Firenze

Lettera del card. Betori a chiusura della Visita pastorale

Il cardinale Giuseppe Betori ha rivolto una lettera alla Chiesa fiorentina, a conclusione della Visita pastorale che lo ha visto impegnato per dieci anni. Ecco il testo in PDF da scaricare

«Cari fratelli e sorelle, giunto al termine della Visita pastorale e ormai prossimo alla conclusione del mio servizio episcopale alla Chiesa fiorentina, vorrei condividere con voi alcune considerazioni, frutto del cammino compiuto tra le nostre comunità e, al tempo stesso, orientamento per il passaggio verso un futuro non facile da decifrare, ma che può e deve essere affrontato con la positività dello sguardo che nasce dalla fede».
Inizia così la Lettera che il cardinale Giuseppe Betori rivolge alla Chiesa fiorentina, a conclusione della Visita pastorale che lo ha visto impegnato per dieci anni, toccando tutte le parrocchie e incontrando molte delle realtà ecclesiali, sociali, economiche, culturali sul territorio. «Camminare con il Signore nei nostri giorni» è il titolo del piccolo volumetto, che i lettori di Toscana Oggi hanno ricevuto col settimanale e che qui è disponibile in PDF da consultare o scaricare.


Il testo si apre con una riflessione sui cambiamenti avvenuti in questi dieci anni «in cui il contesto culturale, sociale ed ecclesiale ha subito una forte, evidente trasformazione»: anni segnati anche dalla pandemia, che ha costretto a sospendere la visita nel 2020 per poi riprenderla nel 2022. Così, in campo culturale, si è andato costituendo «un quadro di pensiero e di comportamenti alquanto fluido, così che oggi per l’annuncio evangelico il problema non è anzitutto quello di manifestarsi come verità a fronte degli errori, ma di trovare ascolto in cuori troppo spesso distratti». In ambito sociale invece il cardinale Betori sottolinea il formarsi di «una frammentazione esasperata del quadro socio-politico, in cui i riferimenti ideali e ideologici hanno lasciato campo al prevalere dell’economia sulla politica, alle convergenze di interessi, ad accentuate istanze populiste, al ritorno del sovranismo».
In ambito ecclesiale poi «non si può tacere che il progressivo ridursi delle presenze nelle nostre comunità sta facendo crescere un sentimento di sbandamento, in cui la preoccupazione dei valori numerici decrescenti rischia di prevalere sull’importanza della consistenza in sé della testimonianza che si è in grado o meno di offrire al mondo».
In questo quadro articolato, scrive Betori «durante la Visita pastorale, e qui lo riaffermo, ho avvertito primariamente l’urgenza di riproporre la bellezza dell’annuncio della fede, della sua accoglienza personale, della sua testimonianza comunitaria».
Con Dio o senza Dio tutto cambia, scrive il cardinale, per questo «il problema di Dio e della sua manifestazione in Cristo deve essere incessantemente riscoperto come il centro e il cuore pulsante di ogni nostro annuncio».
La lettera si concentra quindi su alcuni elementi che devono far parte di un orizzonte condiviso di preoccupazioni e attenzioni. Il primo è «la permanente centralità della parrocchia, che appare ancora oggi strumento capace di connettere la Chiesa con il territorio e di proporsi come luogo di incontro con tutti». A questo però segue la necessità di «promuovere maggiore integrazione tra le comunità parrocchiali» e di «una più concreta ed estesa corresponsabilità, cominciando dall’attitudine all’ascolto reciproco e alla condivisione di interrogativi e progetti che il Cammino sinodale sta insegnando». La corresponsabilità, scrive Betori, «si fonda su una fondamentale e necessaria “sinfonia delle diverse vocazioni”, dove ciascuna scopre la propria peculiarità unicamente in connessione con le altre».
In tutto questo, però, aggiunge Betori, «sarà doveroso anche prendere atto che stiamo all’interno di una trasformazione della presenza della Chiesa nel mondo, in cui, a fronte della contrazione dei numeri e della diminuzione del riconoscimento sociale del suo ruolo, potranno diventare attuali le parole dell’allora card. Joseph Ratzinger, in un intervento radiofonico del 1969, sulle prospettive di una Chiesa “piccola” e “dei piccoli”».
Riscoperta della liturgia, servizio della carità, educazione e formazione, ridare voce alla fede sul versante culturale, raggiungere le periferie umane sono le altre sottolineature. L’invito finale è alla fraternità: «La nostra comunità ecclesiale, prima ancora che di programmi o di una riorganizzazione delle strutture, ha bisogno di relazioni nuove tra i suoi figli, di maggiore prossimità nelle nostre comunità, di maggiore ascolto e condivisione». Tutto questo, fondato sulla Parola: «Radicarsi nella Parola resta il segreto della vita di fede».