Italia

Settimane sociali, la passione per un impegno

Dal 18 al 21 ottobre, si terrà a Pistoia e Pisa la 45ª Settimana Sociale dei cattolici italiani, dedicata al tema «Il bene comune oggi: un impegno che viene da lontano». L’appuntamento assume un particolare significato in quanto quest’anno ricorrono i cento anni dalla prima «Settimana», indetta nel 1907 proprio a Pistoia. Sul ruolo della dottrina sociale della Chiesa oggi il «Sir» ha posto alcune domande allo storico Giorgio Campanini, docente di dottrine politiche in varie università e uno fra i più qualificati studiosi del pensiero politico cattolico dell’Ottocento e Novecento. Campanini ha dato alle stampe nei giorni scorsi La dottrina sociale della Chiesa. Le acquisizioni e le nuove sfide (Dehoniane, Bologna 2007).

In un’epoca di «relativismo etico», si può dire che la dottrina sociale della Chiesa manifesti «stabilità» valoriale e capacità di incidere sul pensiero di oggi?

«Il relativismo etico è una ricorrente tentazione dell’Occidente non al punto, tuttavia, di rimuovere dalla coscienza comune alcuni fondamentali valori: per molte donne e per molti uomini del nostro tempo valori, come la pace, la giustizia fra i popoli, il rispetto dei diritti umani (a partire da quelli della donna) rappresentano principi in qualche modo assoluti e certo non negoziabili, per riprendere un concetto assai caro all’attuale Pontefice. Proprio su queste tematiche di fondo – più che su questioni particolari – dovrebbe incentrarsi la necessaria riproposta della dottrina sociale della Chiesa. Ancora una volta, la Chiesa deve sapere conciliare il radicamento nella migliore Tradizione con il confronto con la modernità».

Grandi migrazioni, ecologia, globalizzazione, democrazie fragili, guerra, terrorismo: sono i fenomeni dei giorni nostri che lei definisce «nuove frontiere» della dottrina sociale. In che senso?

«Ai suoi inizi l’insegnamento sociale della Chiesa era, sia pure inconsapevolmente, riferito quasi soltanto all’Occidente cristiano (sviluppato). Nel 1891 che cosa poteva dire la Rerum novarum – tutta incentrata sulla questione operaia – ai cristiani delle immense pianure polacche e russe e, ancor più, a quelli delle Filippine o dell’America Latina? Oggi la dottrina sociale della Chiesa deve acquisire una dimensione realmente universale, in un duplice senso: guardare a tutto il mondo, rivolgersi non solo ai cristiani ma a tutti gli uomini».

Di fronte al capitalismo uscito sostanzialmente vincitore dal confronto con il marxismo, quale ruolo può giocare, e con che attori, la dottrina sociale oggi?

«Non parlerei di vittoria del capitalismo (concetto con una forte connotazione ideologica e di per sé oggetto di chiare e nette prese di distanza dal Magistero) ma piuttosto di economia di mercato: è questo modo di produrre (ma, ancor più, di organizzare la società) che si è rivelato non solo più adatto a favorire il soddisfacimento dei fondamentali bisogni umani ma, ancor più, valido terreno di cultura per la crescita della società civile, per una sana competizione tra i gruppi sociali, per la costruzione del pluralismo e dunque, alla fine, per la crescita e il consolidamento della democrazia. Ma è la qualità della democrazia che oggi è in gioco (come ha ricordato la Settimana Sociale del 2004, la cui lezione è ancora attuale); proprio qui si profila un importante ruolo dei cristiani: da un lato come proposta dottrinale (compito, questo, prevalentemente della gerarchia), dall’altro come impegno concreto nella storia, responsabilità primaria, questa, dei laici, che alla fine sono il terreno sul quale si decide la rilevanza o, al contrario, l’insignificanza dello stesso insegnamento magisteriale».

Si può pensare alla dottrina sociale come a un riferimento condivisibile di una politica spesso frammentata, litigiosa, confusa?

«La dottrina sociale può fondare e ispirare un impegno politico orientato alla ricerca del bene comune, al perseguimento della giustizia, alla costruzione della pace: recepita nel suo senso profondo, essa potrebbe rappresentare un vero e proprio colpo d’ala per una politica divenuta talora asfittica e autoreferenziale. Perché, tuttavia, ciò avvenga – e dunque come condizione necessaria per la efficacia storica di questo insegnamento – occorre che i valori che il Magistero proclama camminino sulle gambe degli uomini: è necessario che i credenti riscoprano quella passione per la politica, quella preoccupazione per la costruzione della casa comune, che li ha caratterizzati nei tempi migliori della loro storia, e che oggi molti sembrano avere smarrito, anche per responsabilità della politica stessa. Se continuasse l’attuale prevalente disimpegno (sia pure per motivazioni apparentemente alte e nobili) l’insegnamento sociale della Chiesa diventerebbe semplice oggetto di retorici riconoscimenti o, peggio ancora, un orpello con il quale camuffare scelte di politica e di economia in realtà antitetiche rispetto ai valori affermati dal Vangelo».

Luigi CrimellaIl programmaLa Settimana sociale, a distanza di 100 anni dalla prima nel 1907, torna a Pistoia. Questa quarantacinquesima edizione sarà infatti inaugurata giovedì 18 ottobre alle 16 nella Cattedrale pistoiese, mentre dal giorno successivo i lavori si sposteranno al Centro congressi dell’Università di Pisa, città dove Giuseppe Toniolo, di origine trevigiana, ideò la Settimana sociale dei cattolici italiani. Ad inaugurare questa edizione tutta toscana ci sarà tra gli altri il presidente della Cei, mons. Angelo Bagnasco. Mentre porteranno il loro saluto anche i vescovi di Pistoia, Mansueto Bianchi, e di Pisa, Alessandro Plotti, oltre ai sindaci delle due città, rispettivamente Renzo Berti e Paolo Fontanelli.Il sito delle Settimane sociali