Vita Chiesa

SINODO DEI VESCOVI: LA RELAZIONE PRIMA DELLA DISCUSSIONE

«Siamo chiamati a trasmettere fedelmente al mondo il Vangelo di Gesù Cristo», perché «la missione primaria della Chiesa è l’evangelizzazione», in una società «che sta cambiando in modo drammatico» ed è alle prese «con una drastica riduzione della pratica della fede tra coloro che sono già battezzati». È l’invito rivolto dal card. Donald William Wuerl, arcivescovo di Washington e relatore generale del Sinodo dei vescovi, durante la relazione prima della discussione con cui si sono aperti oggi i lavori in Vaticano. «Una delle sfide che oggi fa crollare la nuova evangelizzazione e allo stesso tempo crea una barriera è l’individualismo», l’analisi del cardinale, secondo il quale «la nostra cultura e l’enfasi in gran parte della società moderna esaltano l’individuo e minimizzano il necessario rapporto di ognuno con gli altri». «Nella nostra società, che esalta la libertà individuale e l’autonomia, la realizzazione e la supremazia della persona, è facile perdere la nostra dipendenza dagli altri, insieme alle responsabilità che abbiamo nei loro confronti», ha ammonito il relatore generale. Da parte sua, «la Chiesa non si stanca mai di annunciare il dono che ha ricevuto dal Signore», perché «l’evangelizzazione è proprio al cuore della Chiesa», come ci ricorda il Concilio e in particolare la «Lumen Gentium», «testo e nucleo fondamentale del messaggio del Concilio sulla vita della Chiesa».

«La secolarizzazione – ha affermato il cardinale – ha modellato due generazioni di cattolici che non conoscono le preghiere fondamentali della Chiesa. Molti non percepiscono il valore della partecipazione alla messa, non ricevono il sacramento della penitenza e spesso hanno perso il senso del mistero o del trascendente». Tutto ciò ha fatto sì che «una grande parte di fedeli fosse impreparata ad affrontare una cultura caratterizzata dal secolarismo, dal materialismo e dall’individualismo». Non mancano, però, segnali «positivi», ad esempio da parte dei giovani insoddisfatti delle «risposte» del mondo laico alle loro domande. Oggi, dunque, «i nostri sforzi per diffondere il Vangelo non ci portano più necessariamente in terre straniere e verso popoli lontani»: «Coloro che hanno bisogno di sentir parlare di Cristo sono vicini a noi, nei nostri quartieri e nelle nostre parrocchie, anche se i loro cuori e le loro menti sono lontani da noi. I missionari della prima evangelizzazione hanno coperto immense distanze geografiche per portare la Buona Novella. Noi, missionari della Nuova Evangelizzazione, dobbiamo superare distanze ideologiche altrettanto immense, spesso prima ancora che usciamo fuori del nostro quartiere o della nostra famiglia». Di qui la necessità, per i credenti, di «superare la sindrome dell’imbarazzo», a favore della «volontà e il desiderio di condividere la fede» anche con chi se ne è allontanato o è in ricerca. (Sir)