd, va il biasimo maggiore perché di maggior esperienza nelle questioni militari rispetto ai due ministri. Vista la pericolosità della situazione complessiva – sostiene in definitiva il rapporto – bisognava soppesare la situazione più attentamente prima di abbandonare la linea, adottata dal 2000 dopo il ritiro delle truppe israeliane dal Libano, impostata sul non accettare provocazioni militari.

Ma è l’intero Consiglio dei ministri ad essersi comportato inadeguatamente per la commissione: “È grave e stupefacente – si legge nel rapporto – che il governo abbia approvato l’avvio di un’operazione militare, che probabilmente avrebbe comportato il lancio di razzi sulle nostre retrovie (queste ultime giudicate inadeguate dalla commissione per sostenere un contrattacco), che non era chiaro come si sarebbe conclusa, senza conoscere la portata dell’operazione progettata, né i suoi fini concreti, e ciò dopo un dibattito di due ore e mezzo, senza un approfondimento vero e proprio, senza che questioni decisive trovassero risposta”. Nonostante la ferma reazione del primo ministro Olmert, ci si attende che le critiche contenute nel dossier abbiano forti conseguenze politiche anche all’interno del partito del capo di governo, Kadima, mentre l’opposizione ha già annunciato per giovedì una manifestazione di piazza a Tel Aviv per chiedere le dimissioni di Olmert.