Vita Chiesa

Premierato e autonomia: Zuppi, “C’è preoccupazione”

Le risposte del presidente della Cei ai giornalisti in conferenza stampa

“Gli equilibri istituzionali vanno toccati sempre con molta attenzione”. È il monito del card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, rispondendo alle domande dei giornalisti, nel corso della conferenza stampa di chiusura dell’assemblea generale dei vescovi italiani, svoltasi in questi giorni in Vaticano. Un tema come quello del premierato – che “qualche vescovo ha ripreso, esprimendo preoccupazione” – secondo Zuppi va affrontato “con lo spirito della Costituzione: come qualcosa di non continente, che non sia di parte”. “È un discorso ancora aperto, vediamo come va la discussione”, ha osservato il presidente della Cei, ricordando che due anni fa il Consiglio episcopale permanente “ha indicato la legge elettorale come uno dei primi banchi di prova”.

“L’autonomia differenziata è un problema che riguarda tutto il Paese, e quindi la Chiesa italiana nel suo insieme”. A sottolinearlo è stato il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, rispondendo alle domande dei giornalisti durante la conferenza stampa di chiusura dell’assemblea generale dei vescovi italiani. “Domani – ha annunciato – uscirà in merito una dichiarazione del Consiglio episcopale permanente, frutto di una valutazione e di uno studio attento”. “C’è preoccupazione”, ha aggiunto il cardinale: “alcuni vescovi si sono già pronunciati, altri aspettano una posizione ufficiale”. Quella di domani, ha assicurato Zuppi, “sarà una dichiarazione molto chiara, difficilmente interpretabile”.

Sulle migrazioni, “mi stupisce che ancora qualcuno metta in discussione il principio di salvare le vite” ha detto il card. Zuppi. Citando gli 80 milioni di euro dell’otto per mille destinati allo sviluppo dei popoli, “che permettono ai migranti di non partire”, Zuppi ha affermato: “è gravissimo quando si mette in discussione il principio di salvare le vite: salvare la vita è salvare la vita”. Altra preoccupazione della Chiesa italiana, la povertà, che “tende a cronicizzarsi: molte famiglie non riescono ad arrivare alla fine del mese”, ha sottolineato il presidente della Cei citando gli ultimi dati Istat. “Da una parte c’è la povertà cronica, dall’altro l’impoverimento, che richiede uno sforzo ulteriore”, l’analisi di Zuppi, che ha indicato nel microcredito “uno dei modi con cui la Chiesa cerca di aiutare: l’otto per mille serve per questo”. A proposito deli ultimi dati dell’otto per mille, che lo vedono in calo per il 2024 dell’1.4%, Zuppi ha osservato che “c’è un cambiamento di modalità che ci preoccupa un po’, perché possono ridurre il numero di firme”.

“Le difficoltà che hanno i partiti ad essere un noi non può non preoccupare, perché vuol dire che i meccanismi di rappresentatività sono in crisi”. A lanciare il grido d’allarme è stato il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, rispondendo alle domande dei giornalisti durante la conferenza stampa di chiusura dell’assemblea generale dei vescovi italiani. “È una delle preoccupazioni di cu discuteremo durante la Settimana sociale di Trieste”, ha annunciato: “Non è possibile la cura comune per delega: non può non esserci un coinvolgimento personale, altrimenti qualcuno decide per te e si mina tutto l’organismo”. A proposito delle cosiddette “candidature civetta” alle prossime elezioni europee, Zuppi ha argomentato: “Da una parte si può contestarle dicendo che i candidati se verranno eletti non andranno mai a Bruxelles, dall’altra si potrebbe dire che i candidati ci mettono la faccia, come a voler dire ‘garantisco io’”. “Per fortuna nella Chiesa non c’è questo problema”, ha scherzato il presidente della Cei, osservando che su questo tema “la risposta si vedrà dagli elettori”. Sempre in merito all’imminente tornata elettorale, Zuppi ha citato la lettera scritta congiuntamente dalla Cei e dalla Comece e ha ribadito: “Siamo preoccupati, perché l’Europa rischia di dimenticare l’eredità straordinaria di chi ha combattuto per la libertà dal nazifascismo. L’auspicio è che la scelta sia per un futuro maggiore, e non minore, dell’Europa. In un tempo in cui ci si confronta della pandemia della guerra, l’augurio è che l’Europa si ricordi delle sue radici: perché non ci sia più guerra. Non una tregua, ma la pace, la capacità di risolvere i conflitti non con le armi”. “I conflitti finiscono quando impariamo a stare insieme”, ha concluso il presidente della Cei: “L’impegno per la pace è costitutivo, e quindi deve crescere per l’Europa”.