Lettere in redazione

Paritaria o statale, nella scuola c’è libertà

Nel discorso ai «Cristiani Riformisti» il presidente del Consiglio ha indossato le vesti del cattolico intransigente, come giorni prima aveva indossato la divisa, parlando ai carabinieri. Privo del senso di ridicolo, ha difeso la famiglia e invitato al bunga bunga. Ha inoltre attaccato la scuola pubblica come non garante della libertà.

Come docente di scuola pubblica sia parificata che statale e come esponente di un’associazione di docenti cattolici, sento il dovere di reagire. Sia nella paritaria che nella statale, ho respirato un clima di libertà. Mai le famiglie, neanche esse culturalmente e ideologicamente omogenee in ambedue i tipi di scuola, hanno eccepito sulla posizione ideologica degli insegnanti; nessuno di noi ha nascosto la propria identità, ma ha rispettato e anzi valorizzato le diversità sia tra colleghi che negli alunni. Ha ragione il presidente dell’associazione dei presidi, prof. Giorgio Rimbado, che ha definito «assurde» le accuse di fronte a un «pluralismo garantito». È vero che tra la fine degli anni 60 e i primi anni 70 gli scontri ideologici erano forti anche nella scuola, ma da decenni la problematica è diversa, come chiariscono gli «indirizzi pastorali» dei vescovi, attenti anch’essi alla scuola pubblica (statale e pareggiata): essa riguarda il rapporto tra preparazione disciplinare, tecnica e scientifica, e sviluppo della personalità dell’alunno nella sua ricerca di senso. Sono temi educativi su cui il presidente del consiglio non credo sia la persona oggettivamente più adatta a dare insegnamenti.

Giulio FabbriUciim-Pisa

Polemiche come quelle innescate dalla parole del premier alla convention dei «Cristiani riformisti» non servono a nessuno. A tutti – non solo ai cattolici – dovrebbe stare a cuore la sopravvivenza delle scuole paritarie, che svolgono un servizio sociale insostituibile, rendono effettivo il diritto alla libertà d’educazione e oltretutto fanno anche risparmiare tanti soldi allo Stato. Eppure il governo Berlusconi, con la Finanziaria 2011, aveva pensato di dimezzare i fondi per le paritarie, costringendone molte alla chiusura certa. Alla fine, dopo vibrate proteste, il taglio è stato «solo» del 2% ma con gravi incognite sui quei 245 milioni «reintegrati» (circa la metà del totale), perché legati ai proventi della vendita delle frequenze televisive e digitali. Ai cattolici, come a tutti gli italiani, preme anche la scuola statale, che in quattro anni ha subito tagli per 8 miliardi (456 milioni per il 2009, 1,6 miliardi per il 2010, 2,5 miliardi per il 2011, 3,1 miliardi per il 2012). Come ha precisato il presidente dei vescovi italiani, card. Angelo Bagnasco, «ci sta a cuore l’educazione integrale, anche attraverso la scuola, e in qualunque sede, statale o non statale, l’importante è che ci sia istruzione e formazione della persona che è scopo della scuola a tutti i livelli». Quanto alla polemica, davvero fuori luogo, sui professori «che vogliono inculcare principi contrari a quelli dei genitori» il card. Bagnasco ha giustamente osservato che «ci sono tantissimi insegnanti e operatori che… si dedicano al proprio lavoro con grande generosità, impegno e competenza, sia nella scuola statale che non statale».

Claudio Turrini