Italia

RAPPORTO ISTAT: ITALIA, CRESCE IL DIVARIO ECONOMICO CON L’EUROPA

È cresciuta meno degli altri Paesi europei l’economia italiana tra il 1997 e il 2007 (il Pil in termini reali è cresciuto dell’1,4% l’anno contro il 2,5 dell’Ue27). La crescita italiana si spiega soprattutto con l’aumento dell’occupazione; debole è stata la produttiva del lavoro, in alcuni anni addirittura negativa. La dimensione media delle imprese (poco meno di 4 addetti) è ancora la più bassa in Europa, ma è in aumento e converge con quella media Ue27, scesa, tra il 1999 e il 2005, da 6,8 a 6,5 addetti per impresa. Tra il 2001 e il 2006 le grandi imprese dell’industria mostrano maggiore propensione a trasferire attività all’estero (1 su 2); nella maggior parte dei casi il trasferimento riguarda l’attività principale o secondaria dell’imprese. Anche il trasferimento delle funzioni ausiliarie (vendita, amministrazione) è aumentato; ne risulta una diminuzione dei posti di lavoro in Italia, aumentano però quelli qualificati. Fra il 1997 e il 2006 per le imprese operanti nella gestione dei rifiuti cresce notevolmente il valore aggiunto e degli investimenti in rapporto al Pil (del 4 e del 12 l’anno rispettivamente). Sia per la gestione dei rifiuti che per i servizi idrici si è ridotta la presenza pubblica; gli investimenti privati sono passati dal 55,3 all’84,3.

Nel 2007 il mercato del lavoro in Italia presenta segnali di rallentamento; l’occupazione continua a crescere, con ritmo dimezzato rispetto al 2006; cresce nelle regioni settentrionali e centrali del Paese e per due terzi è dovuta alla forza di lavoro straniera. Il tasso di attività del 2007 è 62,5% (70,5% nell’Ue27). Le differenze territoriali e di genere sono sempre accentuate: 69,1% al Nord, 52,5 al Sud; 74,4ù gli uomini, 50,7% le donne. Continua a calare la disoccupazione; in Italia i disoccupati nel 2007 sono poco più di 1.500.000, circa un milione di meno rispetto a dieci anni prima, nell’Ue27 il rapporto tra chi cerca impiego e le forze di lavoro passa dal 9 % del 2004 al 7,1 del 2007. A partire dal 2003 nel nostro Paese il calo della disoccupazione si è associato alla rinuncia a cercare un’occupazione. Tra gli inattivi si distinguono due aree: una di coloro che non sono né interessati né disponibili a lavorare (casalinghe, studenti, ritirati dal lavoro) e una “zona grigia” composta da soggetti che si mostrano interessati a lavorare (quasi 3 milioni di persone nel 2007). Alla zona grigia appartengono le “forze di lavoro potenziali” (chi cerca lavoro ed è disponibile a lavorare ma non ha effettuato ricerca negli ultimi 30 giorni): oltre 1.200.000 individui nel 2007.

Si tratta soprattutto di residenti nelle regioni meridionali e individui con istruzione non superiore alla licenza media; i più giovani sono uomini, nelle classi di età più adulte prevalgono le donne. Oltre il 40% di loro non cerca attivamente occupazione perché scoraggiato sulle proprie possibilità di impiego. La ricerca di lavoro avviene per i canali informali: lo fa il 58,3% in Italia, rispetto al 58,3% della media Ue. Un terzo dei disoccupati ricorre ai Centri per l’impiego, ma tra il 2006 e il 2007 solo il 4,1% di chi vi si è rivolto ha trovato lavoro (95 mila persone), in prevalenza al Nord. Aumentano le professioni “della conoscenza” e diminuiscono quelle manuali, cresce la necessità di formazione continua, aumentano soprattutto le attività di autoformazione (un occupato su due nel 2006 lo ha fatto) mentre aumentano meno le attività di formazione strutturate (meno del 30% degli occupati le ha frequentate.

Sir