Toscana
La Terra Santa al mondo: «non ci abbandonate»

Dal suo luogo di riposo, Les Combes (Introd), in Valle d’Aosta, BENEDETTO XVI è tornato a parlare dei conflitti in corso in Terra Santa. Lo ha fatto all’Angelus di domenica 16 luglio, ricordando che all’origine di tali spietate contrapposizioni vi sono purtroppo oggettive situazioni di violazione del diritto e della giustizia. Ma né gli atti terroristici né le rappresaglie, soprattutto quando vi sono tragiche conseguenze per la popolazione civile, possono giustificarsi. Intanto il G8 riunitosi a San Pietroburgo ha chiesto la fine di ogni azione militare, degli attacchi degli Hezbollah contro Israele e, di conseguenza, dei raid israeliani sul Libano. Chiesta la liberazione dei soldati israeliani rapiti. Dal summit anche la proposta di una missione di osservatori dell’Onu in Libano
UNA PACE GIUSTA È POSSIBILE. Ne è convinta la CARITAS INTERNATIONALIS che in un appello del 17 luglio chiede l’immediato cessate-il-fuoco e ritorno al tavolo dei negoziati. I bombardamenti indiscriminati e la detenzione degli ostaggi sono contro ogni principio e legge umanitaria si legge nel testo che fa riferimento anche agli insegnamenti sociali della Chiesa in base ai quali l’organismo cattolico invoca la fine di tutte le violenze e soluzioni pacifiche a lungo termine.
Le leggi internazionali umanitarie ribadisce la Caritas impongono agli Stati e alle Autorità di proteggere i civili coinvolti nel conflitto, dare libero accesso alle agenzie umanitarie e verificare che gli attacchi non abbiano come bersaglio obiettivi civili. La Caritas conclude la dichiarazione si dice convinta che una pace giusta in Medio Oriente è possibile e chiede che la comunità internazionale e i leader politici aiutino israeliani, palestinesi e libanesi a fare un passo indietro prima che la guerra si allarghi.
Sulla guerra in atto si registra anche il commento di CARITAS ITALIANA che per bocca del suo direttore, mons. Vittorio Nozza, denuncia le gravi condizioni in cui versa la popolazione civile cui si sta cercando di far arrivare generi di prima necessità. Unendo la propria voce ai numerosi appelli che hanno chiesto e continuano a chiedere che si torni al dialogo affinché tutti i popoli della regione possano vivere in pace e in sicurezza Caritas italiana auspica un ampio coinvolgimento e una pronta risposta solidale delle nostre comunità per poter intensificare gli interventi in Terra Santa”.
LIBANO: PAURA DI RESTARE SOLI. Nessun Paese ci sta aiutando: l’accorata invocazione arriva da un chierico francescano di Beirut riportata dalla CUSTODIA DI TERRA SANTA che non cita il nome del religioso. Gli israeliani hanno attaccato il porto che sta di fronte a noi e il bombardamento è stato tragico. Non ci sono più né aeroporti né porti, e nemmeno i confini con la Siria perché li hanno attaccati. Stanno bloccando ogni zona ed eliminando tutti i passaggi fra le città. Stanno distruggendo i piccoli villaggi, specialmente nel Sud. Purtroppo nessun Paese ci sta aiutando. Quello che accomuna i libanesi è la solidarietà prosegue la testimonianza – ma anche una grande tensione, stress e nervosismo. La gente è esaurita. Vogliamo che Israele si fermi almeno un giorno, perché sono giorni che bombardano senza pausa.
Il timore di rimanere isolati si avverte nelle parole delle SUORE CLARISSE DI BEIRUT: Israele ha iniziato distruggendo le strade, i ponti, le piste dell’aeroporto internazionale di Beirut, e gli aeroporti militari di Rayah e di Kleyat. Vedette israeliane pattugliano il mare, alla caccia di navi mercantili. In breve: tutte le vie di comunicazione sono impraticabili, via terra, aria e mare. Ci resta ancora il telefono, Internet e i cellulari. Per questo mandiamo queste poche notizie, nel caso anche questi mezzi vengano soppressi.
GAZA: QUEL 65,1% Dal Libano a Gaza, la Striscia è stata oscurata’ dal fronte libanese del conflitto, ma gli israeliani proseguono nella ricerca del loro caporale Gilad Shalit. Nei Territori palestinesi (Gaza, Gerusalemme est e Cisgiordania), secondo un sondaggio condotto dal Pcpo, il Centro palestinese per l’opinione pubblica su un campione 1050 palestinesi adulti, il 65,1% dei palestinesi è favorevole alla ripresa dei negoziati di pace con Israele. Il 96,3% è favorevole alla soluzione della questione dei prigionieri israeliani in cambio di qualche vantaggio con un 47,2% favorevole al rilascio dei soldati prigionieri in cambio di quello delle donne e bambini detenuti nelle carceri israeliane. I risultati, diffusi il 17 luglio, giungono in un momento in cui il conflitto israelo-palestinese si allargato al fronte libanese. Il 76,8% degli intervistati, a vario titolo, si dice preoccupato per il futuro della propria famiglia. A riguardo il 48,6% dei palestinesi crede che l’embargo in atto nei Territori possa essere rimosso con la creazione di un governo di unità nazionale mentre il 24,8% giudica necessario il riconoscimento di Israele. Su chi debba condurre le iniziative politiche: Abu Mazen, il 74,9% del campione è contrario alle sue dimissioni, e il Governo di Hamas, per il quale si è espresso il 58,5% del campione.
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