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Norvegia, la violenza non ha fedi

Un memoriale di 1500 pagine, intitolato “2083 Dichiarazione d’indipendenza europea”. Il documento – pubblicato on line – è stato scritto da Anders Behring Breivik, l’uomo arrestato per la strage di Utoya e per l’esplosione al centro di Oslo. Fregiata di simboli celtici e richiami alla storia dei cavalieri templari, dalla ricerca del sacro Graal alla croce di Gerusalemme, il testo è una vera e propria dichiarazione di guerra preventiva contro “tutte le elite marxiste e multiculturaliste dell’Europa occidentale”. Ne parliamo con Riccardo Burigana, direttore del Centro per l’ecumenismo in Italia istituito presso l’Istituto di studi ecumenici di Venezia.

La follia terroristica si è rivestita a Oslo di una matrice cristiana. Come rispondere a questa provocazione?

«Di fronte a quanto si è letto in questi giorni sulle dichiarazioni di Breivik il primo sentimento è l’orrore per la gratuità della violenza e per la povertà spirituale che sta dietro alle sue parole; nessuno può richiamarsi a una cultura e a una religione per giustificare una violenza, sempre ingiustificabile, tanto più quando provoca la morte di tanti uomini e donne inermi, colpevoli di aver scelto una vita fatta di riflessione e di impegno. Di fronte a questo orrore i cristiani devono ribadire, con fermezza e con chiarezza, quanto il cristianesimo non sia solo estraneo a qualunque atto di violenza, di discriminazione, di ingiustizia, ma sia anche portavoce di valori con i quali costruire, insieme a tutti gli uomini e alle donne di buona volontà, un futuro di dialogo, di pace, nel rispetto di quei valori umani che sono alla base della condivisione delle gioie e delle speranze del mondo. Si tratta di una testimonianza quotidiana, che ha assunto una dimensione sempre più ecumenica, negli ultimi anni, poiché i cristiani hanno scoperto quanto sia efficace il testimoniare, tutti insieme, la comune volontà di costruire un mondo diverso dal passato e dal presente, in una prospettiva di riconciliazione delle memorie, che aiuti a conoscere le dinamiche del passato senza rimanervi imprigionati. L’avvicinarsi dell’anniversario del 50° anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II può essere un’occasione preziosa per proseguire l’approfondimento delle ricchezze teologiche, pastorali e spirituali del Vaticano II per vivere l’annuncio dell’evangelo, chiamato a confrontarsi con una società sempre più multiculturale e multi religiosa».

 

Può la violenza rivestirsi di una matrice religiosa?

«Negli ultimi tempi si sono moltiplicate le occasioni nelle quali rappresentanti delle religioni hanno dichiarato pubblicamente come si debba rimuovere e condannare l’idea che la violenza possa essere ricondotta a una matrice religiosa; sono stati fatti passi importanti da questo punto di vista, grazie anche al movimento ecumenico, che ha saputo aprire strade e ponti tra cristiani e tra credenti di altre religioni là dove non esistevano per affermare la condanna delle religioni a ogni forma di violenza, pur nella consapevolezza che tanto e molto deve essere fatto per costruire una pace che sappia circoscrivere e rimuovere la violenza dal mondo. Si tratta di un cammino non facile, tenuto conto delle strumentalizzazioni che sono state fatte della religione, soprattutto in questi ultimi anni; di fronte a queste strumentalizzazioni, che alimentano pregiudizi e precomprensioni, pescando nella paura e nella preoccupazione dell’oggi, il dialogo per la conoscenza è lo stile di vita, indicato dalle Chiese e dalle comunità ecclesiali che hanno richiesto ai cristiani di farsi testimoni di questo stile di vita».

Quanto le idee di Breivik sono diffuse in Europa?

«Le Chiese e le comunità ecclesiali, separatamente, ma spesso ecumenicamente, hanno messo in guardia l’Europa da ogni forma di intolleranza e di violenza, denunciando un clima che si stava facendo sempre più pesante, non solo in Europa. Molte parole sono state dette e molti gesti sono stati compiuti in questi ultimi anni, con un appello pressante e ricorrente nei confronti degli ultimi che arrivano e che vivono in Europa, senza dimenticare le violenze contro la religione nel mondo: l’accoglienza dell’altro, il dialogo con l’altro, la conoscenza dell’altro sono tappe di un cammino, indicato dalle Chiese, sulle quali ampio è il consenso delle comunità religiose in Europa. In Europa i cristiani sono chiamati a testimoniare e a vivere questo cammino di accoglienza, di dialogo, di conoscenza dell’altro, per mostrare al mondo, come si possa sconfiggere l’intolleranza e la violenza, riscoprendo le anime dell’Europa, che può essere, per il domani del mondo, un esempio di unità della molteplicità delle diversità religiose e culturali, nel rispetto di quei valori umani che rendono ogni uomo e ogni donna veramente liberi dalla violenza, testimoni di giustizia, costruttori di pace».

a cura di Maria Chiara Biagioni