Lettere in redazione

L’autocritica masochista dei cristiani

Caro Direttore,vorrei premettere prima di tutto che non sembri che abbia intenzione di puntare il dito contro i miei colleghi di lavoro pensando male di loro. Anzi, sinceramente voglio loro bene, c’è un certo grado di amicizia dopo molti anni con loro, e, se avessi bisogno del loro aiuto, sono sicurissimo che non me lo negano, ma quello che è successo da qualche settimana mi ha lasciato un discreto dispiacere dentro di me. Nella nostra bacheca dove ci sono varie nostre foto e cartoline è apparsa una riproduzione della foto tratta dal giornale politico «Il Manifesto» di Papa Ratzinger appena uscito dal conclave con la scritta sovraimpressa «Il pastore tedesco» e più sotto «lasciateci in pacs».

Sinceramente non mi è piaciuto questo ma non ho fatto altro che affiancare alla riproduzione della foto un detto dello storico francese Leo Moulin che, seppur agnostico, voleva risvegliare i cristiani dal loro «appisolamento» e per questo ingoiano tutto. Lo trascrivo integralmente: «Date retta a me, vecchio incredulo che se ne intende: il capolavoro della propaganda anti-cristiana è l’essere riusciti a creare nei cristiani, nei cattolici soprattutto, una cattiva coscienza; a instillarli l’imbarazzo, quando non la vergogna, per la loro storia. A furia di insistere, dalla riforma sino ad oggi, ce l’hanno fatta a convincervi di essere i responsabili di tutti o quasi i mali del mondo. Vi hanno paralizzato nell’autocritica masochista, per neutralizzare la critica di ciò che ha preso il vostro posto. Da tutti vi siete lasciati presentare il conto, spesso truccato, senza quasi discutere. Non c’è problema o errore o sofferenza nella storia che non vi siano stati addebitati. E voi, così spesso ignoranti del vostro passato, avete finito per crederci, magari per dar loro man forte. Invece io (agnostico, ma storico che cerca di essere oggettivo) vi dico che dovete reagire, in nome della verità. Spesso, infatti, non è vero. E se qualcosa di vero c’è, è anche vero che, in un bilancio di venti secoli di cristianesimo, le luci prevalgono di gran lunga sulle ombre. Ma poi: perchè non chiedere a vostra volta il conto a chi lo presenta a voi? Sono forse stati migliori i risultati di ciò che è venuto dopo? Da quali pulpiti ascoltate, contriti, certe prediche?».

Lettera firmata

Un lettore, in calce a una lunga lettera che abbiamo dovuto sunteggiare, ci manda queste considerazioni dello storico belga Leo Moulin, morto nel 1996. Per noi cattolici sono una provocazione, che merita di essere raccolta. E non perché ci ricorda che, in fondo da sempre, prospera e trova accoglienza tutta una pubblicistica che evidenzia e amplifica le «colpe storiche della Chiesa», ma perché oggi questa tendenza conosce una più ampia divulgazione affidata a pubblicazioni agili e accattivanti ma anche a martellanti campagne giornalistiche.

Queste accuse finiscono, molto più che nel passato, per influenzare il sentire di molti cristiani, generando in essi un senso di colpa che li fa vergognare dalla loro Chiesa e, in alcuni casi, può porre in pericolo la stessa fede. Di fronte a tutto ciò – che a tratti si configura come un’autentica campagna di discredito della Chiesa – bisognerebbe reagire, ma a modo nostro, preoccupandoci più dell’intra che dell’extra, ricordando ai credenti che la Chiesa «è una realtà intrinsecamente santa, costituita però da uomini che sono tutti, in grado e in misura diversa, peccatori». Ed è per questo che – pur essendo santa – ha sempre bisogno di purificazione perché i suoi membri spesso ne offuscano, anche gravemente, il volto. Consapevole di questo il cristiano, quando emergono dal passato o dal presente colpe anche gravi di uomini di Chiesa, ne soffre, ne chiede perdono – noi tutti ricordiamo con emozione la richiesta di perdono da parte di Giovanni Paolo II nel Giubileo del 2000 – ci pone rimedio, se possibile, ma non si scandalizza perché il male lo sperimenta anche dentro di sé e perché sa che fino alla fine dei tempi questa mescolanza di grano e zizzania ci sarà sempre. E in quest’ottica non dimentica il bene che da sempre c’è e splende.

Quest’atteggiamento però non ci esime certo dall’esaminare se quanto si dice o si scrive sulle colpe della Chiesa sia attendibile e corrisponda a verità. Spesso, infatti, si tratta di sostanziali deformazioni o addirittura di pure invenzioni. L’esempio più recente è il «Codice da Vinci», che – come hanno dimostrato storici seri, anche non cattolici – altro non è che un insieme di bugie e falsi storici.