Toscana

L’Aquila spera nell’aiuto dei «grandi»

La settimana del G8 è passata e la tempesta attesa con trepidazione dagli aquilani è stata spazzata via senza lasciare tracce. Anzi, il summit ha lasciato in dote un nuovo aeroporto, atteso da quasi trent’anni, nuove strade ma soprattutto la «soddisfazione» di aver visto i grandi della terra camminare in quella piazza Duomo tanto cara agli aquilani. E paradossalmente, al termine del meeting, la città, disabitata per quasi una settimana, è tornata a rianimarsi.

Secondo gli ultimi dati forniti dalla Protezione Civile a quasi cento giorni dal sisma sono ancora 51 mila gli sfollati: 30 mila ospitati in seconde case e alberghi sulla costa mentre 21 mila vivono nelle 143 tendopoli.

Partiti i giornalisti e le delegazioni straniere mentre i simboli del G8 campeggiano ancora per le strade, in città si torna a parlare del futuro.

Settembre e la ripresa delle attività – prima fra tutte quella delle scuole –si avvicina così come il freddo inverno abruzzese. «Spenti i riflettori riaffiorano le preoccupazioni della gente di fronte ad una situazione che seppur stabilizzata non può che essere considerata di emergenza», commenta don Dionisio Humberto Rodriguez, direttore di Caritas L’Aquila. «L’incertezza di fronte al futuro – continua il sacerdote – è una delle costanti che emerge dai colloqui che gli operatori Caritas effettuano ogni giorno al Centro di ascolto. L’attenzione alla gente e al territorio ci permetterà di capire dove concentrare i nostri interventi in vista dell’autunno quando inevitabilmente le associazioni che hanno lavorato al nostro fianco inizieranno ad andare via».

Una necessità di rimettersi al lavoro condivisa dal capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, che in una lettera aperta scrive: «Anch’io sto tornando con i piedi per terra. Dopo la soddisfazione per aver fatto fare bella figura al nostro Paese adesso torniamo all’Abruzzo del terremoto, alle persone in tenda o in albergo che hanno accettato anche il G8 ma che ancora non hanno un calendario preciso per seguire con il pensiero il loro futuro prossimo, i prossimi mesi, i prossimi anni».

Michele Luppi

Sotto le tende, sognando una casa

di Francesca Lippi

Sono tre le ragazze che hanno ricevuto la Cresima sotto una tenda, e sotto la tenda che serve anche da mensa hanno fatto festa con parenti e amici di questa comunità che conta 400 anime, raccolte nella tendopoli che fino all’aprile scorso era uno stadio. Un momento di gioia, una breve parentesi tra una scossa e l’altra, in uno sciame sismico che suona improprio già nei termini, poiché la magnitudo è troppo alta per considerarlo tale.

Si chiamava Sant’Eusanio Forconese, 15 km dall’Aquila ed era un paese formato presepe, adagiato sul Monte Cerro, con il castello medievale a dominarlo, fortunatamente rimasto intatto, e aveva come frazione Casentino. Entrambi sono stati distrutti al 98% dal sisma del 6 aprile. Il rosone centrale della chiesa, dedicato al patrono Sant’Eusanio martire, da cui il paese prende il nome, è franato sull’antico organo, risalente al 1700 e l’ha reso inutilizzabile. La foto dell’orologio della torre campanaria ha fatto il giro del mondo, le lancette segnano ancora le 3,32, l’ora della scossa più forte, quella che in 20 secondi ha distrutto il capoluogo abruzzese e il suo hinterland. Ma di Sant’Eusanio in pochi conoscono l’esistenza, non risulta nemmeno nelle cartine geografiche dei paesi stravolti dal terremoto: perché? Forse perché Sant’Eusanio non ha avuto vittime e conta solo due feriti Dario e Bruna, caduti dal 3° piano e salvi per miracolo. «Sembra proprio che la mano pietosa di Sant’Eusanio si sia stesa su di noi per proteggerci» commenta Giuliana che vive con i familiari nella tendopoli.

Ma ad oggi, tre mesi dopo il sisma, le macerie non sono state ancora rimosse dal paese, nella zona rossa una ruspa, inerte, si staglia sulla strada di quelli che, accompagnati dai vigili del fuoco, cercano di recuperare qualche oggetto utile scampato alla furia delle scosse. Nelle poche case agibili, è impedito agli abitanti di rientrare perché sarebbe pericoloso, visto il contesto, soggiornarvi. L’attore George Clooney ha visitato la tendopoli di Sant’Eusanio in occasione del G8 e poi L’Aquila, dichiarando di volervi girare un film; ora, quindi, i riflettori si sono accesi anche su questa piccola realtà, ma la gente si chiede se sarà possibile l’avvio della costruzione di una nuova città in tempi brevi, terrorizzata dall’idea di trascorrere l’inverno in tenda.

La vita nella tendopoli scorre piuttosto lenta, cadenzata da tre appuntamenti irrinunciabili, nella grande sala mensa: la colazione, il pranzo, la cena. Gli scout nel pomeriggio offrono tè e biscotti ai ragazzi e agli anziani, fermandosi a parlare. Stamattina è arrivato il camion con i rifornimenti e i volontari della Protezione civile lo scaricano disponendo le scatole nelle varie tende/magazzino, quelli della Croce Rossa sono tutti in cucina, mentre il capocampo segue gli uomini dello spurgo: una fognatura è intasata e bisogna liberarla. I bambini più grandi sono partiti per il mare, soggiorneranno in un villaggio in Puglia, staranno via 15 giorni. La sera, dopo cena, si fa animazione, Roberto suona il violino, sua moglie Antonella e le ragazze cantano. Poi si gioca a tombola, i piccoli raccolgono i sassolini della ghiaia intorno al campo, le mettono nei bicchieri di plastica per segnare i numeri nelle cartelle, poi si fanno tornei a biliardino, a briscola, una band viene a suonare gratuitamente il venerdì sera.

Gli scout hanno montato la piscina per i bambini e questi, felicissimi, due volte al giorno fanno il bagno. A momenti sembra di essere in un villaggio turistico. Ma non è così. Qui non ci sono i bungalow, qui non si paga per soggiornare, qui ci sono le scosse, il dolore e l’attesa di tutti. I pochi che lavorano arrivano alle 14, trafelati, poco prima della chiusura della mensa. Gli altri aspettano…aspettano. Hanno perso il lavoro, o sono anziani.

La popolazione abruzzese non è rassegnata, è stremata. La popolazione abruzzese è forte, paziente, orgogliosa. Fiera. Delle sue radici, della sua storia. «Qui voi siete ospiti, non noi, questo è il nostro paese. Vi ringraziamo per quello che avete fatto e continuate a fare, ma ora dobbiamo gestirci da soli» è il commento di molti abitanti delle varie tendopoli.

La gente è stanca. Vuole una casa. Va bene una «casetta» prefabbricata. Dopo tre mesi è stufa di vivere nelle tende, dove la sera, dopo un temporale, bisogna accendere la stufa e quando c’è il sole non si può stare perché ci sono almeno 50 gradi, dove non c’è più intimità.

Giovanni Berardinangelo è un sindaco giovanissimo, al secondo anno del suo primo mandato. «Qui alla tendopoli – spiega – ci sono 180 persone, le altre sono alloggiate sulla costa, e il bisogno primario è quello di riappropriarsi della propria intimità, di riavere un tetto vero e proprio. Abbiamo bisogno di aiuto, il sapere che ci sono persone vicine a noi è uno stimolo in più per andare avanti, si sono mosse già per noi varie città toscane tra le quali Siena, Pistoia, la Misericordia di Colle Val D’Elsa, che hanno organizzato manifestazioni a nostro favore».

Nel paese prestano servizio, come volontari, gli scout dell’Agesci: ad oggi sono stati circa 900, dei quali un centinaio toscani. Elio Li Calsi, responsabile dell’intervento Agesci, spiega i compiti svolti dai volontari: «Principalmente supporto socio-assistenziale alla popolazione soprattutto verso giovani e anziani; siamo stati impiegati anche in mansioni logistiche e di coordinamento». Daniela Corucci, caposquadra del gruppo Agesci Livorno 10°, aggiunge: «Questa esperienza qui alla tendopoli è stata molto forte, le persone malgrado il trauma che ancora si portano dentro ci hanno accolto con affetto, sono state meravigliose. In agosto, tornerò a trovarle, non posso farne a meno».

Il sito ufficiale del G8 dell’Aquila