Toscana
Sud-est asiatico, scene da apocalisse
Cresce di ora in ora il tragico bilancio delle vittime del terremoto di magnitudo 9 della scala Richter, con epicentro nell’Oceanio Indiano tra le Isole Andatane e l’isola di Sumatra, seguito da un devastante tsunami, che il 26 dicembre ha colpito e provocato distruzione in Sri Lanka, Indonesia, India, Thailandia, Malaysia, Maldive, Myanmar, Bangladesh e Kenya. A poco più di 24 ore dall’evento il bilancio è passato dalle 12 mila alle 14 mila, quindi alle 17 mila e, nel pomeriggio del 27 alle 22 mila vittime. Ma già in mattinata del 28 dicembre il bilancio era di 40 mila morti e le stime finali arrivano a 100 mila. Sono ancora migliaia i dispersi e vi sono zone dove o per la conformazione del territorio o per difficoltà frapposte dalle autorità (come in Myanmar) il numero dei morti è ancora molto approssimativo. Tra i circa 5 mila turisti italiani che erano presenti nelle zone colpite ci sarebbero 13 morti accertati, ma ci sono ancora dei dispersi. Ingenti i danni e milioni di persone senza un tetto. Nel solo Sri Lanka sarebbero 800 mila.
Le principali organizzazioni umanitarie internazionali si stanno attivando per reperire fondi e inviare aiuti nelle zone colpite. Tra le prime va segnalata l’organizzazione umanitaria Medici Senza Frontiere (Msf) che sta completando l’invio di un aereo con 32 tonnellate di medicine e materiale medico per le operazioni di soccorso, che permetterà di soccorrere tra le 30.000 e le 40.000 persone nel nord di Sumatra, la regione indonesiana più vicina all’epicentro del terremoto. Operatori di Msf saranno inviati anche in India, Malesia, Indonesia e Sri Lanka. Msf, inoltre, ha lanciato una campagna di raccolta fondi straordinaria per raccogliere almeno 1,5 milioni di euro per avviare i primi soccorsi.
Anche la Federazione internazionale delle società della Croce rossa e della Mezzaluna rossa hanno avviato una campagna di raccolta fondi con l’obiettivo di raggiungere un budget iniziale di almeno 5 milioni di euro per assistere almeno 500.000 sinistrati e senzatetto in India, Indonesia, Sri Lanka, Thailandia e Malaysia.
Sta intanto per partire da Copenaghen un cargo di medicinali d’emergenza inviati dalla Croce rossa per prevenire e curare i primi casi di tifo e diarrea, inevitabilmente destinati a insorgere; un team internazionale si recherà inoltre a breve sul posto per verificare le reali necessità delle popolazioni colpite. La Caritas Diocesana di Roma, infine, ha lanciato un appello per invitare chiunque possa a contribuire allo stanziamento di fondi per sostenere gli interventi d’emergenza e i progetti di ricostruzione sociale e ambientale che si renderanno da subito necessari in Thailandia, India, Sri Lanka, Indonesia, Malesia e Maldive.
L’agenzia missionaria Misna ha raccolto a caldo alcune testimonianze dalle zone colpite. Eccone una sintesi.
La zona è tra le più colpite dal maremoto che domenica ha sconvolto il sud-est asiatico: Oggi si è appreso che circa 700 persone sarebbero morte in una caserma costruita vicino al litorale: si tratta di soldati e delle loro famiglie spiega il presule, raggiunto telefonicamente a Medan, principale città di Sumatra. Uno dei nostri sacerdoti ci ha detto che ci sono ancora molti cadaveri per le strade e ora è urgente seppellire questi corpi. La gente ha bisogno di generi alimentari, assistenza, medicinali, acqua potabile: manca tutto dice ancora l’arcivescovo ausiliare di Medan. Difficile anche il bilancio delle vittime: Secondo le stime che abbiamo raccolto, i morti sarebbero circa 15.000 in tutta la provincia di Aceh, di cui 5.000 nel capoluogo Banda Aceh; le due comunità cattoliche si sono salvate aggiunge l’interlocutore della MISNA.
Come chiesa cattolica, stiamo cercando di organizzare assistenza; domani partirà un primo gruppo di soccorritori: è soltanto un piccolo contributo di fronte agli enormi bisogni di quella gente dice ancora monsignor Sinaga. Che conferma la fuga’ di migliaia di civili dalle zone colpite dalla devastante tsunami’: Non sappiamo indicare numeri, ma migliaia di persone stanno abbandonando Banda Aceh, dove non c’è energia elettrica, acqua, cibo. Ci dicono che l’aeroporto è gremito, tutti cercano un volo per lasciare il luogo del disastro, soprattutto i cinesi che vivono in quella zona.
A Medan, circa 350 chilometri a sud di Banda Aceh, intanto si preparano gli interventi di assistenza: Abbiamo notizia di un flusso elevato di civili che sta arrivando qui sottolinea l’arcivescovo e stiamo allestendo spazi per la loro accoglienza. Secondo il presule nella provincia di Aceh sarebbero già arrivati anche gli aiuti governativi, nonostante le difficoltà di accesso. Alcune località possono essere raggiunte solo in elicotteri ma non ce sono abbastanza. Per ora sembra che le autorità stiano distribuendo pacchi di cosiddetti super-mi’, spaghetti di riso secco che vengono buttati alla gente dall’alto con aerei dice alla MISNA padre Vincenzo Baravalle, superiore regionale dei missionari Saveriani dell’Indonesia, contattato telefonicamente nella città costiera di Padang, circa 500 chilometri a sud di Medan.
Nel Paese musulmano più popoloso del mondo l’Indonesia conta oltre 230 milioni di abitanti le comunità cattoliche hanno voluto comunque dare un segno concreto della partecipazione alla tragedia, che ha toccato anche altri Paesi della regione: Tutte le feste di Natale nelle comunità di base sono state cancellate dice ancora alla MISNA padre Baravalle così come a Giakarta, dove solitamente cattolici e protestanti si univano per celebrare il Natale. Quest’anno la festa, ormai pronta, è stata annullata e i fondi devoluti a favore della popolazione colpita dal maremoto. (di Emiliano Bos)
Le persone soccorse sono tutte in stato di grave shock, manifestano disturbi per la grande quantità d’acqua ingerita o hanno traumi e fratture causate dalle macerie e detriti scagliati dalla forza dell’onda, ha spiegato l’intervistata. “Anche le nostre consorelle andate sul posto confermano che a morire sono stati moltissimi bambini, trascinati via dall’onda e troppo piccoli per mettersi in salvo da soli” ha detto suor Orsola, confermando i primi resoconti sul disastro. “La nazione è sconvolta ha continuato i cittadini sono attaccati ai teleschermi; chi può, corre in aiuto degli altri. È una vera tragedia anche perché le vittime sono in gran parte poveri pescatori che al mondo possiedono solo la loro barca e la rete con cui si procurano da vivere; l’ondata ha completamente spazzato via interi abitati composti da capanne lungo la costa: non è rimasto più nulla”.
La religiosa riferisce che i sopravvissuti sono accampati nelle scuole, nei centri religiosi e nelle grandi sale che si affittano per i banchetti matrimoniali e le feste o in agglomerati di tende, e tutti hanno paura di tornare sulla spiaggia perché temono una nuova ondata. Suor Orsola ha precisato che la tsunami’ ha colpito le coste degli stati di Andhra Pradesh, Tamil Nadu e parte meridionale dello Stato del Karnataka, sul versante occidentale del subcontinente: la tv indiana ha reso noto che risultano ancora dispersi 5.000 pescatori usciti in mare ieri mattina.
Secondo le informazioni raccolte, i religiosi e le religiose che operano nelle zone settentrionali di Sumatra sembrerebbero star tutti bene; tra loro anche due missionari cappuccini italiani che si trovano a Sibolga – città costiera di fronte all’isola di Nias, quest’ultima invece duramente colpita secondo alcune testimonianze – e che oggi hanno fatto sapere di non aver subito danni.
I nostri confratelli presenti alle Mentawai e a Sumatra Centrale stanno bene e non hanno subito conseguenze a causa del maremoto scatenato dal fortissimo sisma sottomarino che ha investito la regione, hanno voluto precisare alla MISNA fonti della casa generalizia dei Saveriani a Roma sulla base delle informazioni fornite da padre Vincenzo Baravalle, superiore regionale dei Saveriani in Indonesia. Dalla direzione generale dei Saveriani fanno sapere che i timori maggiori erano legati ai missionari che si trovano sulle isole Mentawai molto vicine all’epicentro del terremoto, ma che sarebbero state risparmiate dalle onde anomale (tsunami) a causa della loro stessa conformazione.
Pare che il posizionamento a coltello’ delle isole di Mentawai rispetto alla traiettoria dell’onda e la presenza di scogliere abbia tagliato in due lo tsunami, evitando che il maremoto si abbattesse contro le spiagge e creasse i danni devastanti causati in altre zone spiegano alla MISNA i saveriani. I missionari contattati direttamente a Sumatra precisano di non essersi quasi accorti di quanto avvenuto. Noi ci troviamo molto all’interno e abbiamo pensato solo a una scossa di terremoto. Nessuno si immaginava una cosa del genere ha detto alla MISNA un religioso contattato nel cuore della notte a Padha.
Fonti della MISNA a Mogadiscio fanno sapere che viste le difficoltà di comunicazione è praticamente impossibile avere stime certe e definitive sulle vittime. La gente in città racconta di molti pescatori che ancora non hanno fatto ritorno alle proprie case e di alcune barche sbattute a riva dal mare, ma senza più l’equipaggio a bordo. Verificare e avere conferme certe a queste voci è molto difficile. Sinceramente la situazione, almeno qui a Mogadiscio, non ci era sembrata particolarmente grave.
Le notizie più preoccupanti, secondo le fonti della MISNA nella capitale somala, sono arrivate dal Puntland e da Brava, località nel sud della Somalia in direzione del Kisimayo. Parlando con la stampa internazionale Yusuf Mohammed Ismail, portavoce del presidente somalo, ha lanciato un appello alla comunità internazionale: Abbiamo bisogno di assistenza: servono tende, coperte, cibo a aiuto medico ha sottolineato Ismail.
Ma se la Somalia – in attesa di conferme e di dati più certi – sembra aver subito i danni maggiori, anche altri Paesi africani sono costretti a fare i conti con morti e senza tetto provocati dal devastante maremoto che ha distrutto il sud est asiatico.
In Tanzania 10 persone sono morte annegate, due sono ancora disperse e tre sono rimaste ferite. Il comandante della polizia regionale di Dar es Salaam, Alfred Tibaigana, ha precisato che le vittime erano tutti ragazzi compresi tra i 12 e i 20 anni colti dal mare grosso mentre stavano facendo il bagno nelle spiagge della capitale tanzaniana.
Anche le Seychelles sono state investite dall’onda lunga partita dall’Asia e se il bilancio di vite umane sarebbe limitato si parla di sole’ tre vittime molte strutture dell’isola avrebbero subito gravi danni compromettendo soprattutto le attività turistiche, fonte di guadagno e di lavoro per la popolazione locale. Il presidente delle Seychelles James Michel, parlando alla televisione dopo aver sorvolato in elicottero le zone investite dalla furia del mare, ha chiesto aiuto alla comunità internazionale e ha raccomandato alla popolazione di mantenere la calma. Secondo i primi resoconti, è stato distrutto il principale ponte che collega l’aeroporto con la capitale Vittoria, ma le onde hanno colpito anche case, alberghi di lusso, strade, barche di pescatori oltre ad aver seriamente danneggiato l’acquedotto dell’isola.