Opinioni & Commenti

La violenza è nemica della democrazia. Quella fisica, ma anche quella verbale

di Giovanni Pallanti

La violenza è nemica della democrazia. Quello che è successo a Milano ai danni dell’on. Silvio Berlusconi è da condannare senza nessuna riserva né psicologica né politica.  Chi scrive nel 1976 ha subìto un’aggressione da parte di un gruppo di estremisti di sinistra che davanti al cinema Universale in via Pisana, a Firenze, lo picchiarono violentemente perché consigliere comunale della Dc e ha subìto due attentati, uno alla casa con bomba incendiaria, il 7 maggio 1978, e un tentato omicidio organizzato dalle Brigate rosse nel dicembre del 1978, sventato per puro miracolo dalla Polizia di Stato mentre il commando delle Br che doveva sparargli è stato condannato a dieci anni di carcere.

Nessuno può dire che la violenza è giustificata. Se qualcuno infrange la legge, o l’ha infranta, ne deve rispondere nei tribunali della Repubblica. Tutti i cittadini devono essere uguali davanti alla legge. Il Parlamento fa le leggi e nessun magistrato ha il diritto di disapplicarle o di interpretarle come meglio gli pare. Chi vince le elezioni ha il diritto-dovere di governare, come ha ricordato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Le opposizioni hanno, però, il diritto-dovere di controllare e criticare, se lo ritengono opportuno, chi governa.

Anche le dittature hanno chi le governa. Che cosa manca alle dittature? Una opposizione democratica che lotta per diventare maggioranza di governo. La differenza fra le democrazie e le dittature è tutta qui. In Italia c’è stata una campagna di odio che ha coinvolto molti giornali di destra e di sinistra che contestavano con violenza verbale e alternativamente sia chi governava sia chi faceva l’opposizione.

In questo clima è maturata la violenza contro il presidente del Consiglio nei pressi del Duomo di Milano domenica scorsa. Un fatto grave e, come si è già detto, da condannare senza se e senza ma.

Ci sono stati però dei precedenti che hanno raggiunto dei limiti di intollerabile violenza polemica. «Il Giornale» di Vittorio Feltri che fa a pezzi il direttore di «Avvenire» Dino Boffo e che poi in un momento critico, precedente all’udienza torinese del processo Dell’Utri dice di essersi sbagliato e Feltri manifesta la sua ammirazione dopo che Boffo si è ritirato dalla direzione di «Avvenire» per come  si è comportato nel disastro esistenziale e professionale in cui lo stesso «Giornale» lo aveva cacciato.

Sempre «Il Giornale» di Feltri ha attaccato il presidente della Repubblica, la Corte costituzionale ha chiesto l’espulsione del presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini dal Pdl, perché poco fedele all’on. Berlusconi. Il giorno prima dell’attentato, sempre il giornale di proprietà di Paolo Berlusconi aveva pubblicato una foto in cui si ritraevano Fini e Pierferdinando Casini con un titolo dove si diceva «ecco i traditori». Dall’altra parte «Repubblica» e i giornali del gruppo De Benedetti hanno cercato di accusare il presidente del Consiglio di tutto e di più entrando nella vita privata di Silvio Berlusconi e usando anche la richiesta di divorzio di sua moglie Veronica Lario per metterlo in difficoltà e sospingerlo verso una irreversibile crisi politica.

Se in questo clima un uomo un po’ debole di mente, come il signor Tartaglia, lancia un corpo contundente contro il viso del capo del Governo, è la conclusione di un periodo squallido e drammatico della politica italiana attraversata da lotte per il mantenimento del potere senza nessun riguardo o quasi, da parte di tutte le forze politiche, per il bene comune della nazione italiana.

Ora basta. Si rispetti la Costituzione e si riequilibrino i rapporti tra potere legislativo (Parlamento), potere esecutivo (Governo) e potere giudiziario (Magistratura). In politica contano i fatti e solo questi vanno giudicati. Chiunque pensi di conquistare il potere, o di mantenerlo, con la violenza sia fisica che verbale, è un antidemocratico e come tale va combattuto in difesa della libertà che gli italiani riconquistarono nel 1945.