Cultura & Società

A ciascuno il suo nome

DI ELENA GIANNARELLI

Cari genitori in attesa di cicogna, prima di scegliere il nome per il vostro bambino o bambina pensateci bene. Se avete in mente Bruno, Bruna, Chiara, Bianca, e simili, cioè un nome che sottolinei una qualità fisica, attenti: di Bruni dai capelli biondi e di Chiare nere come la pece sono piene le nostre scuole. Lo stesso vale per nomi beneauguranti: Serene imbronciate, Clementi dal carattere impossibile, Allegre sempre tristi, sono quasi la norma, ma non c’è da preoccuparsi. L’importante è dare al neonato un nome che non lo metta in difficoltà da grande. Ad esempio è utile pensare che un giorno il pargolo andrà a scuola e che al momento dell’appello Dario Lampa diventerà Lampa Dario e la sorellina Dina diventerà Lampa Dina, fra lo sghignazzare dei compagni, secondo una nota leggenda metropolitana siciliana. Ed è anche bene evitare di ripetere personaggi famosi. Se il vostro cognome è Manzoni, non infliggetegli Alessandro: ad una gentile professoressa di un liceo fiorentino toccò la strana esperienza di rimandare ad italiano un omonimo di quel grande. È bene evitare nomi lunghi o nomi doppi in presenza di cognome lungo o doppio: il mio amico Paolo Alberto Galimberti de’ Bartolomeis spesso non trova spazio per la firma su bollette e documenti; se avete un cognome corto, abbondate pure nel nome, su una Maria Maddalena Rossi nessuno troverà da ridere. Infine attenti ai suoni che si vengono a creare: non si contano le volte in cui la mia amica Mia Mei, presentandosi, si è sentita fare per tutta risposta il verso del gatto. Le telenovelle hanno diffuso nomi estranei alla nostra tradizione: Kelly, Key, Shirley. Possono piacere o non piacere: certamente si uniscono in modo molto singolare con cognomi toscanissimi come Cioni, Masi, Biancalani, Lascialfari. Entrano qui in ballo i gusti personali, sui quali non si disputa: certo fa effetto ai giardini sentire una nonna sgolarsi a chiamare: «Samanthina, vieni, si va via», soprattutto se sai che la Samanthina di cognome fa Tirinnanzi. Occhio anche ai nomi dei santi: Babila è maschile, eppure è stato imposto con frequenza a figlie da genitori che si sono fatti ingannare dalla finale in -a. Lo stesso dicasi per il nome del profeta Elia, imposto a bambine che poi da grande si sono affrettate a trasformarsi in Lia o in Élia. Ancora più confusione nasce con scelte del tipo Diamante, portato da donne e da uomini, forse sarebbe troppo dire con disinvoltura.Al di là della mode e degli errori, certo si tratta di un fardello che dura tutta la vita e che determina chi lo porta. I nomi hanno un loro significato, come ben sapevano gli antichi che nei manuali di retorica contemplavano la categoria della «interpretatio nominis», l’interpretazione del nome. Così l’antico Melissa ripropone il nome greco dell’ape e allude alla dolcezza di chi lo porta; Melania, sempre complice la antica lingua dell’Ellade, significa «nera» e in un momento di polemica con la santa di questo nome Gerolamo la rimprovererà di appartenere al diavolo, da sempre connesso con buio e tenebre. Sono i nomi parlanti, di cui abbiamo esempi base nella Sacra Scrittura. Cosi Isacco, nato per la gioia dei suoi genitori in seguito ad un intervento diretto di Dio ed accolto da Abramo e Sara con il sorriso, significa davvero «riso», nel senso di «Dio sorrida, sia favorevole», o secondo altri biblisti «Dio ha sorriso, si è mostrato favorevole». Ed è Dio stesso a dire ad Abram che da quel momento si chiamerà Abraham: secondo i soliti biblisti il primo appellativo valeva «egli è grande quanto a suo padre, è di stirpe nobile», il secondo per assonanza indica in lui «il padre di una moltitudine», come nelle parole rivoltegli del Signore. Anche Sarrai diventerà Sara: al cambio di destino corrisponde un cambio di nome. E se Ismaele significa «Dio ascolta», nulla pare rispondere a questo straordinario capitolo di scelta del nome meglio del versetto di Isaia 7,10: «Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che si chiamerà Emmanuele». Emmanuele vale «Dio con noi» e lo ricorderà Matteo 1,23.La Toscana dell’«Impero» e non soloGiuseppe, Giovanni, Maria, Anna sono antichi e solidi nomi della tradizione; Wendy, Kevin, Erika sono invece importati, a noi estranei, eppure diffusi. In Toscana i nomi propri, come dovunque, devono fare i conti con eventi, personaggi e mode particolari. Tutti sanno che il grande Yuri Chechi fu chiamato così dai genitori in onore di Gagarin. E gli è andata anche bene rispetto alle tante Naomi che popolano le nostre scuole. Ci sono ragazzi che si chiamano Rosso per motivi politici e non si contano le Viola, nate non da amanti della natura, ma da irriducibili della Fiesole o della Maratona. Non mancano le Daiana (con questa grafia), nate immediatamente dopo l’incidente mortale della sciagurata Lady. Più che altrove però è nel battezzare un figlio che la bizzarria e la stravaganza del carattere toscano possono manifestarsi. Sembra che all’arrivo di un bambino o di una bambina la fantasia di padri e madri si scateni: ecco allora che cosa si può ricavare dagli elenchi del telefono delle nostre province, in una ricognizione incompleta, per ovvietà di spazio e tempo, ma capace di farci sorridere o riflettere.Una prima caratteristica è la ricerca della omofonia e della assonanza fra nome e cognome, tipo Maso Masi, o Baccio Bacci: Orlando Orlandi (Scandicci), Bino Bini (Pisa), Bertino Bertini (Castellina Marittima), Giglio Gigli e Gigliola Gigli (Sesto Fiorentino), Giuntina Giuntini (Pescia), Salvino Salvini (Pisa) sono solo alcuni esempi. E ci sono anche fantasiose accoppiate come Splendora Splendiani di Firenze, che non sfigurerebbe come nome d’arte di una grande attrice o di una celebre cantante. Di buon augurio, Splendora, che però in Abruzzo pare ricollegarsi al nome di una santa non riconosciuta o ad una Madonna dello Splendore.In molti casi non è difficile immaginare l’origine di un nome, o di un doppio nome, legata spesso a fatti storici particolarmente importanti. La conquista di colonie da parte italiana non solo portò Vittorio Emanuele III a diventare imperatore, ma dette anche a molti genitori l’opportunità di imporre nomi fuori dall’ordinario: è il caso dei tanti Impero che si trovano in Toscana e di quell’Italo Impero, di Prato, che non ha mai avuto bisogno di dichiarare il suo anno di nascita (1936). Alle imprese coloniali si collegano Asmara (una si trova a Picciorana di Lucca) e Asmaro (uno a Campo Tizzorro), Tripolino (uno è a Firenze) e chissà quanti altri. Quella dei nomi patriottici e/o geografici è una consuetudine diffusa: tante donne si chiamano Imola, Vienna (una lontana eco di quella pace siglata nella capitale austriaca nel 1866 con, il riconoscimento del regno d’Italia?), Lubiana, Manila (per una gentile impiegata dell’Università fiorentina fu quella la meta fascinosa del viaggio di nozze dei suoi). Nilo è abbastanza usato per gli uomini, ma c’è il sospetto che si intenda riproporre il nome del grande santo orientale e non il fiume egiziano; nessun dubbio invece per un signore di Sesto Fiorentino: Torino, che di cognome fa Parigi, un binomio sinonimo di eleganza.Non fanno notizia le tante Argentina, per le quali si pensa alla patria dei tangheri, ma che risale in realtà alla tradizione medievale, per augurare a chi lo portava bellezza, splendore preziosità dell’argento e millecento italiani si chiamano Argentino. Siro, Sira, Siria evocano schiavi e liberti provenienti da quella regione, ma si collegano anche a santi famosi, il vescovo di Pavia – quello dello stadio di Milano – e il leggendario vescovo di Genova; un po’ meno consueti Novaro (lo si incontra all’Impruneta) e Zaro (ancora a Sesto Fiorentino, luogo che è una vera miniera di casi notevoli, insieme a Livorno): parrebbero il maschile di Novara e Zara, utilizzati al femminile con una certa frequenza. Il primo rimanda alla tragica sconfitta di Novara durante la prima guerra di indipendenza e il secondo alle vicende della città prima soggetta a Venezia, poi austriaca, quindi annessa all’Italia ed infine occupata dalle forze partigiane jugoslave. Nubia Trucchi di Orbetello aveva genitori in qualche modo legati alla regione africana fra Egitto e Sudan, mentre Mesia Livi Manneschi di Grosseto ripropone il nome della antica provincia romana fra Dalmazia, Dacia e Tracia. E chissà se Fosco Maraini, per sua figlia Dacia pensò alla geografia del mondo romano o alle piccole costruzioni russe.A note pagine di storia patria rimandano Trento e TriesteGaribaldo ed è esistita una celebre Garibalda (Landini Niccoli), insuperata interprete di commedie in vernacolo. Oberdan, da cognome del martire Guglielmo, è diventato nome per il signor Santi di Firenze; c’è anche chi si chiama Teano, come il luogo dell’incontro fra Garibaldi e il re (ne abbiamo contati a Firenze e a Orbetello). Non mancano i Mazzino, da intendersi in riferimento all’apostolo della Giovine Italia e non solo come diminutivo di Mazzeo, forma derivante dal greco tardo e bizantino Maththaios. Italia è diffusissimo, compresi la variante Italina, il maschile Italiano, Italo, Itala, per non parlare di Fiorentino, Fiorentina, Pisana (complice Ippolito Nievo e lo sceneggiato televisivo con Bosetti e la Alfonsi.). Toscano, Tosco – a meno che non sia il maschile della Tosca di pucciniana memoria – Arno per i maschietti hanno una loro diffusione; parrebbe unico il caso di Tirrena Santini di Pisa. Sempre nella città della torre, probabilmente i genitori di Varsesia Sbrana hanno tuffato nel vernacolo il nome della bellissima Valle piemontese ai piedi del Monte Rosa; ugualmente si deve pensare che «toscanizzazioni» siano Iadere per Jader (Abbadia San Salvatore), Valtere per Walter e Aneris per Amneris.L’eroina verdiana ci permette di aprire il capitolo dedicato alla numerosa schiera di genitori melomani o appassionati di musica in genere. Amneris, appunto, Aida, Violetta, Manon, Mignon, Mimi, Tosca, Manrico (il vero nome del «Trovatore») sono ordinaria amministrazione. A Livorno il signor Masi si chiama davvero Trovatore e se in tutta la Toscana sono sparsi parecchi Rigoletto, un posto d’onore è da riservare alla signora Valchiria Calassi Spadaccini di Firenze.Se però si consulta il «Dizionario dei nomi italiani» scopriamo che le italiane di questo nome sono seicento e cinquanta i Valchirio. Potenza della musica di Wagner, che fa dimenticare come le valchirie fossero gli esseri femminili di natura soprannaturale, che sceglievano gli eroi destinati a cadere in battaglia per accompagnarli dal dio Odino nel Waalhalla. Wolfango, trascrizione italiana di Wolfgang, indica che l’ammirazione per il genio di Salisburgo non ha confini di tempo e di spazio. Per chiamare il loro figlio Victor Ugo e Vittorugo i loro figli si immagina che i signori Magni di Firenze siano stati lettori accaniti dell’autore de «I Miserabili», ammirato per le sue idee e attività democratiche; allo stesso modo si indovina facilmente che i signori Pasquinelli di Piombino amassero molto la letteratura francese se scelsero Dumas come nome per il loro bimbo: ce ne sono 120 in Toscana.A Michelangela Marongiu di Sesto, esempio al femminile di un nome che di solito appare al maschile in omaggio all’artista eccelso, rispondono Giotto Checcacci di Sesto Fiorentino e Sanzio Giannelli di Seravezza. Giotto in realtà era un diminutivo (Angiolotto, Ambrogiotto), ma c’è da giurare che agli oltre ottocento signori cui è stato imposto sia stato dato per il grande architetto e pittore; Sanzio è un altro modo per indicare Raffaello. Ad un Pirro Stefanini di Cutigliano, uno dei trecento italiani che ripropongono il famoso re dell’Epiro, il cui nome (purros) vale «rosso» di capelli, fanno eco Nevio Sarti di Grosseto (Nevio è poeta latino di III secolo a.C.), Tertulliano Petrucci di Pian degli Ontani (il nome è quello del polemista cristiano di III secolo), Priamo Bargellini di Pistola, Teseo Mannoni di Firenze: come dire che storia dell’arte, storia antica, mitologia, letteratura cristiana delle origini, letteratura latina hanno lasciato il segno. Talia, come la musa, Orfeo (ma a Sesto c’è Orfea Mariani), Ulisse, Scipione, Narciso, Sileno, Teseo, Pilade, Annibale, Remo sono tutti legati ad una cultura umanistica che a colpi di decreti ministeriali sta tramontando.A fronte delle Maria Pace, Pace, Irene (che ha lo stesso significato in greco), Pacifico, Pacifica, ecco Guerra Milanesi di Siena, Guerriero Nardi di Buonconvento e una serie infinita di Guerrino, Guerino, Guerrina. Reminiscenze letterarie del «Guerrin Meschino» o allusione ancora ai tragicissimi eventi della Grande Guerra? L’influsso della 15-18 pare avere avuto un forte impatto nell’onomastica toscana. La signora Gradisca Viti del Marzocchino (Querceta) ha questo nome perché il padre aveva combattuto in quella località friulana. Gorizia, Gorizio, Isonzo, Carso, Piave, Montello, furono imposti con frequenza ai figli dei reduci.Molti nomi sono proprio graziosi. Ermellina (ad esempio la signora Lombardi di Poggiale, Grosseto), rimanda ali’animaletto (il mus armeninus, il topo dell’Armenia), posto in braccio alla celebre dama ritratta da Leonardo, simbolo di candore, innocenza e bontà d’animo. E c’è chi afferma si tratti di una forma parallela ad Armellina, che continua il latino Animula, «piccola anima», «anima mia» o forse è da ricollegare alla dolcissima albicocca, in veneto «armelin», perché pomum Armeninum, frutto dell’Armenia. Mammola (come la signora Soldati Carli di Siena) è proprio per lo meno a cento rappresentanti del gentil sesso cui si intendeva augurare alla nascita la modestia e la semplicità, la bontà e la bellezza dell’omonimo fiore. Per Vallinella (la signora Semplici di Livorno) non abbiamo trovato riscontri. Strano, ma usato – ne abbiamo contati una decina in Toscana ma fra la nostra regione e l’Emilia Romagna dovrebbero essere mille, con settantacinque forme al femminile – appare Idalgo, che potrebbe ricondurre all’eroe dell’indipendenza messicana Miguel Hidalgo y Castilla, ma conferisce a chi lo porta una sorta di patente di nobiltà: «hi» rimanda a «hijo», figlio, ossia individuo, persona, «de algo»: di qualche sostanza, di una certa ricchezza, che possiede beni. Non dobbiamo meravigliarci: le vie della ideologia passano spesso attraverso i nomi, come dimostrano i tremilaquattrocento Emiliano italiani che riproporranno certo il gentilizio latino, o Scipione l’Emiliano, o i vari santi di questo nome, ma devono in larga parte la loro esistenza all’eroe strepitoso Marlon Brando. Grazioso, Vago, Sireno, Sereno sono tutti nomi bene auguranti: quest’ultimo molto più usato al femminile. Nessuno può battere il signor Giannini di Seravezza che si chiama Paradiso. In Italia sono cinquanta, a fronte delle cento Paradisina. Gli si accostano Santo Salvatore e Umile Salvatore, rispettivamente di Firenze e di Siena, teologicamente ineccepibili perché il Signore nella sua santità infinita per salvarci si fece umile, uomo fra gli uomini.Complimenti ai genitori. I più gettonati a Firenze e PisaTutti pazzi per GiuliaAndrea è il nome maschile più diffuso a Firenze, seguito da Marco e Alessandro. Per le donne – come risulta dall’anagrafe – la palma spetta a Maria, seguita da Anna e Francesca. Tuttavia i nomi più usati per i nati dal ’94 ad oggi sono, per i maschi, Lorenzo, Matteo e Niccolò, mentre per le femmine al primo posto troviamo Giulia, seguita da Sara e Chiara.

Tutti pazzi per Giulia, dunque? Sembra proprio di sì e non solo a Firenze. Sembra proprio essere questo infatti il nome di battesimo più utilizzato da mamme e papà per il loro bebè anche all’ombra della torre pendente. La conferma arriva dall’ufficio di stato civile del comune di Pisa: «Negli ultimi mesi – dicono gli operatori – Giulia è decisamente la più gettonata. E, in una classifica virtuale tra i nomi femminili più “in”, Emma è al secondo posto, Sara al terzo insieme a Chiara. Un po’ sotto stanno Rachele, Matilde, Greta».

Tra i maschi: i soliti Gabriele, Lorenzo, Alessandro e Giacomo. «C’è, in generale – rilevano all’ufficio di stato civile – un ritorno ai nomi classici. Nomi come Pietro o Margherita non se ne vedevano più da tempo ed invece stanno tornando a riempire i nostri registri».

La scelta dei nomi segue trend che spesso sfuggono ad ogni logica o spiegazione. Così capita che in una settimana, in giorni diversi, arrivino all’ufficio di stato civile la richiesta di registrare tre o quattro Gabriele (se maschi) o due o tre Asia (se femmine). Fino a rivedere una simile richiesta solo uno o due mesi dopo.

Quanto a nomi e cognomi particolari anche la città (e la provincia) di Pisa ha la sua dignità. Nessuno, probabilmente, ha mai creduto alla trascrizione esatta in anagrafe di Viarengo, 72 anni, butese: sì che, quest’uomo, che ora abita a Pisa, ha ricevuto per anni posta indirizzata ora a Vincenzo, ora a Vianello. Bella coppia quella di Torello ed Uria, trovatisi nei nomi e… nell’amore.

E che dire di una giovane mamma impegnata a casa con il telelavoro per le Pagine gialle della Seat? Fa La Bella di cognome e si presenta ai clienti proprio così: «Sono La Bella (ma le maiuscole, nel linguaggio orale, non vengono percepite) della Seat», riscontrando, talora, qualche ilarità. Gli aneddoti, in questo senso, potrebbero andare all’infinito. Come la numerosissima famiglia iniziata con il primogenito «Primo», il secondogenito «Secondo», fino all’undicesima «Finimola» (è storia vera!) arrivata evidentemente quando la coppia si era resa conto di essere sin troppo prolifica… A. B.