Firenze

«Un ampio confronto per il bene di Firenze»

di Riccardo BigiLa città ha bisogno di un rinnovato slancio creativo e di una rinnovata solidarietà». Le parole del cardinale Antonelli, nell’omelia pronunciata in Cattedrale durante la Messa nel quarantennale dell’Alluvione, hanno scosso l’opinione pubblica fiorentina. Il sindaco Leonardo Domenici ha accolto con favore il richiamo del Cardinale, e ha chiesto di aprire un confronto per individuare obiettivi e percorsi su cui lavorare. Secondo don Giovanni Momigli, direttore dell’Ufficio di pastorale sociale della Diocesi, l’importante adesso è che le parole dell’Arcivescovo non siano utilizzate per una polemica sterile sul «degrado» della città, ma siano di stimolo per un dibattito di alto livello, che permetta alla città di ritrovare grandi ideali.

«La città ha bisogno di un rinnovato slancio creativo e di una rinnovata solidarietà». Che cosa significa, don Momigli, questa affermazione?

«Lo dice lo stesso Cardinale nel proseguo della sua omelia: è necessario fare sintesi. Sintesi fra memoria e innovazione; fra commercio, turismo e mondo della produzione; fra abitazioni e servizi; fra interessi particolari e interesse generale. Ecco perché occorre solidarietà, la quale esige un progetto condiviso ed un forte impegno di ciascun soggetto. Come ci ricorda il Compendio della Dottrina Sociale Cristiana: “il bene comune impegna tutti i membri della società: nessuno è esente dal collaborare a seconda delle proprie capacità, al suo raggiungimento e al suo sviluppo”». Anche la chiesa si ritiene impegnata?

«Mi sembra importante che siano soprattutto chiari due concetti: Primo, che le pubbliche amministrazioni non possono da sole affrontare e risolvere tutti i problemi sul tappeto, ma debbono imprimere nei vari campi un indispensabile stimolo ed un chiaro orientamento, assicurando – per la parte che loro compete – quelle condizioni senza le quali è difficile che i vari soggetti possano fare la loro parte. Se questo manca nessuno sviluppo appare possibile. Secondo, che anche la Chiesa è chiamata a fare la sua parte. Che consiste prima di tutto nel manifestare e professare la propria fede in Gesù Cristo, come ha detto il Cardinale Antonelli nella sua omelia del 4 novembre. E poi consiste nel porre a servizio della città i valori che derivano dalla sua fede, nonché nel sollecitare e favorire forme di dialogo e di attenzione, nel mettere a disposizione le proprie possibilità di ascolto e la ricchezza delle iniziative, anche nascoste, che quotidianamente vengono realizzate dalla comunità ecclesiale nei vari campi, dalla tutela del patrimonio culturale ed artistico, alle formazione delle coscienze, alla attività di cura della persona».

Martedì mattina, lei ha avuto un incontro col Sindaco di Firenze, Domenici, cosa ci può dire?

«Principalmente abbiamo messo a fuoco che anche per dare diversa consistenza ed efficacia alle cose concrete c’è bisogno di una visione più ampia. Ciò che serve a questa città è quello “slancio creativo” di cui parla il Cardinale. E questo slancio può divenire possibile se si smette di parlarsi addosso e di chiudersi nelle proprie ragioni, oltre che nei propri egoismi. Questa città ha prima di tutto bisogno di pensare in grande, di volare alto, di ritrovare grandi ideali, grandi speranze, grandi convinzioni, come ha detto il Cardinale nella sua omelia. Occorre recuperare la consapevolezza che Firenze non è solo dei fiorentini, come ha dimostrato anche la tragedia dell’alluvione. Occorre dunque sviluppare convergenze su obiettivi strategici e non limitarsi a gestire le emergenze».

Quindi è necessaria una visione più complessiva dei problemi?

«Certamente. Se non si affrontano i problemi quotidiani collocandoli in una visione alta della città e della convivenza, soprattutto in questa fase storica dove le città divengono sempre più complesse, pluriculturali e multireligiose, l’immobilismo che oggi sembra caratterizzare la città, rischia una pericolosa involuzione e di sfociare in conflitti profondi e trasversali. La storia sembra dirci: o siete innovatori continui e responsabili, o siete destinati alla residualità».

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