Prato

L’abbraccio di Prato e le parole di Papa Francesco

La sacralità di ogni essere umano richiede per ognuno rispetto, accoglienza e un lavoro degno». È con questa frase che piazza Duomo si scioglie in fragoroso applauso. I pratesi poi si commuovono quando il Santo Padre ricorda i sette cittadini cinesi morti due anni fa nel rogo di via Toscana, operai vittime di «una tragedia dello sfruttamento e delle condizioni inumane di vita». Le parole pronunciate da Papa Francesco dal pulpito di Donatello sono chiare, nette: «la vita di ogni comunità esige che si combattano fino in fondo il cancro della corruzione e il veleno dell’illegalità». Si tratta di verità con le quali siamo invitati a «cingerci», perché «non si può fondare nulla di buono sulle trame della menzogna e sulla mancanza di trasparenza». La città del lavoro, «la comunità-laboratorio di convivenza, di laboriosità, di intraprendenza, di solidarietà e di spiritualità», come l’ha definita il vescovo Agostinelli nel suo saluto al Papa, accoglie con maturità le esortazioni di Francesco e le sottolinea con continui applausi di approvazione. «Mi permetto qui di ricordare i cinque uomini e le due donne di cittadinanza cinese morti due anni fa a causa di un incendio nella zona industriale di Prato – ha detto il Pontefice facendo tornare alla mente il terribile episodio del primo dicembre 2013 -; vivevano e dormivano all’interno dello stesso capannone industriale in cui lavoravano. In una zona era stato ricavato un piccolo dormitorio in cartone e cartongesso con letti sovrapposti per sfruttare l’altezza della struttura. È una tragedia dello sfruttamento e delle condizioni inumane di vita e questo non è lavoro degno!». Ma il Papa sa che Prato non è solo questo e ringrazia di cuore la città: «per gli sforzi costanti che la vostra comunità attua per integrare ciascuna persona, contrastando la cultura dell’indifferenza e dello scarto». Poi la citazione di due impegni pratesi: «In tempi segnati da incertezze e paure, sono lodevoli le vostre iniziative a sostegno dei più deboli e delle famiglie, che vi impegnate anche ad “adottare”». Chiaro, in questo senso, il riferimento all’opera segno voluta dalla Diocesi per il dono di benvenuto al Santo Padre: «Adotta una famiglia», la raccolta fondi per sostenere l’Emporio della Solidarietà.L’altra sottolineatura se la merita la lettera spedita nei giorni scorsi dalle rappresentanze del mondo del lavoro, «mentre vi adoperate nella ricerca delle migliori possibilità concrete di inclusione – ha proseguito Papa Francesco – non scoraggiatevi di fronte alle difficoltà. Non rassegnatevi davanti a quelle che sembrano difficili situazioni di convivenza; siate sempre animati dal desiderio di stabilire dei veri e propri “patti di prossimità”».Ma il discorso del Papa è stato ispirato dal Sacro Cingolo mariano, definito «un segno di benedizione», la cui custodia rende i pratesi fortunati e privilegiati. La cintura della Madonna, venerata dal Santo Padre nella Cappella del Gaddi prima di salire sul pulpito di Donatello, secondo una bella immagine regalata da Francesco, «richiama anche il gesto compiuto da Gesù durante la sua cena pasquale, quando si strinse le vesti ai fianchi, come un servo, e lavò i piedi dei suoi discepoli (cfr Gv 13,4; Lc 12,37). Perché, come ha fatto Lui, facessimo anche noi. Siamo stati serviti da Dio che si è fatto nostro prossimo, per servire a nostra volta chi ci sta vicino. Per un discepolo di Gesù nessun vicino può diventare lontano. Anzi, non esistono lontani che siano troppo distanti, ma soltanto prossimi da raggiungere». Come raggiungere i lontani? L’invito è uno solo, quello di «uscire» per «piantare tende di speranza, dove accogliere chi è ferito e non attende più nulla dalla vita». Questa «rinnovata passione missionaria» alla quale il Pontefice chiama i pratesi ha ancora una volta come fonte di ispirazione e di partenza la Sacra Cintola. La reliquia suggerisce ancora un pensiero suscitato dalla Parola di Dio, ovvero al «cammino di salvezza che il popolo di Israele intraprese, dalla schiavitù dell’Egitto alla terra promessa. Prima di liberarlo – ha ricordato Francesco – il Signore chiese di celebrare la cena pasquale e di consumarla in un modo particolare: “con i fianchi cinti”. Cingersi le vesti ai fianchi significa essere pronti, prepararsi a partire, a uscire per mettersi in cammino».Infine, un messaggio di speranza per i giovani, pronunciato a braccio: «Mi hanno detto che vi siete raccolti in preghiera per me stanotte. Grazie per la veglia di preghiera di voi giovani». Giovani che hanno risposto con un fragoroso applauso e un vero e proprio tripudio di gioia.«Incoraggio tutti, soprattutto voi giovani, a non cedere mai al pessimismo e alla rassegnazione – ha proseguito Papa Francesco – Maria è colei che con la preghiera e con l’amore, in un silenzio operoso, ha trasformato il sabato della delusione nell’alba della risurrezione. Se qualcuno si sente affaticato e oppresso dalle circostanze della vita, confidi nella nostra Madre, che è vicina e consola. Sempre ci rincuora e ci invita a riporre fiducia in Dio: suo Figlio non tradirà le nostre attese e seminerà nei cuori una speranza che non delude. Grazie».Giacomo Cocchi