Fiesole

Riflessioni sul piano pastorale/2 Chiamati alla corresponsabilità

Uno degli aspetti sui quali il Piano pastorale per l’anno 2001/2 invitava particolarmente a riflettere è stato certamente l’impegno verso una piena e condivisa partecipazione alla vita ecclesiale da parte di tutto il popolo di Dio: è la dimensione della ministerialità, che si concretizza nel dinamismo dei vari organismi – Consiglio pastorale parrocchiale, Consiglio per gli affari economici, Commissioni diocesane, associazioni, movimenti ecc. – preposti a servizio proprio della comunione e della corresponsabilità. Le relazioni conclusive presentate al recente Convegno diocesano del 19 aprile insistono da vari punti di vista sul valore di questo impegno ecclesiale, così come sulla necessità di promuoverlo in tutti i modi possibili. «Tutte le parrocchie – si legge infatti in una di queste, con riferimento specifico agli organismi pastorali – stanno compiendo un cammino preciso di maturazione all’interno di questi organismi, che danno già di per sé la dimensione della corresponsabilità e della condivisione all’interno della comunità».In effetti, è ormai una constatazione diffusa il fatto che ogni parrocchia «non può più bastare a se stessa», e che la condivisione di iniziative, attività, ecc. permette un miglioramento della qualità di tali attività: ma per favorire la diffusione di questa collaborazione occorre soprattutto promuovere un diverso stile di dialogo e di comunione, che punti non tanto sul dovere di questa comunione, ma sul senso di appartenenza e di «familiarità» dettato dall’identità delle nostre scelte di vita cristiana. «Abbiamo convenuto di stabilire tra noi un clima nuovo – si legge ancora – considerando e vivendo gli incontri parrocchiali non come spazi per affermare il proprio punto di vista, ma come momenti per mettersi in ascolto, per mettersi a disposizione: un clima con un’anima più spirituale, caratterizzato fortemente dalla gioia di incontrarsi convocati da Cristo, per poter pregare e camminare insieme». In altre parole, la vera sfida di una corresponsabilità vissuta non sta tanto in una migliore e più perfetta organizzazione delle nostre iniziative, quanto in una rinnovata esperienza di fede, in un esercizio vissuto e concreto della nostra identità di cristiani.«Occorre vivere e far vivere di più questo livello ecclesiale – si legge in un altro passo tratto da una delle relazioni – in una necessaria osmosi tipica delle parti di un organismo vivo ed attivo». La metafora organica, cara già a san Paolo, può aiutarci a comprendere quali siano gli elementi essenziali e imprescindibili per cui, appunto, un organismo vivente funziona. Fra questi, richiamato a più riprese nelle varie relazioni, vi è certamente il rapporto delle singole parrocchie con il centro della Diocesi: un legame da coltivare e incrementare, poiché esso è la via attraverso la quale le singole comunità parrocchiali possono partecipare degli stimoli del cammino di fede della comunità diocesana. Si è addirittura auspicato che proprio la città di Fiesole possa divenire sempre più un luogo di accoglienza e di animazione per i gruppi, in modo da far percepire questa viva identità spirituale diocesana: «il centro della Diocesi non può più essere solo luogo di celebrazione liturgica, ma anche di annuncio e di comunione ecclesiale ai vari livelli».Ma sono soprattutto i Consigli pastorali a dover svolgere il servizio di mediazione tra le iniziative e le linee dettate dalla Diocesi e la vita ordinaria delle parrocchie. Una fisionomia esigente, dunque, che deve fare sempre più del Consiglio pastorale parrocchiale un «punto di riferimento nella comunità parrocchiale, riuscendo a incoraggiare e coordinare il più possibile le numerose attività che ogni parrocchia realizza». Occorre superare – si legge in un’altra relazione – l’idea «che il sacerdote è l’unico soggetto del servizio pastorale, per promuovere e formare i diversi “ministeri laicali” capaci di favorire la corresponsabile azione della comunità». E ancora, i Consigli pastorali parrocchiali, in quanto espressione della ministerialità ecclesiale, ma di una ministerialità esercitata nella comunione – l’unico stile che davvero ci caratterizza in quanto cristiani – possono davvero divenire, come si dice in una relazione con un’immagine assai efficace, «la porta aperta della parrocchia al proprio territorio, segno riconoscibile della comunità cristiana». E poiché per la vita ecclesiale è irrinunciabile questo rapporto con il territorio e soprattutto con tutti coloro che lo abitano – vicini e lontani –, è facile comprendere quanto sia urgente questa sfida, dalla quale dipende la stessa efficacia del nostro annuncio cristiano. I Consigli pastorali parrocchiali possono e devono divenire lo sguardo attento della Chiesa locale sulle persone a lei affidate, la mano tesa a tutte le difficoltà spirituali e materiali, la voce stessa di chi ha bisogno e, soprattutto, luogo di discernimento e di invocazione al Signore per il cammino che siamo chiamati a compiere, interpretando i segni dei tempi alla luce della fede e in comunione con la Chiesa.Si tratta di un percorso certamente ancora lungo, ma che ha già iniziato a dare i suoi frutti, tra i quali, senza dubbio, la vitalità manifestatasi durante lo stesso Convegno diocesano: da più parti, in effetti, è stato rivolto l’invito a proseguire la programmazione pastorale con il metodo già collaudato, stimolando proprio il confronto e la collaborazione interparrocchiale. Con una particolare sottolineatura, in vista della crescita della nostra identità di cristiani, aspetto irrinunciabile soprattutto oggi, in un tempo di forte omologazione culturale e di smarrimento spirituale: puntare, cioè, su «una vigorosa scelta “formativa” ed educativa dei cristiani, in particolare nuovi percorsi formativi per i giovani e le famiglie, ripensando insieme i cammini dell’iniziazione cristiana, un nuovo stile di vita ecclesiale che rivitalizzi le Parrocchie e le Unità pastorali come luoghi della comunione e della missione».Alessandro Andreini e Andrea Lombardi