Toscana

LIBI,: MONS. MARTINELLI (OSSERVATORE ROMANO): DIALOGO APERTO TRA CRISTIANI E MUSULMANI

“Nell’islam libico — e in particolare nella World islamic call society, una associazione culturale aperta al dialogo —“ è ravvisabile “quell’islam ‘moderato’ di cui tanto si parla e che tanto si cerca in Europa”. Parola di mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli, intervistato da “L’Osservatore Romano”. Nell’edizione odierna del quotidiano della Santa Sede (che reca la data di domani), mons. Martinelli parla di un “dialogo aperto e continuo con le associazioni islamiche” su temi concreti come “la responsabilità dei capi nei confronti della comunità o l’immigrazione”. Dialogo reso possibile anche dal sostegno di Gheddafi che, per il vicario, “di fatto ammette il carattere positivo della fede cristiana”. “La comunità cattolica – spiega — è enormemente cresciuta a causa dell’emigrazione dall’Africa e da altri Paesi come Filippine, India o Corea”. “Un caso particolarmente disperato è costituito dagli eritrei, veri e propri rifugiati politici, che cercano di fuggire da un regime opprimente con l’intera famiglia, e finiscono spesso nelle prigioni libiche”. Per questo il vescovo ha aperto un centro di aiuto di prima necessità per gli emigranti, e sta cercando di raccogliere in una casa, fuori della prigione, le donne e i bambini eritrei, con l’aiuto della World islamic call society. A giudizio di mons. Martinelli, “anche in Libia si stanno affacciando il consumismo e l’individualismo, ma qui la secolarizzazione non è ancora un problema. In questa vita difficile e precaria degli immigrati la fede si trasforma, diventa l’unico punto di appoggio per quello che è veramente il ‘popolo dell’esodo’; si verificano anche dei miracoli di conversione durante il cammino nel deserto”. E il confronto con i musulmani, che, sottolinea, “hanno un forte senso della preghiera”, contribuisce a “rafforzare l’identità dei cristiani”. “Nel dolore e nella degradazione – conclude – Dio è veramente necessario per permettere alle prostitute nigeriane o agli eritrei in fuga — gli ultimi della terra — di sentirsi amati, degni di essere riconosciuti nella loro dignità di esseri umani, di figli del Padre”.Sir