Lettere in redazione

Vicenda Marò, perché scomodare l’Onu?

La giustizia deve fare il suo corso nei confronti dei due militari italiani che hanno ucciso i due pescatori indiani.Vorrei fare alcune osservazioni: i due militari sono alle dipendenze del ministero della difesa o ingaggiati da armatori privati? Osservo che sono liberi di muoversi e di fare dichiarazioni di innocenza, sono trattati con rispetto anche se in attesa di giudizio si muovono liberamente. In Italia chi è in attesa di giudizio, per un reato così grave, spesso rimane in carcere. Da parte delle Nazioni Unite non ho sentito nessun lamento, per il colpo di stato in Egitto contro un governo democraticamente eletto, da parte dei militari, dove ci sono stati centinaia di morti e a tutt’oggi la gente continua a morire. Per due militari che non si conosce, in verità, praticamente niente, perché siamo in una società della menzogna, si scomoda l’ONU. Le informazioni continue dei media sembra quasi farli passare come eroi e nascondere la realtà dei fatti.

Roberto LombardoFirenze

Caro Roberto, di questa vicenda dei due marò italiani sotto processo in India si parla tanto e spesso, ma forse sfuggono alcuni elementi importanti. Ti chiedi se i due militari fossero alle dipendenze del ministero della difesa. Qui dobbiamo sgombrare il campo da ogni equivoco. Quei due fucilieri (anzi, in realtà erano sei a bordo della Enrica Lexie quel 15 febbraio 2012) erano lì per una legge italiana (la 130 del 2 agosto 2011 che convertiva un decreto legge del governo del 12 luglio). Facevano cioè il loro dovere. Quella legge, come ha scritto Romanello Cantini sul numero scorso di Toscana Oggi, è sbagliata, perché pone dei militari italiani su navi civili oltretutto senza stabilire per bene le linee di comando. Ma ne hanno colpa i parlamentari (e fu approvata quasi all’unanimità) non i fucilieri.

Chi oggi vuol candidare alle elezioni europee Massimiliano La Torre e Salvatore Girone fa solo propaganda sulla pelle di questi due militari, che hanno dimostrato grande correttezza e responsabilità, ubbidendo all’ordine del nostro governo di rientrare in India, pur sapendo di andare incontro ad un processo poco regolare (almeno finora è stato così, visto che dopo due anni non è stato neanche formalizzato il capo d’imputazione). Farne degli eroi, come giustamente scrivi tu, è sbagliato e puzza di sciovinismo. Ma riconosciamo anche la statura morale di questi due militari, ben superiore a quella di tanti politici.

Come ha rilevato ancora Romanello Cantini, finora né da parte indiana né da parte italiana si è voluto fare l’unica cosa possibile: acclarare la verità. I due fucilieri hanno effettivamente ucciso due pescatori del Kerala, credendo che fossero dei pirati? Se lo hanno fatto, hanno commesso un tragico errore, ma non possono essere considerati dei terroristi! E da parte del peschereccio «St. Antony» c’è stata un concorso di colpa, per una manovra che non doveva fare? La testimonianza resa alle autorità investigative indiane dal vice comandante della «Enrica Lexie», Carlo Noviello (l’unico che assisté alla scena, essendo tutto l’equipaggio, comandante compreso, sotto coperta per la procedura prevista), farebbero ritenere che i due fucilieri si comportarono correttamente e non colpirono il peschereccio. Noviello ha raccontato di aver visto due fucilieri attivare le segnalazioni d’avviso luminose e visive senza ricevere nessun riscontro dall’imbarcazione in avvicinamento. Mentre questa si avvicinava furono sparate brevi raffiche a 500m, 300m, e 100m di distanza. Quando questa giunse sottobordo a circa 50-60 metri dalle murate della Lexie, il peschereccio  invertì la rotta allontanandosi velocemente. Vi sono poi anche forti dubbi che quello intercettato fosse davvero il «St. Antony», visto che i colori dell’imbarcazione non corrispondevano, come fecero notare subito alle autorità del porto di Kochi (dove la nave fu attirata con un tranello) i due marò e il vicecomandante. Da notare che le autorità indiane lo hanno fatto subito demolire.

Quanto all’Onu esistono diverse risoluzioni contro la pirateria (in particolare somala).

Claudio Turrini