Vita Chiesa

Tempo del Creato: come infondere speranza

Il 1° settembre è stata celebrata la Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato che segna l'inizio del Tempo del Creato, che si conclude il 4 ottobre, festa di San Francesco d'Assisi. Ospitiamo un intervento del presidente di Legambiente Toscana

Nei momenti di crisi, un atteggiamento sano e apprezzabile è certamente quello di tornare a osservare con occhi puri ciò che ci circonda. In altri termini, fare tabula rasa dei propri pregiudizi e guardare alla realtà per quella che è. Da questo punto di vista, esiste un consesso nel quale tutte le migliori conoscenze planetarie convergono nella più piena e leale collaborazione. È l’Ipcc (il gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite). Un panel prestigioso, composto semplicemente dai migliori scienziati del mondo. Ebbene: leggere il documento di sintesi del loro ultimo Rapporto (il VI), pubblicato nella scorsa primavera, è un buon viatico per un apprendimento serio e consapevole. Ottantaquattro pagine che riassumono i risultati chiave delle tre sezioni precedenti, fornendo una summa della conoscenza sulla crisi climatica o, per dirla con le parole del segretario generale dell’Onu Guterres, «una guida di sopravvivenza per l’umanità».

Uso ancora più esplicitamente il pensiero del presidente Ipcc, l’economista sudcoreano Lee: «Affrontare il cambiamento climatico è una sfida complessa, politica e ingegneristica, che non riguarda solo la nostra generazione ma anche quelle future. Noi, come comunità scientifica, non abbiamo solo il dovere di mostrare i drammatici dati di fatto ma anche quello d’indicare quali sono le prospettive di speranza per innescare il cambiamento (…). I nostri rapporti, compreso quello di sintesi, sono orientati alle soluzioni ma non illudetevi: l’inazione e i ritardi non sono tra le opzioni possibili».

In altre parole, il dissennato modello di sviluppo che ci ha condotto negli ultimi due secoli allo stato attuale, in cui il 10% della popolazione mondiale vive nello spreco e nell’opulenza e l’altro 90% nel migliore dei casi agogna la ricchezza se non muore di fame, ecco quel modello ci ha condotti sull’orlo del baratro. Per essere chiari, in discussione è la sopravvivenza della nostra specie sulla Terra.
Se questa è la realtà, non posso non evidenziare l’enorme contributo offerto alla causa ambientalista dall’enciclica Laudato si’ (2015) di papa Francesco. Uno straordinario documento, con vocazione universale, che ha informato, sensibilizzato e già chiamato all’impegno milioni di fedeli. La suggestione di un’ecologia integrale che ponga al centro della narrazione pubblica la salvaguardia del creato, come complemento naturale della propria relazione con Dio, implica infatti una straordinaria tensione orizzontale verso quelle matrici naturali che si fanno «prossimo mio», accanto a tutti i fratelli di specie. D’altra parte, il tema portante di questa Giornata mondiale per la cura del Creato è: «Che scorrano la giustizia e la pace», ispirandosi alle parole del Profeta Amos (5, 24). Ancora, il Santo Padre ci indica la strada con chiarezza: non ci può essere pace senza giustizia e non ci può essere giustizia senza aver prima risolto la grande questione ambientale che incombe sulla casa comune.

E allora, che fare? Detesto chi spaventa e drammatizza senza offrire soluzioni. Il compito della nostra generazione è anche quello di infondere speranza. Molti giovani, oggi, vivono con ansia e angoscia le scarse prospettive di futuro che la crisi che stiamo vivendo lascia loro. Noi dobbiamo farci carico di questa angoscia, che è di tutta una generazione, e introiettarla come pura «carica» motivazionale. Per fare ancora meglio il nostro dovere. Mettere in opera la conversione ecologica, dalla macroeconomia fino agli stili di vita più minuti e individuali di tutti noi, infatti, è ancora possibile. Ma dobbiamo fare presto. Dobbiamo agire subito. Ecco perché è necessario aggredire la dipendenza dalle fonti energetiche fossili (carbone, petrolio, gas) e abbracciare nel minor tempo possibile l’economia pulita e circolare delle fonti rinnovabili. Innanzitutto, abbattendo ogni forma di spreco, che è un insulto a chi è meno fortunato di noi. Poi, favorendo e accompagnando questa transizione sui territori.

Oggi, chi si oppone a un tetto fotovoltaico o a un parco eolico lo fa spesso, in buona fede, per ragioni romantiche. Evocando per il nostro Paese la nostalgia di un Eden passato, che forse non è mai esistito. Ma dobbiamo sapere che l’alternativa alla rivoluzione delle rinnovabili è dipendere ancora da quelle fonti inquinanti che hanno creato esattamente la tempesta perfetta che stiamo cercando di contrastare (guerra, sfruttamento, iniquità, inquinamento, degrado).
Non ci possiamo fermare davanti alle prime difficoltà, non arrendiamoci.
Ce la possiamo fare. Fratelli tutti, tutti assieme.