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Il Giro d’Italia arriva in Toscana: oggi Montalcino, domani Siena e Firenze

Dapprima nella splendida cornice di Montalcino, sede d’arrivo dell’11° tappa. Celebrativa dell’omonimo vino Brunello, eccellenza della campagna senese e delle strade bianche affrontate dai corridori. Giovedì 20 maggio, spazio alla 12° frazione che scatta da Siena e si snoda tra le colline del Chianti, fino a raggiungere Firenze e proseguire verso il traguardo di Bagno di Romagna. Il passaggio nel capoluogo toscano è l’occasione giusta per omaggiare due grandi figure della storia del ciclismo italiano. La corsa, infatti, transiterà da Ponte a Ema e Sesto Fiorentino, paesi natale rispettivamente di Gino Bartali e Alfredo Martini. Illustri fiorentini delle due ruote che hanno percorso strade importanti, dentro e soprattutto al di fuori le competizioni sportive.

Martini, commissario tecnico della Nazionale più vincente di sempre, era nato il 18 febbraio 1921, ricorre quest’anno il centenario dalla nascita. Uno dei pochi traguardi che il Ct, capace di guidare la selezione azzurra alla vittoria di sei rassegne iridate in 22 anni, non è riuscito a tagliare in vita, spentosi nell’agosto 2014 nella sua Sesto. Successi raggiunti guidando in ammiraglia molti dei più grandi corridori italiani di sempre: Moser, Saronni, Argentin, Bugno etc. Campioni che hanno sempre riconosciuto in lui un padre affettuoso, prima che un allenatore. Affetto e riconoscenza che il ciclismo italiano aveva già avuto modo di trasformare nella prima edizione della “Per Sempre Alfredo 2021”, disputata tra Sesto e Firenze il 21 marzo scorso. Non stupisce allora che “Rcs-Sport”, organizzatrice del Giro d’Italia, abbia voluto estendere questo tributo a livello nazionale. Nella corsa che da sempre abbraccia l’Italia e gli italiani, facendosi vetrina delle eccellenze del nostro territorio; di storie e personaggi che ne hanno saputo onorare il nome. Proprio come nel caso di Alfredo, “gregario” di quel ciclismo epico del secondo dopoguerra, delle imprese sulle montagne; umane, oltreché sportive. Un ciclista capace di salire sul terzo gradino del podio al Giro del 1950, dietro lo svizzero Koblet e a Gino Bartali.

L’altro protagonista che sarà ricordato dalla carovana rosa, a 21 anni dalla scomparsa. Vincitore di tre giri d’Italia e di due Tour de France e di altre numerose corse di prestigio. Soprannominato “Ginettaccio” per quel suo aspetto burbero e i modi sbrigativi, fu campione in sella quanto in umanità. Fervente e devoto cattolico, fedele all’adagio per il quale “il bene si fa ma non si dice”, mise a repentaglio la propria vita durante il secondo conflitto mondiale. Indomabile in bici, divenne staffetta di documenti falsi da consegnare agli ebrei in fuga dalla persecuzione nazi-fascista. Nascosti nel telaio, sfruttando la propria notorietà di atleta per sfuggire a controlli e posti di blocco tedeschi. Un’opera sulla quale mantenne sempre il più alto riserbo, fin quando non emerse in modo palese dalle testimonianze di molti frati e monache che facevano parte della stessa rete clandestina, sorta nel centro Italia per offrire protezione a molte famiglie ebree. Meriti che non ha mai rivendicato, riconosciutigli soltanto dopo la morte. Con la Medaglia d’oro al merito civile, conferitagli nel 2005 dalla Repubblica Italiana; e in seguito il riconoscimento di “Giusto tra le Nazioni” per l’impegno profuso contro la barbarie della Shoah. Gino e Alfredo: due uomini che incarnano meravigliosamente l’immagine dell’autentico sacrificio a cui rimanda la bicicletta. Alleata fedele di chi, come loro, possiede la forza e il coraggio di pedalare controvento, tanto da farlo divenire uno stile di vita.