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L’Abc della famiglia: permesso, scusa e grazie

Tutto bene, se a menzionare queste tre parole è una maestra elementare alle prese con i primi rudimenti di educazione civica da somministrare ai suoi piccoli allievi, che hanno appena fatto ingresso nella «scuola dei grandi» e devono rispolverare atteggiamenti e parole già apprese in famiglia, cimentandosi in quel percorso di apprendimento delle regole che comincia ora ma dovrebbe durare tutta la vita.

Se, però, a ricordare la centralità di queste tre parole – talmente semplici, all’apparenza, da apparire perfino banali – è un Papa, dal sagrato della piazza più famosa del mondo, allora questo richiamo suona davvero sorprendente, anzi sconvolgente. Perché ci invita tutti – ben oltre i confini degli oltre 150mila radunati ieri in piazza San Pietro – a fare un serio esame di coscienza su cosa sono diventate le nostre famiglie e su come è cambiato il clima che ne scandisce i ritmi quotidiani.

«Permesso, scusa, grazie». Tre parole che dovrebbero innanzitutto parlarci di attenzione all’altro, di cura reciproca, di volontà di crescere insieme, di imparare a conoscere se stessi tramite il volto di chi ci sta accanto, riconoscendo con umiltà e franchezza i nostri sbagli, quando arrivano i conflitti e le incomprensioni. Per poterci rialzare subito dopo la riconciliazione – strada per noi umani sempre in salita, e che spesso intraprendiamo riluttanti – con mio fratello, mia sorella, mio papà, mia mamma, i miei figli.

Quelli che sono i miei commensali a tavola, e ai quali rivolgo sguardi il più delle volte distratti, perché magari preferisco concentrarmi su «protesi digitali». «Quante volte diciamo grazie in famiglia?». L’invito del Papa è esigente, e tutti noi, famiglie italiane, vogliamo raccoglierlo partendo da un’altra parola chiave del pontificato: l’amore, l’unico antidoto all’indifferenza e alla disumanizzazione. Perché è in famiglia che si impara l’alfabeto dell’umano. A patto, però, di crederci ancora.