Papa Francesco

Papa: “Promuovere la natalità con coraggio”

L'intervento di papa Francesco agli Stati generali della natalità

“Il tema della natalità mi sta molto a cuore”. Il Papa ha iniziato con queste parole il suo intervento alla quarta edizione degli Stati generali della natalità, in corso a Roma, presso l’auditorium di via della Conciliazione. “Realismo, lungimiranza e coraggio” le parole chiave del suo discorso. “In passato, non sono mancati studi e teorie che mettevano in guardia sul numero degli abitanti della terra, perché la nascita di troppi bambini avrebbe creato squilibri economici, mancanza di risorse e inquinamento”, ha argomentato Francesco: “Mi ha sempre colpito constatare come queste tesi, ormai datate e superate da tempo, parlassero di esseri umani come se si trattasse di problemi”. “Ma la vita  umana non è un problema, è un dono”, il monito del Papa: “E alla base dell’inquinamento e della fame nel mondo non ci sono i bambini che nascono, ma le scelte di chi pensa solo a sé stesso, il delirio di un materialismo sfrenato, cieco e dilagante, di un consumismo che, come un virus malefico, intacca alla radice l’esistenza delle persone e della società”.

“Il problema non è in quanti siamo al mondo, ma che mondo stiamo costruendo; non sono i figli, ma l’egoismo, che crea ingiustizie e strutture di peccato, fino a intrecciare malsane interdipendenze tra sistemi sociali, economici e politici” ha detto ancora il Papa. “L’egoismo rende sordi alla voce di Dio, che ama per primo e insegna ad amare, e alla voce dei fratelli che ci stanno accanto”, il grido d’allarme di Francesco:  “Anestetizza il cuore, fa vivere di cose, senza più capire per cosa; induce ad avere tanti beni, senza più saper fare il bene. E le case si riempiono di oggetti e si svuotano di figli, diventando luoghi molto tristi”. “Non mancano i cagnolini e i gatti, questi non mancano, mancano i figli”, ha aggiunto a braccio. “No, il problema del nostro mondo non sono i bambini che nascono”, ha ripetuto il Papa: “sono l’egoismo, il consumismo e l’individualismo, che rendono le persone sazie, sole e infelici”.

“Il numero delle nascite è il primo indicatore della speranza di un popolo. Senza bambini e giovani, un Paese perde il suo desiderio di futuro”. Ne è convinto il Papa, che nel suo discorso ha fatto notare che “in Italia l’età media è attualmente di quarantasette anni, e ci sono Paesi nel centro Europa dove la media è 24 anni”. “Se dovessimo basarci su questo dato, saremmo costretti a dire che l’Italia sta progressivamente perdendo la sua speranza nel domani, come il resto d’Europa”, ha detto Francesco: “il Vecchio continente si trasforma sempre più in un continente vecchio, stanco e rassegnato, così impegnato ad esorcizzare le solitudini e le angosce da non saper più gustare, nella civiltà del dono, la vera bellezza della vita”. “Nonostante tante parole e tanto impegno, non si arriva a invertire la rotta”, la denuncia del Papa: “Come mai? Perché non si riesce a frenare questa emorragia di vita?”. “C’è un dato che mi ha detto uno studioso della demografia”, ha proseguito a braccio: “In questo momento gli investimenti che danno più reddito sono la fabbrica di armi e agli anticoncettivi: l’uno distrugge la vita, l’altro impedisce la vita. e questi sono gli investimenti che danno più reddito. La questione è brutta!”.

“A livello istituzionale, urgono politiche efficaci, scelte coraggiose, concrete e di lungo termine, per seminare oggi affinché i figli possano raccogliere domani”. Lo ha detto il Papa, che nel suo discorso agli Stati generali della natalità ha indicato nella “lungimiranza” una delle parole chiave per “invertire la rotta” sulla denatalità. “C’è bisogno di un impegno maggiore da parte di tutti i governi, perché le giovani generazioni vengano messe nelle condizioni di poter realizzare i propri legittimi sogni”, l’appello di Francesco: “Si tratta di attuare serie ed efficaci scelte in favore della famiglia”. Gli esempi del Papa sono concreti: “Porre una madre nella condizione di non dover scegliere tra lavoro e cura dei figli; oppure liberare tante giovani coppie dalla zavorra della precarietà occupazionale e dell’impossibilità di acquistare una casa”. Secondo Francesco, inoltre, “è importante promuovere, a livello sociale, una cultura della generosità e della solidarietà intergenerazionale, per rivedere abitudini e stili di vita, rinunciando a ciò che è superfluo allo scopo di dare ai più giovani una speranza per il domani, come avviene in tante famiglie”. “Non dimentichiamolo: il futuro di figli e nipoti si costruisce anche con le schiene doloranti per anni di fatica e con i sacrifici nascosti di genitori e nonni, nel cui abbraccio c’è il dono silenzioso e discreto del lavoro di una vita intera”, l’omaggio del Papa: “E d’altra parte, il riconoscimento e la gratitudine verso di loro da parte di chi cresce sono la sana risposta che, come l’acqua unita al cemento, rende solida e forte la società. Questi sono i valori da sostenere, questa è la cultura da diffondere, se vogliamo avere un domani”.

“Coraggio”. È la parola destinata ai giovani dal Papa. “So che per molti di voi il futuro può apparire inquietante, e che tra denatalità, guerre, pandemie e mutamenti climatici non è facile mantenere viva la speranza”, riconosce Francesco dando del “tu” ai giovani: “Ma non arrendetevi, abbiate fiducia, perché il domani non è qualcosa di ineluttabile: lo costruiamo insieme, e in questo ‘insieme’ prima di tutto troviamo il Signore. È Lui che, nel Vangelo, ci insegna quel ‘ma io vi dico’ che cambia le cose: un ‘ma’ che profuma di salvezza, che prepara un ‘fuori schema’, una rottura”. “Facciamo nostro questo ‘ma’, tutti, qui e ora”, l’appello finale del Papa: “Non rassegniamoci a un copione già scritto da altri, mettiamoci a remare per invertire la rotta, anche a costo di andare controcorrente! Come fanno le mamme e i papà della Fondazione per la natalità, che ogni anno organizzano questo evento, questo ‘cantiere di speranza’ che ci aiuta a pensare, e che cresce, coinvolgendo sempre più il mondo della politica, delle imprese, delle banche, dello sport, dello spettacolo e del giornalismo”.

“Il futuro non si costruisce solo facendo figli: manca un’altra parte molto importante: i nonni”. Lo ha detto il Papa, in un’ampia parentesi a braccio. “Oggi c’è una cultura di nascondere i nonni, mandarli alla casa di risposo. Adesso è cambiata un po’ per la pensione, ma purtroppo è così, la tendenza è quella, scartare i nonni”, la denuncia di Francesco, che ha raccontato “una storia interessante”, già raccontata in altre occasioni. “C’è una bella famiglia, il nonno viveva con loro, ma era invecchiato, quando mangiava si sporcava, e il padre ha fatto costruire un tavolo in cucina perché il nonno mangiasse lì, e così potevano invitare gente”. “Un giorno il padre vede il figlio che stava in cucina con il nonno”, ha proseguito Francesco: “‘Cosa stai facendo?’. ‘Un tavolino’. ‘Per chi? ‘. ‘Per te, quando sarai vecchio’”. “Per favore, non dimenticare i nonni”, l’appello del Papa, che poi ha raccontato un altro aneddoto che ama molto: ” “Quando io nell’altra diocesi visitavo tanto le case di riposo, chiedevo: ‘Quanti figli ha? Vengono a trovarla? ‘, ‘Sì vengono sempre’. E all’uscita un infermiere mi ha detto: ‘Non vengono mai’”. “I nonni soli, i nonni scartati: questo è un suicidio culturale!”, il grido d’allarme del Papa: “Il futuro lo fanno i giovani e i vecchi insieme: il coraggio e la memoria insieme”. “Per favore, parlando di natalità, che è il futuro, parliamo anche dei nonni, che non sono il passato, aiutano il futuro”, la consegna ai presenti: “Parliamo dei figli, tanto, ma abbiamo cura anche dei nonni: fanno tanto”. “Pregate per me, a favore e non contro!”, l’invito finale che il Santo Padre usa spesso durante le udienze. E oggi ne ha spiegato l’origine, sempre a braccio: “Una volta stavo finendo un’udienza e a 20 metri c’era una signora piccolina, occhi bellissimi, simpatica. ‘Vieni vieni!, mi ha chiesto. ‘Come si chiama? Quanti anni ha?’, le ho chiesto: “Cosa mangia per essere così forte?’. ‘Ravioli, li faccio io’. ‘Per favore, preghi per me’. ‘Lo faccio tutti i giorni’. ‘Preghi a favore, non contro’. ‘Stia attento, contro gli pregano lì dentro!’. Furba, eh? Un po’ anticlericale”.