Opinioni & Commenti

«Repubblica» e Irc, un teorema fasullo

di Alberto Campoleoni

Lascia davvero sconcertati l’ultimo, virulento, attacco di “Repubblica” (mercoledì 24 ottobre) all’insegnamento della  religione cattolica e, più in generale, alla Chiesa.

Lascia sconcertati per diversi motivi. Anzitutto per la disinformazione promossa da quella che vorrebbe essere una “inchiesta” e dalla quale ci si aspetterebbe una serie di dati, documentati e documentabili e non invece una serie di (pre)giudizi. L’articolo di Curzio Maltese, infatti, altro non è che lo svolgimento mediocre di un teorema fasullo: quello per cui l’Irc sarebbe il catechismo della Chiesa pagato dallo Stato. Ora, a 23 anni dalla revisione dei Patti Lateranensi che ha innovato sostanzialmente la disciplina dell’insegnamento scolastico della religione cattolica in Italia, parlare ancora di ora “facoltativa” o, riferendosi agli stipendi dei docenti, di “finanziamento diretto” alla Chiesa, significa fare disinformazione e raccontare storie. Credo purtroppo, però, che ai personaggi laicisti, i quali per cercare autorevolezza citano cattolici – Maltese porta dalla sua parte Vittorio Messori, ad esempio – a poco importi sentirsi ripetere per l’ennesima volta che l’Irc è materia curricolare (vuol dire che il curricolo, cioè il percorso scolastico la deve prevedere), che non è catechismo né argomento da conventicola, ma si rivolge a tutti, cattolici e non, contribuendo al raggiungimento delle finalità della scuola pubblica, non della Chiesa. Importa poco, perché il teorema detto sopra è duro a morire e sopravvive a ogni evidenza contraria. Come quella, ad esempio, che l’Irc è impartito da docenti qualificati che rispondono alle regole scolastiche e che lo stipendio lo ricevono in proprio, usandolo probabilmente come tutti gli altri docenti della scuola per mantenere se stessi e le proprie famiglie (in gran parte sono laici gli insegnanti di religione in Italia).

Un altro motivo di sconcerto è quello che riguarda l’utilità di “inchieste”/attacchi come quello di Repubblica. A chi serve? Non ai lettori che chiedono dati e informazioni corrette: semplicemente queste informazioni e questi dati non ci sono. Non al dibattito culturale, che non può alimentarsi di semplificazioni banali su argomenti oggettivamente complessi. Non alla scuola, che già si dibatte in tante difficoltà e che viene investita, sui temi dell’Irc, da una ulteriore e in questo caso gratuita crisi di credibilità. Naturalmente è lecito – e direi opportuno, con i toni adeguati –  esprimere pareri diversi , magari contrari e motivati sull’attuale sistema. E per fortuna non mancano i coraggiosi che sfidano la “ferrea censura” ricordata da Curzio Maltese. Forse l’autorevole articolista non sa o non ricorda quali e quanti argomenti, negli anni e proprio all’interno del mondo cattolico e della Chiesa, sono stati sollevati sull’ora di religione, tutt’altro che un “dogma”. Ben venga il dibattito, dunque, ben venga la riflessione seria e onesta anche sulle modalità delle alternative all’Irc. Non è lecito, invece, confezionare un minestrone di argomenti confusi, velenosi e, questi sì, dogmatici, cercando di propinarlo agli italiani.

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