Toscana
Virus H5N1, la psicosi mette in crisi gli allevatori
E il crollo delle vendite? «Macchè, da quando fanno vedere in televisione quei polli cresciuti dentro quegli stanzoni, tutti legati, abbiamo avuto un aumento di richieste, la gente non fa che chiederci se abbiamo qualche pollo da dargli. La crisi semmai riguarda i grandi allevamenti, quei due o tre grandi produttori che riempiono gli scaffali dei supermercati e i banchi delle macellerie in tutta Italia. La gente non si fida più, e torna a cercare il pollo del contadino». Succede, insomma, quello che succedeva con la «chianina» ai tempi della mucca pazza: di fronte all’allarme, il consumatore medio va alla ricerca della genuinità. Eppure, dicono gli esperti, il virus è trasmesso dagli uccelli migratori: i polli di batteria, che vivono al chiuso e sono continuamente controllati, sono i più sicuri. «Sarà anche vero risponde la signora Carla ma è anche vero che in batteria se un pollo si ammala, si ammalano tutti nel giro di un’ora. E allora, per essere sicuri, li devono imbottire di medicine. E poi i mangimi che gli danno… Ormai siamo abituati a vedere, nei supermercati, quei petti gonfiati, già pronti nelle vaschette, oppure i polli enormi, già cotti, a 3 euro. Ma se uno si chiede come fanno a crescere così…». Già, e il prezzo? «I polli del Valdarno costano all’incirca 9 euro al chilo, pesati da vivi. Se si pensa che per crescerne uno ci vogliono 6 mesi, non è molto».
Certo, è un pollo da intenditori: la pelle sottile e poco grassa, la carne dura e ben attaccatta all’osso, saporita. Da tempo si parla di introdurre il marchio Dop (denominazione di origine protetta) ma ancora non sono stati definiti i confini territoriali e il protocollo per gli allevatori. Per le sue caratteristiche, non potrà mai essere un pollo da grande distribuzione: ha un mercato ristretto fatto di persone che vanno a comprare direttamente dai produttori, oppure di ristoranti che vogliono offrire carne di prima qualità. Allevarlo è poco redditizio, e ormai le aziende agricole che lo tengono sono rimaste una decina, in un quadrilatero compreso tra Montevarchi, Cavriglia, Figline, Loro Ciuffenna. Qualche allevamento simile, a terra, c’è anche in Val di Chiana ma la razza è leggermente diversa. Non può essere allevato al chiuso, non raggiunge mai grandi dimensioni (un chilo e mezzo le fammine, mentre i maschi raramente superano i due chili), cresce lentamente. La sua carne dura, il sapore marcato non sempre piacciono a chi è abituato al pollo di batteria. E poi richiede una lunga cottura, arrosto, lesso o in umido che sia, poco compatibile con i tempi ristretti delle famiglie moderne. «Per poterli vendere si devono seguire regole complicate spiega la signora Carla l’Asl impone di tenere un registro di tutti gli animali, e le visite periodiche del veterinario. E poi bisogna portarli a macellare a Firenze, perché in zona non c’è un macello. Oppure bisognerebbe farsi un macello privato, una stanza piastrellata, con acqua corrente, la spiumatrice elettrica… Una decina d’anni fa l’avrei fatto, oggi non ho più voglia. E mio figlio ha trovato più soddisfazione nel vino, lo esporta perfino in America e in Giappone. Anche i polli ce li ha chiesti qualche ristorante americano, ma che vuole, sarebbe troppo complicato spedirli».
Per il resto, le attrezzature per mettere su un allevamento sono semplici: c’è l’incubatrice, i pulcini appena nati vengono vaccinati e per una quindicina di giorni cresciuti con il mangime preso al consorzio. Poi vengono messi in libertà, con tutti gli altri. «Vorrebbero stabilire, per dargli il bollino Dop, uno spazio minimo, tanti metri quadri per ogni pollo, ma io sono contraria: non ci vuole proprio nessun recinto, devono poter andare a pascolo dove gli pare. Noi gli si mette solo un po’ di granturco, e l’acqua. Il resto lo trovano da soli: erba, vermi, ghiande, le olive che cadono dagli alberi. L’unico problema è quando c’è l’uva matura, allora gli si deve mettere una rete perché senno beccano tutti i grappoli». E la sera? «La sera tornano da soli nei capanni e appena fa buio si passa a chiuderli. Ogni tanto qualcuno resta fuori, e lo mangia la volpe. Oppure vengono i ladri: l’anno scorso a Natale ci hanno rubato dieci capponi».
Sui giornali hanno scritto della proposta di alcuni scienziati inglesi di creare in laboratorio una nuova razza di polli ogm, geneticamente modificati, refrattari alle malattie, per sostituire nel giro di una decina d’anni tutti i polli esistenti sul pianeta. Un’idea nata dall’esigenza di sicurezza alimentare. «Che le devo dire risponde dubbiosa la signora Carla io mi tengo i miei polli, nati dalle uova fatte dalle mie galline. Mi sento più sicura così, almeno so quello che mangio. Domani ho persone a pranzo e sei di questi li metto in forno, stia tranquillo che non si lamenterà nessuno».
La provincia più interessata all’allevamento avicolo è quella di Arezzo; seguono Siena e Grosseto. Fonte: Coldiretti