Vita Chiesa

Natale, card. Betori: mancanza di lavoro e povertà sintomi di una società che ha dimenticato l’umano

L’Arcivescovo si è soffermato soprattutto su due problemi che assillano la società: la mancanza di lavoro e la povertà, come conseguenze di una società in cui si assiste «al progressivo sgretolarsi dell’identità dell’umano, aggredito da molte parti nella dignità della persona e dei suoi diritti inalienabili, nella saldezza dei vincoli familiari fondati sul matrimonio di un uomo e di una donna, nella ricerca del bene comune per l’edificazione di una società giusta, nella costruzione di un’economia che metta al centro la persona, nella cura dei più deboli e fragili perché nessuno diventi vittima della logica dello scarto, di fronte a tutto ciò sia offerto agli uomini e alle donne di oggi un orientamento sicuro per ripensare se stessi e la convivenza civile».

«Il volto dell’uomo – ha sottolineato l’Arcivescovo – riceve i suoi caratteri decisivi dalla luce che su di esso proietta l’umanità di Cristo, per cui non può esserci progetto umano se non a partire dalla contemplazione del volto del Bambino di Betlemme, del Maestro di Nazaret che percorre le strade della Palestina, dell’Uomo dei dolori crocifisso sul Golgota, del Signore risorto che invia i suoi discepoli a essere testimoni di lui nel mondo. Per questo la Chiesa italiana invita in questo nostro tempo a scoprire “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”, come recita il titolo del Convegno ecclesiale nazionale, che nel prossimo mese di novembre avrà luogo nella nostra città».

La mancanza di lavoro, per il Cardinale, è conseguenza «della deriva a cui è stata condotta la nostra società a causa di una concezione dell’economia legata al prevalere della dimensione finanziaria. Quando l’accumulo del denaro diventa fine a se stesso; anzi, quando si pensa che il denaro possa essere frutto del denaro stesso e non del produrre beni e dello scambiarli, chi ne soffre sono soprattutto quegli imprenditori e quei lavoratori che credono ancora che solo intraprendere, essere creativi e lavorare siano alla base della crescita e dello sviluppo di un popolo». Invece «la promozione del lavoro e la salvaguardia dei lavoratori e delle prospettive di lavoro per i giovani sono elementi essenziali di una società che voglia dirsi giusta e voglia ridurre la diffusione della povertà».

La seconda riflessione si è incentrata sulla povertà. «I poveri – ha detto – non possono essere soltanto destinatari di gesti pur lodevoli e necessari di soccorso e solidarietà. Se ne ha ampia testimonianza in questi giorni natalizi e dobbiamo rallegraci che l’anima generosa della nostra città non si sia spenta, pur in tempi di crisi. Ma tutto questo non basta, non incide sulle radici della piaga della povertà, sempre crescente. Occorrono interventi organici, specialmente in tema di offerta di un tetto, ma anche di reinserimento in processi di valorizzazione delle persone e di utilità sociale. (…)Fin quando i poveri sono considerati solo come destinatari di beneficenza, restano sempre e soltanto un peso sociale. C’è bisogno di ripensare l’approccio alle povertà in termini di recupero della dimensione umana e valoriale delle persone e delle famiglie che ora sono ai margini della società».