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Il Papa all’Onu: promuovere i diritti umani

“La promozione dei diritti umani rimane la strategia più efficace per eliminare le disuguaglianze fra Paesi e gruppi sociali, come pure per un aumento della sicurezza”. Lo ha detto Benedetto XVI, parlando il 18 aprile – in francese – all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, e facendo spesso riferimento al 60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che ricorre quest’anno. Il Papa ha ricordato la necessità, nelle relazioni internazionali, di “riconoscere il superiore ruolo che giocano le regole e le strutture intrinsecamente ordinate a promuovere il bene comune, e pertanto a difendere la libertà umana”.

La scienza non violi la creazione. A proposito della ricerca scientifica e tecnologica, ha evidenziato che, “nonostante gli enormi benefici che l’umanità può trarne, alcuni aspetti di tale applicazione rappresentano una chiara violazione dell’ordine della creazione, sino al punto in cui non soltanto viene contraddetto il carattere sacro della vita, ma la stessa persona umana e la famiglia vengono derubate della loro identità naturale”. Benedetto XVI ha poi messo l’accento sul principio della “responsabilità di proteggere”: “Ogni Stato ha il dovere primario di proteggere la propria popolazione da violazioni gravi e continue dei diritti umani – ha sottolineato -, come pure dalle conseguenze delle crisi umanitarie, provocate sia dalla natura che dall’uomo”. Ma “se gli Stati non sono in grado di garantire simile protezione, la comunità internazionale deve intervenire con i mezzi giuridici previsti dalla Carta delle Nazioni Unite e da altri strumenti internazionali”. L’azione della comunità internazionale, ha precisato, “non deve mai essere interpretata come un’imposizione indesiderata e una limitazione di sovranità. Al contrario, è l’indifferenza o la mancanza di intervento che recano danno reale”. Il Papa ha quindi evidenziato la necessità di “una ricerca più profonda di modi di prevenire e controllare i conflitti”.

I diritti sono espressione di giustizia. I diritti umani, ha detto più avanti, “sono basati sulla legge naturale iscritta nel cuore dell’uomo e presente nelle diverse culture e civiltà”. “Rimuovere i diritti umani da questo contesto – ha affermato – significherebbe restringere il loro ambito e cedere ad una concezione relativistica, secondo la quale il significato e l’interpretazione dei diritti potrebbero variare e la loro universalità verrebbe negata in nome di contesti culturali, politici, sociali e persino religiosi differenti”. Certo, ha riconosciuto il Papa, “le vittime degli stenti e della disperazione, la cui dignità umana viene violata impunemente, divengono facile preda del richiamo alla violenza e possono diventare in prima persona violatrici della pace”. Quindi ha invitato “a raddoppiare gli sforzi di fronte alle pressioni per reinterpretare i fondamenti della Dichiarazione e di comprometterne l’intima unità, così da facilitare un allontanamento dalla protezione della dignità umana per soddisfare semplici interessi, spesso interessi particolari”. Perciò, ha sottolineato, “i diritti umani debbono essere rispettati quali espressione di giustizia e non semplicemente perché possono essere fatti rispettare mediante la volontà dei legislatori”. “Quando vengono presentati semplicemente in termini di legalità – ha detto il Papa -, i diritti rischiano di diventare deboli proposizioni staccate dalla dimensione etica e razionale”.

Il discernimento di fronte alle leggi. Di fronte alle nuove situazioni che si tenta di collegare a “nuovi diritti”, ha ribadito, serve “il discernimento”, che “mostra come l’affidare in maniera esclusiva ai singoli Stati, con le loro leggi ed istituzioni, la responsabilità ultima di venire incontro alle aspirazioni di persone, comunità e popoli interi può talvolta avere delle conseguenze che escludono la possibilità di un ordine sociale rispettoso della dignità e dei diritti della persona”. D’altra parte, ha evidenziato, “una visione della vita saldamente ancorata alla dimensione religiosa può aiutare a conseguire tali fini, dato che il riconoscimento del valore trascendente di ogni uomo e ogni donna favorisce la conversione del cuore, che poi porta ad un impegno di resistere alla violenza, al terrorismo ed alla guerra e di promuovere la giustizia e la pace”. Da qui l’invito alle Nazioni Unite a favorire e sostenere il dialogo interreligioso, quale “mezzo mediante il quale le varie componenti della società possono articolare il proprio punto di vista”.

Il diritto alla libertà religiosa. Tra i diritti umani il Papa ha ribadito quello alla libertà religiosa: “È perciò inconcepibile che dei credenti debbano sopprimere una parte di se stessi – la loro fede – per essere cittadini attivi; non dovrebbe mai essere necessario rinnegare Dio per poter godere dei propri diritti”. Diritti “quanto mai bisognosi di essere protetti se vengono considerati in conflitto con l’ideologia secolare prevalente o con posizioni di una maggioranza religiosa di natura esclusiva”. Il Papa ha concluso sottolineando la sua stima per l’assise delle Nazioni Unite e l’importanza del contributo della Chiesa al suo interno.

Allo staff Onu, “microcosmo del mondo”. La sede dell’Onu a New York è come “un focolare domestico”, e il personale di diverse culture e nazionalità costituisce “un microcosmo del mondo intero, in cui ogni singola persona reca un contributo indispensabile dal punto di vista del suo particolare patrimonio culturale e religioso”: con queste parole Benedetto XVI si è rivolto allo staff delle Nazioni Unite, incontrato durante la sua visita al Palazzo di Vetro. Il Papa ha fatto una analogia tra la sede dell’Onu e lo Stato della Città del Vaticano, riguardo “all’ordine di grandezza” rispetto alla “missione vasta” da svolgere nel mondo “per promuovere la pace e la giustizia”. Ammirando le opere artistiche esposte, con le “immagini degli effetti della guerra e della povertà” il Papa ha ricordato “il dovere di impegnarci per un mondo migliore”. Ma soprattutto, ha reso omaggio a tutti quei “civili e custodi della pace” che in tutto il mondo hanno “sacrificato la vita sul campo per il bene dei popoli”, 42 operatori nel solo 2007. Il Papa ha ricordato anche “la grande moltitudine di quanti dedicano la vita a lavori mai sufficientemente riconosciuti, svolti non di rado in condizioni difficili”. Come nel discorso all’Assemblea generale, ha sottolineato poi la “responsabilità di proteggere”, che “comincia ad essere riconosciuta come la base morale per il diritto di un governo ad esercitare l’autorità”. (Sir)