Toscana

Ritorno a scuola, più dubbi che certezze: «Rispettare i distanziamenti sarà difficile»

Da un lato c’è il presidente del Consiglio che in conferenza stampa dice basta con le classi pollaio. Dall’altro lato ci sono molte scuole superiori che in questi giorni, in base alle assegnazioni di organico, si devono porre il problema di accorpare le classi e aumentare il numero di studenti nelle aule.Succede in diversi istituti, succede anche a una scuola rinomata come il liceo classico Galileo Galilei di Firenze. Dove la dirigente scolastica, Liliana Gilli (che è anche vicepresidente dell’associazione nazionale presidi) riconosce con sincerità: «al momento non ho molte certezze sul futuro».Partiamo dagli esami di maturità appena conclusi. Com’è andata?«Confesso che ero scettica, fare gli esami in presenza mi sembrava complicato e rischioso, con una pandemia in atto. Invece le misure di sanificazione e distanziamento si sono rivelate sostenibili e gli sforzi sono stati ripagati: ho visto studenti piangere di commozione nel tornare a scuola. Oggi dico che ne è valsa la pena».Viene da pensare che sia stato un peccato, invece, che gli altri studenti non abbiano potuto fare lo stesso…«È vero, ma un conto era far venire pochi studenti al giorno, riempire le classi sarebbe stata un’altra cosa. Sono state lodevoli le iniziative dei comuni in cui bambini e ragazzi sono stati invitati, dopo la fine della scuola, a ritrovarsi all’aperto, nei parchi o nei giardini, per salutarsi. Ma farlo dentro le scuole non avrebbe potuto consentire il rispetto di tutte quelle norme che ormai conosciamo. Durante gli esami, come domanda di cittadinanza e Costituzione, ad alcuni studenti ho chiesto di mettere a confronto il diritto alla salute con il diritto all’istruzione. Sa cosa mi ha risposto una ragazza? Che il diritto alla salute viene prima perché se muoio non mi posso istruire».Come valuta l’anno scolastico appena concluso?«La didattica a distanza ha mostrato i suoi pregi e i suoi limiti. Soprattutto ha messo in evidenza in maniera drammatica le disuguaglianze sociali e culturali delle famiglie. La nostra è una scuola di ragazzi studiosi e volenterosi ma ci sono state sicuramente situazioni più critiche, in cui i ragazzi si sono persi per strada. Situazioni di emarginazione, famiglie straniere: chi ha meno possibilità è stato ancora più danneggiato. La scuola dovrebbe essere inclusione, e così non lo è stata. Penso anche che chi ha risentito di più siano stati gli alunni che iniziavano un nuovo ciclo scolastico, gli alunni delle prime».Perché?«Perché i primi mesi servono per acquisire un ritmo di studio, per assorbire l’identità della scuola. Quando avevano iniziato a ingranare, si sono ritrovati a casa».Tornare sui banchi a settembre quindi è una priorità?«È la speranza di tutti. Ci sono le esigenze delle famiglie, soprattutto per i bambini della scuola primaria, ci sono le esigenze del diritto allo studio. Faremo il possibile per mettere in atto le linee guida. Passare dalle parole alla pratica però non è facile, e le promesse rischiano di restare tali se non ci sono le condizioni. Quando si parla di miliardi stanziati, ad esempio, bisogna vedere quanto arriva alle singole scuole e cosa riusciamo a farci. Le norme da rispettare sono rigide, ai dirigenti scolastici è data una responsabilità enorme. È normale, è il nostro lavoro ma dobbiamo fare i conti con la realtà».E la realtà al momento è di avere più alunni per classe il prossimo anno.«Capisco l’ufficio scolastico regionale che sta facendo il suo lavoro come gli anni passati, andando nella direzione di una razionalizzazione delle risorse: ogni classe in meno è un grande risparmio. Se non c’è l’indicazione di un cambio di rotta, e per ora non c’è stata, la tendenza è quella. E io come dirigente, come donna dello Stato, mi adeguo e cerco di mettere in pratica al meglio ciò che mi viene chiesto».Rispettare i distanziamenti però sarà difficile?«Purtroppo bisogna anche tenere presente che le nostre scuole non sono nate come scuole, sono edifici costruiti con altri scopi e hanno spazi che non si possono modificare facilmente. Al Galileo ad esempio abbiamo vincoli della sovrintendenza, non posso certo buttare giù muri per allargare le aule. La Città metropolitana di Firenze ha fatto molti interventi, ma i problemi restano. Al momento, come le ho detto, ho più dubbi che certezze».Intanto, in attesa di capire cosa succederà a settembre, che augurio fa agli studenti?«Di essere consapevoli che vale sempre la pena studiare, imparare: anche se la scuola cambia quello che conta è la loro voglia di crescere, la loro tenacia».