Opinioni & Commenti

Italia bipolare alla prova dei fatti

di Alberto Migone

Queste elezioni dai risultati estremamente chiari e non soggetti a interpretazioni di comodo determinano un quadro politico radicalmente cambiato e notevolmente semplificato. Abbiamo una coalizione – Pdl più Lega – con un’ampia maggioranza sia alla Camera che al Senato che le permetterà di governare e ci auguriamo che lo faccia con saggezza perché agli italiani premono prima di tutto le questioni concrete. Abbiamo poi una minoranza, non certo marginale, rappresentata sia dalla coalizione Pd più Lista Di Pietro che dall’Unione di Centro, che, pur nella diversità, può assicurare un’opposizione attenta, seria e costruttiva, proprio perché i problemi del Paese, che sono gravi, esigono responsabilità, anche da chi non ha impegni di governo.

Tutto ruoterà fondamentalmente intorno a cinque formazioni dal momento che non avranno rappresentanza parlamentare né la Sinistra Arcobaleno né la Destra di Storace né i Socialisti di Boselli, il cui 0.9% prova che l’estremismo laicista, che ha caratterizzato tutta la loro campagna elettorale, non paga perché lontano dal sentire dei più.

Abbiamo quindi un’Italia bipolare, che cammina ormai, come molti dicono, verso il bipartitismo. Ma è proprio così? Che queste elezioni segnino un’accelerazione in questo senso è innegabile, anche se, a mio parere, il cammino è ancora lungo e non è affatto scontato che proceda spedito. Infatti a parte la presenza dell’Unione di Centro, l’unica che ha resistito all’urto delle due coalizioni e che non può omololagarsi a nessuno degli schieramenti senza tradire la sua ragion d’essere, sia la Pdl che il Pd – tralasciando i condizionamenti dei rispettivi alleati – non hanno al loro interno un’identità politico-ideale condivisa proprio perché nascono dal convergere di tradizioni politiche diverse.

E questa diversità – passato il momento elettorale in cui tutto si tiene – emergeranno e richiederanno il far sintesi senza mortificare o cancellare culture e sensibilità così presenti e vive nel nostro Paese. È questa la sfida che attende soprattutto il Pd, dato che la Pdl ha il cemento del potere che è in genere forte.

L’onda lunga di queste elezioni – che già segna anche i risultati locali – potrebbe avere, se non nell’immediato, conseguenze nella nostra Regione.

In Toscana il voto è chiaramente in controtendenza, rispetto al quadro nazionale, ma anche qui qualche problema si pone. Ed è tutto interno alla sinistra, da sempre forza omogenea. Anche se crescono il Pdl e la Lista Di Pietro, il Pd col 47% circa si conferma di gran lunga il partito maggiore, ma le forze, tradizionalmente sue alleate, confluite nella Sinistra Arcobaleno, registrano un vero crollo. Cosa farà ora il Pd in vista delle elezioni comunali dell’anno prossimo e soprattutto delle regionali? Deciderà di rispettare anche in Toscana l’opzione Veltroni – correre da soli – abbandonando gli attuali alleati e segnando di fatto una svolta anche nell’azione di governo? Questo potrebbe movimentare una Regione, che è per lunga tradizione politicamente immobile.