Cultura & Società

Meeting di Rimini, non ideologie ma persone

di Marco Lapi

«I  volontari continuano a essere il fenomeno che più colpisce chiunque arrivi per la prima volta al Meeting, compresi i grandi ospiti. Anche Tony Blair, ad esempio, ne è rimasto colpito, così come altri ospiti stranieri. È qualcosa che continua a lasciare stupiti tutti». Chi parla così è uno di quei 4000, che per venire a Rimini ha preso le ferie. Ma non uno qualsiasi. Per la seconda volta dopo il debutto del 2007, infatti, il giornalista pratese Marco Bardazzi ha guidato l’ufficio stampa del Meeting con il ruolo di portavoce. Lo scorso anno dovette dare forfait perché impegnato a seguire la campagna elettorale americana, ultimo grande evento del suo quasi decennale impegno come corrispondente dell’Agenzia Ansa negli Stati Uniti, da poco concluso. E prima di rientrare al lavoro nel suo nuovo ufficio romano, accetta volentieri di tracciare per noi un bilancio di questa edizione, la trentesima, appena conclusa.

Marco, si può parlare di un Meeting ancora in crescita rispetto a quello del 2008…

«Sì, anche come presenze, perché lo scorso anno la stima era di oltre 700 mila e ora si parla di quasi 800 mila. Tra l’altro, ci sono molte più persone che decidono di fare parte delle vacanze al Meeting, magari con l’intera famiglia: presenze di più giorni, non solo una toccata e fuga».

E ha indubbiamente colpito anche il fatto che, in quest’estate di fuochi incrociati, il Meeting si sia ancor più distinto come un’isola di dialogo e confronto reale, non di scontro.

«Certo: mentre tutto il Paese si divideva in una serie di dibattiti spesso anche ideologici, al Meeting si è continuato a vedere la capacità di stare di fronte a tutta una serie di temi molto concreti, proprio perché la conoscenza come l’abbiamo messa a tema quest’anno – la conoscenza come avvenimento – ha confermato anche a Rimini di non essere qualcosa che si smuove di fronte a discorsi, teorie o ideologie, ma soltanto di fronte a incontri con persone ed esperienze reali, esperienze reali. Quindi, anche dal punto di vista dell’incontro con i politici, piuttosto che il tentativo di incasellare il Meeting in una posizione predefinita vince il confronto su temi concreti. “Ma voi siete con la Lega o con i vescovi?” è una domanda che, per esempio, mi hanno ripetuto varie volte in questi giorni. Ma il Meeting non ha il problema di stare con la Lega o con i vescovi, ha l’interesse a capire più a fondo tutto il fenomeno dell’immigrazione. Non ha il problema di doversi sempre schierare per rispondere a categorie che vengono decise altrove, ha il fascino invece di confrontarsi continuamente con esperienze e testimonianze di chi viene lì, di qualsiasi schieramento sia».

A questo proposito, mi sembra si sia assistito anche a un rilancio dell’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà, di cui fa parte tra l’altro anche Bersani...

«L’Intergruppo per la sussidiarietà è un classico esempio di come si possa far politica al di fuori degli schieramenti, ed è assolutamente affascinante il fatto che vada avanti da sei anni nonostante le accresciute tensioni tra maggioranza e opposizione, a prescindere da chi fosse al governo. Ovviamente quest’anno c’era un’interesse particolare perché tra i fondatori dell’intergruppo c’è anche uno dei candidati alla guida del Pd: ma questo è solo un valore aggiunto».

Ma a parte gli incontri politici, quali sono quelli che hanno maggiormente segnato questa edizione?

«Sono stati certo altri, perché gli incontri politici in realtà non hanno segnato questa edizione così come non hanno segnato le altre. Ci sono state testimonianze nuove e riscoperte di personaggi che sono i veri protagonisti del Meeting. Amparito dell’Ecuador, una ragazza che ha fatto una testimonianza che ha colpito moltissimo, o i coniugi Zerbini dal Brasile, che come padre Aldo, missionario in Paraguay, e le ugandesi Rose e Vicky erano presenti anche lo scorso anno. Così come sono stati protagonisti assoluti i ragazzi del Rione Sanità di Napoli e i carcerati di Padova, anche incrociandosi alcune volte, perché ci sono stati dei momenti in cui la pasticceria di Padova si trasferiva dentro il caffè del Rione Sanità e facevano le cose insieme. Ma poi direi che l’incontro con Tony Blair è stato senz’altro un evento centrale del Meeting di quest’anno, anche perché è andato davvero oltre le attese per proporre un Blair che si è aperto personalmente nello spiegare che cosa significa veramente mettere la propria persona al servizio della vita pubblica in una certa maniera. E ci sono stati anche altri momenti rilevanti, come gli incontri con i giuristi americani o con gli scienziati, che hanno aiutato moltissimo a capire il significato del Meeting di quest’anno, la conoscenza come avvenimento. E infine, senza dubbio, i due incontri più affollati e più mirati al popolo del Meeting quelli con Carmine Di Martino e con don Julián Carrón».

Sui giornali ha trovato molto spazio il concerto di Enzo Jannacci…

«Sì, la sua performance e le interviste che ha dato hanno lasciato il segno, ma c’è stata anche la serata con Morricone, la messa in scena del “Miguel Mañara”, il concerto di David Horowitz con le canzoni di Claudio Chieffo rivisitate in chiave americana e inoltre, il venerdì sera, la festa di compleanno di Andreotti. Ma se vogliamo finire la carrellata, occorre ricordare anche l’apertura del Meeting con i capi di stato africani insieme a Frattini, un momento di altissimo livello internazionale che ha segnato probabilmente l’inizio di un qualcosa di nuovo, perché è stato deciso che d’ora in poi al Meeting ogni anno ci sarà una sorta di momento per l’Africa di questo livello».

Grande folla, come sempre, anche alle mostre, soprattutto a quella sulle «reducciones» del Paraguay…

«La mostra del Paraguay – scenograficamente molto attraente – e quelle del Rione Sanità, su Galileo e su Sant’Agostino sono state forse le quattro più viste tra le otto principali. Ma tra le altre ce ne sono state alcune bellissime e molto seguite, come quella sulle formelle del Campanile di Giotto proposta da Mariella Carlotti nel padiglione della CdO, come richiamo al lavoro e al suo senso. Tra l’altro, i cataloghi delle mostre sono stati i libri più venduti alla libreria del Meeting e anche da questo si vede il loro successo. Oltretutto buona parte delle mostre restano a disposizione per essere riallestite altrove, come ad esempio, tanto per restare in Toscana, quella sugli affreschi della Cappella Brancacci».

Cuore, Natura e desiderio per l’edizione del 2010

Per il Meeting del prossimo anno, come al solito, c’è già il titolo, tratto come altre volte da una frase di don Giussani, pronunciata in risposta alla domanda di una studentessa e riportata in uno dei suoi libri: «Quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore». Il resto è ovviamente tutto da costruire, a partire da qualche nodo logistico da sciogliere. «Abbiamo avuto – dice infatti Marco Bardazzi – un paio di problemi grossi che non nascondiamo. Il primo riguarda gli spazi, perché le sale sono sempre state strapiene e abbiamo dovuto sopperire cercando di collegare vari schermi in varie aree. Di fatto, anche la fiera nuova per questi numeri comincia ad avere un po’ di difficoltà. L’altro problema è stato quello dell’aria condizionata, perché la fiera con gli impianti di adesso non ce la fa a reggere quando fa caldo così».«Per quanto riguarda il titolo dell’anno prossimo – conclude il portavoce – sottolineerei solo il fatto che come sempre vuol essere una grande provocazione in questo momento storico. Mettendo a tema natura, desiderio e cuore, credo che questa frase di Giussani andrà a pungere su una marea di temi della vita quotidiana, estremamente interessanti».