Vita Chiesa

TERRA SANTA, APPELLO PER LA PACE DEL PATRIARCA TWAL

“Desideriamo che in questo Natale Gerusalemme possa diventare non solo la capitale di due Stati, ma un modello di armonia e coesistenza tra le tre grandi religioni monoteiste”. Il desiderio e la preghiera del patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, sono risuonati chiaramente nella Messa di Mezzanotte, celebrata nella chiesa di Santa Caterina a Betlemme. Davanti al patriarca, come tradizione, il presidente palestinese Mahmoud Abbas e il primo ministro, Salam Fayad. Con loro quest’anno anche alcuni europarlamentari.Il suono delle campane. Quella di Twal è stata un’omelia ricca di riferimenti, dalla famiglia, alla difesa della vita, dalla povertà dei bambini, al fondamentalismo, dal dialogo, alla riconciliazione passando per la pace, vera urgenza del Medio Oriente. “Possa il suono delle campane delle nostre Chiese in questa Notte Santa coprire il rumore di tante armi che si ode in questo lacerato Medio Oriente, richiamando gli uomini ad una mentalità di pace, unica degna dell’uomo e apportatrice di felicità”, ha detto il patriarca latino invitando a pregare per la pace: “Sia pace su Israele, sia pace sulla Palestina, sia pace tra i nostri popoli, e in tutto il Medio Oriente, perché i nostri figli possano vivere e crescere in un ambiente sereno”.Il dolore dell’aborto. Ed è proprio ai più piccoli che il patriarca Twal ha riservato un pensiero particolare: “Natale ci mette di fronte al valore unico della vita umana, dono di Dio. Ogni bambino, nato o non nato, fin dal primo momento del concepimento, ha una dignità unica e merita il più grande rispetto, perché creato a immagine del Bambino Divino”. Da qui la denuncia dell’aborto: “Come è doloroso constatare che nel mondo vengono compiuti ogni anno milioni di aborti, causati dall’egoismo, dalla durezza di cuore, dall’ignoranza, da una impreparazione di molti ad accogliere la vita. E come è doloroso pensare che tutto ciò non fa che moltiplicare le ferite e le sofferenze, anche in chi compie tali azioni”. “Ci rattrista – ha continuato il patriarca – anche pensare alle difficili condizioni di vita di quasi l’80% dei bambini nel mondo. Pensiamo in particolare ai bambini dei nostri paesi del Medio Oriente, che si trovano al di sotto della soglia di povertà. Molti di loro vivono e crescono in condizioni precarie nei campi profughi, spesso segnati da drammi e situazioni familiari difficili, privati dell’affetto dei loro genitori e dei loro parenti. In un mondo dilaniato dalla violenza e dal fondamentalismo, che legittima le peggiori azioni, anche le uccisioni nelle chiese, il Bambino di Betlemme ci ricorda che il primo comandamento è l’Amore. Egli desidera insegnarci il perdono e la riconciliazione, anche nei confronti dei nostri nemici”.Culla dell’amore. Culla dell’amore, per Twal, è la famiglia: “Questo Bambino Divino è nato in una famiglia unita, che aveva fatto esperienza di amore. Anche oggi la famiglia è essenziale per la vita e lo sviluppo positivo della persona umana: l’uomo nasce e cresce nella culla di amore di una famiglia, che è anche la prima cellula della società. Se la famiglia è sana, l’intera società ne trae un grande beneficio. Se invece non lo è, le fratture tra i membri della famiglia, la disunità o la mancanza di stima verso questa istituzione si ripercuotono negativamente su tutto il corpo sociale. Ogni famiglia è invitata da Gesù a seguire l’esempio della Santa Famiglia di Nazaret”. Ma Gesù invita “ad un cammino di unità” anche i capi e ai responsabili delle nazioni, “che hanno in mano il destino e il futuro dei nostri popoli. Questa esigenza di unità, da Lui profondamente desiderata, ci viene ricordata dall’Apostolo Paolo” che esorta “all’umiltà, alla mansuetudine, alla pazienza vicendevole”.Unità e dialogo. Il tema dell’unità è stato poi ripreso, insieme all’urgenza del dialogo, verso la fine dell’omelia quando Twal ha ricordato il Sinodo per il Medio Oriente, tenutosi in Vaticano lo scorso ottobre. Nel “messaggio al popolo di Dio”, scritto dai padri sinodali, sono contenute diverse raccomandazioni che riguardano, ha sottolineato il patriarca, “la comunione, la carità fraterna, la collaborazione, l’apertura agli altri, il dialogo, la cittadinanza”. “Il dialogo – ha rimarcato – passa attraverso una collaborazione tra i diversi Patriarcati, ma anche a livello interconfessionale e interreligioso. Il dialogo è un imperativo, è la risposta al moderno ateismo e al fondamentalismo che minacciano il popolo di Dio, come è avvenuto di recente in Iraq, dove la comunità cristiana è stata colpita in modo terribile e tragico. Tali violenze sono unanimemente condannate sia dai cristiani sia dai musulmani. Il Messaggio del Sinodo – è stata la conclusione – ci invita ad intensificare il dialogo con i fratelli ebrei e con i fratelli musulmani. Dobbiamo unirci sui numerosi valori che già abbiamo in comune: la preghiera, la pietà, il digiuno, l’elemosina, i valori etici”. (Sir)