Lettere in redazione

Un’esagerazione parlare di «lobby gay» in Vaticano

Nessuno sa in quali termini Papa Francesco, durante una conversazione privata, si sia espresso su una presunta «lobby gay» nella Curia romana. Com’è noto in Vaticano vi lavorano circa 800 persone tra preti e laici ed è scontato che, come in tutte le componenti della società, vi siano anche lì omosessuali più o meno praticanti. Dubito però che questa «lobby» abbia talmente tanto potere da condizionare la linea della Chiesa; se cosi fosse il matrimonio gay a quest’ora sarebbe celebrato nelle Chiese.

Jacopo Cabildoindirizzo email

Poiché Toscana Oggi non ne ha ancora parlato forse è opportuno riassumere brevemente i fatti. Il sito «Reflexion y liberación» ha pubblicato alcuni giorni fa la trascrizione di un’udienza privata concessa da papa Francesco alla Confederazione di Religiosi Latinoamericana e dei Caraibi (Clar). Secondo questa ricostruzione, che sarebbe opera di uno dei religiosi presenti, papa Bergoglio, interrogato sulla sua volontà di riforma, avrebbe risposto: «Sì, ma è difficile. Nella curia c’è gente santa, santa davvero. Ma esiste anche una corrente di corruzione, anche questa esiste, è vero. Si parla di una lobby gay ed è vero, è lì. Ora bisogna vedere cosa possiamo fare al riguardo».

Per come il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha commentato la notizia («nulla da dichiarare, si trattava di un incontro privato») e per le reazioni ufficiali della stessa Clar («profondamente dispiaciuti» per la diffusione di un colloquio con il Papa del quale è «attribuibile solo il senso generale») si può ragionevolmente pensare che papa Francesco abbia effettivamente accennato a questo problema, anche se il virgolettato non può essere preso come sue parole testuali. Estrarre da quelle poche frasi, dette in un contesto ben preciso, teorie su complotti tramati nell’ombra, mi sembra fuori luogo e giustamente il nostro lettore ricorda che la Chiesa non è mai stata indulgente verso rivendicazioni alla «gay pride».

Questo non toglie che alcuni recenti fatti – come ad esempio l’inchiesta sul «gentiluomo di Sua Santità» Angelo Balducci (al quale giustamente è stato revocato il titolo onorifico) – abbiano fatto luce su uno squallido sottobosco cresciuto anche all’ombra dei sacri palazzi. E sul quale, credo, papa Francesco – come già il suo predecessore Benedetto XVI – vuole far pulizia.

Claudio Turrini