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IL MONASTERO DI SAN VINCENZO E I 500 ANNI DAL SACCO DI PRATO: DOMENICA 2 SETTEMBRE MESSA E PROCESSIONE CON LA MADONNA DEI PAPALINI

Cinquecento anni fa la storia di Firenze e della Toscana (e con esse, ovviamente, dell’Italia) «cambiò» a Prato. Alla fine dell’agosto del 1512 le truppe papaline e spagnole al comando del generale viceré di Napoli Ramon de Cardona, accompagnato dal cardinale Giovanni de’ Medici (legato pontificio), regista dell’intera operazione, penetrarono in Toscana dal Mugello. L’obiettivo era la fine della Repubblica fiorentina e il ritorno al potere dei Medici. La strategia fu di mettere «a sacco» la vicina e dominata Prato per gettare nel terrore la Repubblica guidata da Piero Soderini. Il 29 agosto, alle 6 del pomeriggio, Prato venne conquistata.

Il tragico, violento saccheggio, durato ben 22 giorni, provocò l’uccisione di centinaia di persone (le cronache parlano, sicuramente esagerando, di 5.000 morti), violenze, incendi, rapimenti. Di fronte a questo luttuoso evento, Firenze patteggiò la resa e il ritorno dei Medici al potere. Il Sacco ebbe conseguenze durature e negative per la città: per decenni Prato fu fiaccata socialmente ed economicamente.

In questa tragica storia c’è l’episodio del Monastero domenicano femminile di San Vincenzo, raccontato da padre Serafino Razzi. I feroci soldati spagnoli dominavano con l’assassinio, lo stupro, le violenze di ogni sorta, non risparmiando i monasteri che «furon tutti messi a sacco et a bordello». Solo il monastero di S. Vincenzo fu risparmiato: i capitani spagnoli Giovanni, Spinoso e Vincenzio, «penetrati come sciacalli affamati entro le sacre mure del Monastero», trovarono le suore raccolte in preghiera davanti ad una statua della Madonna. Si soffermarono e caddero in ginocchio. Da feroci e crudeli, in un attimo divennero mansueti, si alzarono dandosi la mano l’un l’altro e, «chiamata la madre Priora, Raffaella da Faenza, donna di molto valore e di singolare pietà, la esortarono – raccontano le cronache – a stare di buon animo, giurando che avrebbero rispettato il Monastero e le Religiose». Il saccheggio e la violenza furono risparmiati.

Mai le monache domenicane di San Vincenzo hanno smesso di ringraziare la Madonna, venerando quella statua da allora detta «dei Papalini» (dalle truppe pontificie che si erano alleate con gli spagnoli). Così le claustrali hanno conservato per secoli la memoria del Sacco di Prato.

La bella statua, in terracotta policromata degli inizi del Cinquecento, vestita con un abito settecentesco di seta ricamata, mercoledì 29 agosto, viene portata dalla clausura nella Basilica di San Vincenzo e Santa Caterina De’ Ricci (piazza San Domenico). Qui l’appuntamento è con la celebrazione della Messa alle 8, celebrata da don Daniele Scaccini, Rettore del Seminario, preceduta dalle Lodi. La statua, al termine, viene esposta alla venerazione dei fedeli presso la grata del coro (in fondo a destra per chi entra in chiesa). Le celebrazioni si concluderanno domenica 2 settembre: Lodi alle 8, Messa alle 8,30 presieduta dal Vescovo di Prato Gastone Simoni Quest’anno, nel cinquecentesimo anniversario del Sacco, alle 21 dello stesso giorno, il Monastero, gli Amici dei Musei, Confartigianato Imprese Prato e i Restauratori di Borgo al Cornio presenteranno il restauro della Cappella della Madonna con l’evento: «Speranza per una rinascita». I lavori inizieranno proprio mercoledì 29 per concludersi esattamente un anno dopo. Il programma prevede alle 21,30 Letture a cura dell’attrice Donatella Russo sul sacco di Prato del 1512 tratte da «La vita di Santa Caterina De’ Ricci» di Padre Serafino Razzi; alle 22 la Visita alla Cappella della Madonna dei Papalini.