Toscana

Mecenatismo industriale, un sistema per fare cultura

di Lorenzo Maffei

In occasione della presentazione della nuova rivista, LuccaLiving, lei ha lanciato un’idea, nuova e per certi aspetti sorprendente…

«L’occasione l’ha offerta il lancio di un magazine, frutto della creatività e dell’intelligenza di un gruppo di donne, imprenditrici come me, che hanno a cuore non solo la professione ma anche tutto ciò che la professione può generare… soprattutto quando le donne sanno e vogliono lavorare insieme. L’idea la presento con un termine che ha bisogno di un po’ di spiegazione: “mecenatismo industriale” o con una parola ancora più tecnica “marketing culturale industriale”».

Di cosa si tratta? E come è nata questa idea?

«Un dato di fatto ci dice che in Europa il numero di imprese che investono in cultura aumenta progressivamente, anche se il quadro economico odierno risulta sempre più competitivo e scoraggia l’impulso che possono dare le aziende ad una seria e forte attività di promozione culturale. Il mio sogno sarebbe promuovere e creare un circuito che si può chiamare “Sistema-Impresa-Cultura”. Un circuito che parte dall’iniziativa di un’azienda e si fa promotore non tanto del finanziamento ad esempio di un’opera d’arte (sia creata ex-novo o del suo restauro) quanto della identificazione, dell’accompagnamento e del sostegno a forze creative che la grande promozione culturale non riesce a coprire».

In concreto…

«In concreto parto da un esempio. A livello industriale tutti conosciamo una sorta di mecenatismo sportivo – da non confondere con la sponsorizzazione di squadre agonistiche – che coincide con l’organizzazione di gare di ciclismo o calcetto che interessano i dipendenti o la popolazione del territorio intorno all’industria. Questo sostegno e aiuto (il mecenatismo) a mio parere potrebbe rivolgersi anche e soprattutto a nuove forme di coinvolgimento e partecipazione che abbiano un interesse culturale in senso ampio. Penso ad una sorta di “open space”, dove promuovere mostre, concorsi fotografici, rassegne di pittura, oppure la ricognizione e la cura di un piccolo bene culturale locale, architettonico, ambientale… da “adottare” e tutelare, che coinvolga direttamente i nostri dipendenti, e quindi anche tutto il giro di relazioni che li circonda: i familiari, gli amici, gli appartenenti alla comunità o al quartiere, pensando, e forse noi non lo sappiamo, che essi possono avere mille doti e risorse, artistiche e creative».

Una nuova presenza sul territorio e nelle relazioni da parte del mondo degli industriali…

«Ritengo che questo investimento “in cultura”, magari pensato e animato a livello Regionale, Provinciale, comunque attraverso le Associazioni Territoriali con il coinvolgimento di altri soggetti da definire, passerebbe da “magnifico lusso“ per pochi imprenditori illuminati ad una vera e propria strategica leva premiante, permettendo l’accesso anche a quelle piccole e medie imprese, fornendo tra l’altro – e qui ragiono da industriale – la possibilità di un ritorno di immagine non indifferente per chi vi partecipa».

Sarà solo questa la ricaduta che può avere questa idea innovativa?

«No, tutto questo porterà contributi in valore umano alle nostre imprese ma anche alle nostre città e comunità. Penso a Lucca, riconosco che questa città ha un tessuto connettivo dove possiamo lavorare, attraverso la nostra Associazione fatta da imprenditori sani e recettivi ma anche allargando l’ambito delle collaborazioni e del confronto. Possiamo dimostrare che investire in cultura significa “investire nell’utile” benché al momento intangibile e significa anche generare strumenti di creazione di valore. Tutto ciò porterà alla crescita di nuove competenze, di un nuovo clima aziendale, che può migliorare il clima nelle relazioni umane nel territorio».

In Toscana una grandissima parte del patrimonio culturale artistico è legata alla storia delle Comunità dei cristiani: migliaia di parrocchie, presenti capillarmente sul territorio, detengono non solo una gran parte di questi beni culturali, ma sono impegnate nella loro conservazione e nella custodia. In questo progetto ci può essere spazio anche per queste realtà?

«Un elemento portante del progetto è la connessione e la tessitura di relazioni tra una azienda, il territorio circostante (urbano o rurale non fa differenza) e la gente che in qualche modo è coinvolgibile. Con questa premessa mi pare che le realtà suggerite abbiano buone possibilità di essere parte di questa “idea”, con percorsi e referenti da identificare. Possiamo contare con certezza fin da subito sul fatto che la gente stessa ha consapevolezza di appartenere ad un territorio ricco di risorse artistiche e culturali di ogni genere e che, alla fine, la tenuta e la salvaguardia di questo patrimonio, che è eredità per le generazioni future, passa attraverso una custodia diffusa ed una cura permanente che solo la popolazione di una porzione di questa nostra terra di Toscana sa assumersi».

La schedaJolanda Zambon (nella foto) da quattro anni è Presidente di Metaform Lucchese SpA azienda da oltre sessanta anni leader a livello internazionale nel settore arredo bagno. Oggi è vice Presidente dell’Associazione Industriali di Lucca e delegata regionale. È stata Presidente del Coordinamento dell’Imprenditoria Femminile dell’Associazione Industriali a livello nazionale. Le figlie e l’Azienda sono la sua vita, l’Associazione Industriali possiamo definirla la sua passione «se così non fosse stato difficilmente il mondo associativo lucchese avrebbe aperto le porte del Palazzo ad una donna consentendole anche cariche direttive di vertice, così come da tempo le ricopro anche a livello nazionale» ci dice con orgoglio l’imprenditrice Zambon che spesso ama citare una frase di Einstein (fu un titolo di un tema in IV liceo, ci confessa): «La prima libertà dell’uomo è la cultura».