Italia
Stati generali della scuola, i commenti dei cattolici
«La scuola che sogno è al servizio della persona», conclude Moratti, «Favorirà la formazione delle coscienze, garantirà più qualità e rafforzerà il patto tra scuola e famiglia». Il governo si è già impegnato a investire 19 mila miliardi tra il 2003 e il 2007 per dare corpo a questo «sogno».
Voci. La riqualificazione della formazione professionale è uno dei punti più apprezzati dello studio Bertagna, «elemento fortemente innovativo», lo definisce Luigi Bobba (Acli). «Il rischio da evitare è la rigida demarcazione tra i due percorsi, istruzione e formazione. L’orientamento gioca un ruolo chiave». Una riflessione sul «come» più che sul «quanto» ha accomunato gli interventi delle associazioni cattoliche. Luciano Corradini, docente (Unione cattolica italiana insegnanti) richiama l’urgenza di una «formazione degli insegnanti, che non dipende da una circolare». Patrizia Devoto Cappelli (Agesc, associazione genitori scuole cattoliche), denunciando il «fragoroso silenzio della società civile» sui temi della scuola, lancia una provocazione: «i genitori sono pronti per la scuola, ma la scuola è pronta per i genitori?». Ed aggiunge: «Condivido l’architettura, ma al sapere bisogna unire una coscienza critica». Anche Giuseppe Richiedei (Age, associazione genitori) ricorda che «l’autonomia è di qualità se sceglie, propone e coinvolge le famiglie nel patto educativo», in vista di «nuove regole» e della «urgente riforma degli organi collegiali».
«Quale modello di uomo emerge dalla riforma?», si chiede Pietro Alviti, ufficio famiglia di Azione cattolica, in rappresentanza del Forum delle famiglie. I nodi da sciogliere riguardano «dispersione scolastica, autonomia, cicli, parità e organi collegiali», ma, conclude, «apprezziamo la proposta perché tutela la libertà di scelta delle famiglie».
Parlano gli studenti. Antonio, Movimento studenti cattolici. «Gli Stati generali rappresentano un grande passo avanti delle istituzioni verso il mondo scolastico. Noi studenti abbiamo avuto voce con il Forum e le consulte, così come docenti e famiglie. Tuttavia è stato un incontro troppo mediatico. Sarebbero stati utili focus group dove lavorare e discutere. I punti che ci lasciano perplessi sono la riduzione a quattro anni dell’istruzione secondaria, il tempo pieno, il credito formativo alla scuola dell’infanzia. La protesta è legittima, ma va fatta con criteri e motivazioni. Purtroppo c’è molta disinformazione e troppa politica».
Matteo, Movimento studenti di Azione Cattolica. «Apprezziamo l’importanza data nell’ipotesi di riforma all’orientamento e alla dignità culturale che si vuol conferire alla formazione professionale». Ma, allo stesso tempo, «abbiamo dubbi sulla carenza di specifiche indicazioni riguardo i piani di studio e sul come integrare i percorsi obbligatori, quelli facoltativi e gli extrascolastici». Inoltre, «perché un esame di stato doppiamente svilito sia nell’essere privato di serietà da una commissione di soli membri interni, sia nell’essere modificato tramite il Dpef in una visione troppo economicistica delle necessità della scuola?». E, «perché correre il pericolo, con la devolution, di 20 scuole diverse, vanificando tutto il lavoro della commissione Bertagna e degli Stati Generali?».
Lorenzo, Libas, coordinamento liste per la libertà nella scuola, associazione liberale cattolica. «A noi è stata data la possibilità di capire i punti centrali della riforma. Alcune accuse alla proposta si sono rivelate false: abolizione del tempo pieno, riduzione del monte ore totale. L’elemento più negativo è stata la scarsa presenza degli studenti. Bisognava trovare criteri più ampi per la rappresentanza. Si poteva fare qualcosa di più che invitare solo i presidenti delle Consulte, spesso politicizzati. Un primo passo è stato fatto, gli studenti non erano mai stati sentiti prima. Ora attendiamo con fiducia le prossime tappe. Abbiamo criticato la riduzione del liceo da 5 a 4 anni. Inoltre non vediamo l’utilità immediata delle verifiche continue nel ciclo primario e secondario: solo un appesantimento burocratico».