Italia

MONS. CROCIATA: IN POLITICA PRESENZA DEI CATTOLICI È UNA SCOMMESSA

“La presenza dei cattolici nei vari partiti è una scommessa e una chance affinché la politica prenda la piega di un concorso costruttivo e non lacerante, alla ricerca del bene comune e non solo di quello di una parte”. Lo ha detto mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, nell’intervento tenuto oggi presso la Camera dei Deputati, in occasione del Convegno “Cattolici e cattolici a confronto”. Soffermandosi sulla necessità di avviare “una riflessione sul confronto da politici cattolici militanti in diversi schieramenti”, mons. Crociata ha affermato che “la sfida più grande è non farsi fagocitare dalle logiche conflittuali interpartitiche, ma far agire la logica del confronto costruttivo”. “L’interesse di parte – ha ammonito il segretario generale della Cei – non può oscurare la visione e la ricerca del bene generale: di questo i cattolici in politica devono sentire la primigenia e irriducibile responsabilità, come testimonianza di fede e di una appartenenza ancora più originaria e discriminante”. In questa prospettiva, per la Cei “le diverse rappresentazioni del bene generale e la ricerca di tutti per un qualche interesse di parte devono trovare una forma di composizione che non cancelli le differenze, ma evolva verso la visione di un bene più grande in cui sia possibile riconoscere l’apporto di ciascuno senza penalizzare il bene di tutti”. “La cosa più triste – ha sottolineato mons. Crociata – sarebbe vedere cattolici per i quali è maggiore la forza conflittuale dell’appartenenza partitica piuttosto che la capacità di dialogo”. Oggi, invece, “c’è bisogno di trovare forme e percorsi di trasformazione della politica”, attraverso “la volontà e lo spirito di iniziativa e di inventiva nel fare spazio a giovani che possano apprendere sul campo un modo costruttivo di operare in politica, partendo dall’alleanza con altri credenti e fecondando le dinamiche partitiche di lungimiranza e di progettualità in vista della realizzazione crescente del bene di tutti”. Chi si impegna in politica da cattolico, per mons. Crociata deve tener presente “il carattere contingente della scelta politica di schieramento”, il fatto cioè che “nessuna scelta politica può tradurre compiutamente la visione cristiana e farlo in una forma sociale definita perfettamente corrispondente ad essa”. Nella scelta politica, quindi, “entra in gioco il discernimento personale e di gruppo nell’esercizio concreto della responsabilità vocazionale in ambito socio-politico alle determinate condizioni di tempo e di luogo. Ma la comunità ecclesiale – ha puntualizzato il vescovo – non ha il compito di assumere un impegno politico diretto o di dare indicazioni circa il progetto politico di volta in volta e di luogo in luogo da realizzare”. “La stessa scelta di esprimere l’impegno dei cattolici in una qualche forma di unità politica o in una pluralità di formazioni partitiche o simili – ha precisato mons. Crociata – ha un carattere discrezionale”. Da parte loro, i vescovi italiani si aspettano che “ogni scelta sia dettata da un discernimento che abbia una continuità e una coerenza con quella visione d’insieme che l’insegnamento sociale della Chiesa prepara e rende possibile”. “Contingente” non vuol dire, infatti, per la Cei “privo di riferimento con i principi della dottrina sociale che indirizza l’approccio e l’impegno dei credenti, qualunque sia la forma politica in cui questi si trovino a operare”. E’ in questo ambito, secondo mons. Crociata, che “si inserisce l’istanza imprescindibile del dialogo”, il cui orizzonte “più immediato” è “quello politico in senso tecnico, che si consuma tra le sedi dei partiti e le aule parlamentari”. C’è poi il livello del dibattito pubblico, dove “l’opinione pubblica, ma anche l’ambito sociale intellettuale in senso lato umanistico, tecnico, scientifico, comunicativo e artistico, sono il luogo di un confronto in cui non soltanto si guadagna consenso, ma si costruiscono correnti di opinione e si fanno fermentare temi e progetti di vita sociale”. Infine, il “livello più interno” in cui il politico cattolico “si confronta all’interno della comunità ecclesiale”.“Ciò che unisce i credenti tra di loro è più importante e maggiore rispetto alle differenze determinate dalla realtà sociale e politica”, ha affermato mons. Crociata, secondo il quale “il compito decisivo e assolutamente prioritario di ogni credente è coltivare la propria fede e curare la sua espressione e coerenza in tutti gli ambiti dell’esistenza, primi fra tutti quelli in cui si esplica la dimensione vocazionale della sua identità personale”. Un “impegno”, questo, che “trova espressione nell’ascolto della Parola, nella preghiera, nella vita sacramentale, e poi nello sforzo di tradurre negli ambiti della vita sociale le esigenze della vocazione cristiana con coerenza di giudizio, di atteggiamenti, di scelte e di comportamenti”. “Qui sta il primo e fondamentale sostegno che anche un credente impegnato nella vita pubblica può ricevere e si deve attendere dalla comunità ecclesiale a cui appartiene”, ha proseguito il vescovo, che ha puntualizzato come “non è spiritualismo o intimismo, e tanto meno devozionismo, rinviare alla dimensione ordinaria della vita della Chiesa come costitutiva anche di un impegno in politica da credenti”. Tutto ciò, “senza equivoci integralistici, bensì mantenendo lo statuto secolare autonomo delle realtà terrene, per riprendere una categoria di epoca conciliare”. “La dottrina sociale della Chiesa oggi costituisce un punto di riferimento imprescindibile, sia sul piano personale che su quello pubblico e istituzionale”, una “piattaforma” condivisibile “da tutti sulla base della ragione e del retto giudizio”, che “deve costituire la base di un comune sentire e agire da parte dei credenti, in particolare dei cattolici impegnati in politica e nelle pubbliche istituzioni”. Ne è convinto mons. Crociata, che ha ricordato come “la peculiarità della dottrina sociale della Chiesa corrisponde al carattere contingente di molteplici aspetti della realtà sociale, nella quale pure sono implicati aspetti intangibili della persona umana e della sua vita, la cui integrità rischia di essere irreversibilmente compromessa quando si tenda a manipolare la vita nel suo sorgere e nel suo declinare, a disconoscere e alterare la figura naturale di famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, a comprimere la libertà religiosa e la libertà di educazione; e rischia di essere gravemente ostacolata quando vengano garantite le esigenze fondamentali per una vita dignitosa mediante il lavoro, la casa, la tutela della salute”. In sintesi, “la dottrina sociale della Chiesa costituisce una forma di mediazione culturale condivisa che accomuna in un unico fondamentale sentire e pensare quanti rivestono responsabilità pubbliche in qualsiasi sede le esercitino”.Sir