Vita Chiesa

Papa Francesco: Messa per i migranti, «sono prima di tutto persone, non solo questioni sociali»

«Gesù rivela ai suoi discepoli la necessità di un’opzione preferenziale per gli ultimi, i quali devono essere messi al primo posto nell’esercizio della carità». Lo ha spiegato il Papa, nell’omelia della Messa celebrata oggi nella basilica di San Pietro – alla presenza di 250 persone, tra migranti e operatori – in occasione del sesto anniversario della visita a Lampedusa, méta del suo primo viaggio pastorale. «Sono tante le povertà di oggi», ha ribadito il Papa citando San Giovanni Paolo II: «I poveri, nelle molteplici dimensioni della povertà, sono gli oppressi, gli emarginati, gli anziani, gli ammalati, i piccoli, quanti vengono considerati e trattati come ‘ultimi’ nella società». «Salvezza» e «liberazione», le due parole al centro dell’omelia, a partire dall’episodio biblico della scala di Giacobbe, che «in sogno, vede una scala che in basso poggia sulla terra e in alto raggiunge il cielo», simbolo del «collegamento tra il divino e l’umano, che si realizza storicamente nell’incarnazione di Cristo offerta amorosa di rivelazione e di salvezza da parte del Padre». La scala, per Francesco, «è allegoria dell’iniziativa divina che precede ogni movimento umano»: è «l’antitesi della torre di Babele, costruita dagli uomini che, con le proprie forze, volevano raggiungere il cielo per diventare Dèi». In questo caso, invece, è Dio che «scende»: «è il Signore che si rivela, è Dio che salva. E l’Emmanuele, il Dio-con-noi, realizza la promessa di mutua appartenenza tra il Signore e l’umanità, nel segno di un amore incarnato e misericordioso che dona la vita in abbondanza. Di fronte a questa rivelazione, Giacobbe compie un atto di affidamento al Signore, che si traduce in un impegno di riconoscimento e adorazione che segna un momento essenziale nella storia della salvezza». «Solo Dio salva», ha ricordato il Papa, ed è «questo totale ed estremo affidamento è ciò che accomuna il capo della sinagoga e la donna malata nel Vangelo», entrambi episodi di «liberazione dalla malattia e dalla morte». «Da una parte abbiamo la figlia di una delle autorità della città; dall’altra abbiamo una donna afflitta da una malattia che fa di lei una reietta, una emarginata, una persona impura», ha commentato il Pontefice: «Ma Gesù non fa distinzioni: la liberazione è elargita generosamente in entrambi i casi. Il bisogno pone entrambe, la donna e la fanciulla, tra gli ‘ultimi’» da amare e rialzare».

«In questo sesto anniversario della visita a Lampedusa, il mio pensiero va agli ‘ultimi’ che ogni giorno gridano al Signore, chiedendo di essere liberati dai mali che li affliggono». È la parte centrale dell’omelia del Papa. L’elenco di Francesco è ampio e dettagliato: «Sono gli ultimi ingannati e abbandonati a morire nel deserto; sono gli ultimi torturati, abusati e violentati nei campi di detenzione; sono gli ultimi che sfidano le onde di un mare impietoso; sono gli ultimi lasciati in campi di un’accoglienza troppo lunga per essere chiamata temporanea. Essi sono solo alcuni degli ultimi che Gesù ci chiede di amare e rialzare». «Purtroppo le periferie esistenziali delle nostre città sono densamente popolate di persone scartate, emarginate, oppresse, discriminate, abusate, sfruttate, abbandonate, povere e sofferenti», il grido d’allarme del Papa. «Nello spirito delle Beatitudini – l’appello – siamo chiamati a consolare le loro afflizioni e offrire loro misericordia; a saziare la loro fame e sete di giustizia; a far sentire loro la paternità premurosa di Dio; a indicare loro il cammino per il Regno dei Cieli».

«Sono persone, non si tratta solo di questioni sociali o migratorie!», ha esclamato il Papa, nella parte finale dell’omelia. «Non si tratta solo di migranti!», ha spiegato Francesco, nel duplice senso «che i migranti sono prima di tutto persone umane, e che oggi sono il simbolo di tutti gli scartati della società globalizzata». Poi il Santo Padre ha ripreso l’immagine della scala di Giacobbe, utilizzata all’inizio dell’omelia, per attualizzarla e farla diventare il simbolo dell’atteggiamento da assumere verso i migranti: «In Gesù Cristo il collegamento tra la terra e il Cielo è assicurato e accessibile a tutti. Ma salire i gradini di questa scala richiede impegno, fatica e grazia. I più deboli e vulnerabili devono essere aiutati». «Mi piace allora pensare che potremmo essere noi quegli angeli che salgono e scendono, prendendo sottobraccio i piccoli, gli zoppi, gli ammalati, gli esclusi», l’auspicio del Papa: «gli ultimi, che altrimenti resterebbero indietro e vedrebbero solo le miserie della terra, senza scorgere già da ora qualche bagliore di Cielo». «Si tratta di una grande responsabilità, dalla quale nessuno si può esimere se vogliamo portare a compimento la missione di salvezza e liberazione alla quale il Signore stesso ci ha chiamato a collaborare», l’ennesimo appello di Francesco, che poi si è rivolto direttamente ai 250 migranti e operatori presenti in basilica: «So che molti di voi, che sono arrivati solo qualche mese fa, stanno già aiutando i fratelli e le sorelle che sono giunti in tempi più recenti. Voglio ringraziarvi per questo bellissimo segno di umanità, gratitudine e solidarietà».