Far finta di essere veri: «BETTY LOVE»

DI FRANCESCO MININNIC’è qualcosa di profondamente sbagliato nel cinema di oggi: il successo. Se Renée Zellweger non avesse pescato il jolly de «Il diario di Bridget Jones», facendo sognare tutte le romantiche single del mondo con una materia che non è esattamente il massimo dei sogni, oggi non vedremmo un film intelligente e, nonostante il divertimento, molto triste come «Betty Love», pronto alla distribuzione da quasi due anni e ritenuto evidentemente poco commerciale. Il punto è: fatecelo vedere, poi decideremo noi se è commerciale o meno. Decideremo noi se fare il tifo per i simpatici vaneggiamenti sessual-esistenziali di Bridget o per la tenerissima fuga dalla realtà di Betty.

Betty è una cameriera che, in assenza di stimoli autentici nella realtà quotidiana, si è innamorata del dottor Ravell, protagonista di «Le ragioni del cuore», uno sceneggiato-fiume alla maniera di «E.R.». Così, quando due balordi di colore le uccidono il marito per una questione di droga, lei non si scompone: eretta una solidissima barriera di finzione, rimuove la morte del marito e parte per Los Angeles alla ricerca di quello che lei chiama il suo ex-fidanzato, ovverosia il dottor Ravell. Come e perchè lo trovi, lo conosca ed entri a far parte del cast della telenovela, non sta a noi raccontarlo.

Neil LaBute non ci aveva particolarmente impressionati con i suoi film precedenti: il cattivo, ma prevedibile, «Nella società degli uomini» e il corale, ma troppo sitcom, «Amici e vicini». In «Nurse Betty», invece, coglie nel segno: c’è cattiveria, coralità, sitcom e satira, ma c’è anche un personaggio vincente che non strafà, non pretende e non insegna. Betty vuole soltanto essere amata a costo di passare per pazza agli occhi del mondo. La sua confusione tra realtà e finzione, pertanto, è più tenera che traumatica, senza la pretesa di salire in cattedra e insegnare alle casalinghe teledipendenti come si fa a guardare la televisione. Betty è una vittima del «progresso»: ma in primo luogo non sa di essere una vittima e in secondo luogo, sapendolo, ne sarebbe quasi contenta. È qui che interviene LaBute con il suo spirito caustico: quando vediamo Betty sul teleschermo in una parte da infermiera dovremmo gioire e invece ne siamo rattristati. Perchè anche Betty ha perso la sua naturalità, ha capito le regole del gioco e gioca esattamente come tutti gli altri: finge sapendo di fingere.

Intorno a Renée Zellweger, che ha accenti di straordinaria sincerità, si muove un cast di tutto rispetto: Morgan Freeman, il killer dal cuore tenero, Greg Kinnear, l’odioso divo della TV, e Pruitt Taylor Vince, uno sceriffo comprensivo. E per una volta, pur rammaricandoci per una indefinibile sensazione di «incompiuta», si torna a casa con la certezza di non essere stati presi in giro. Come invece accadeva dopo aver visto «Il diario di Bridget Jones».

BETTY LOVE di Neil LaBute. Con R. Zellweger, M. Freeman, G. Kinnear

Il sito ufficiale del film (in italiano)