Toscana

Un anno fa la strage di Nassiriya

Un anno fa, il 12 novembre 2003, la strage di Nassiriya, in Iraq, che cosò la vita a 19 italiani, 17 militari (5 dell’Esercito e 12 Carabinieri) e 2 civili. Tra questi anche un toscano, il livornese luogotenente Enzo Fregosi. Manifestazioni e messe di suffragio sono previste in tutto il paese, così come a Nassiriya. A Roma, nella basilica di Santa Maria degli Angeli, l’Ordinario militare per l’Italia mons. Angelo Bagnasco, ha celebrato una Messa alla quale hanno preso parte i parenti delle vittime e i feriti della strage. In prima fila il presidente Ciampi con la moglie Franca, il premier Berlusconi e il presidente della Camera Casini.

A Firenze il sindaco Leonardo Domenici ha chiesto con una lettera ai dirigenti scolastici e ai direttori del Comune di far osservare un minuto di silenzio in tutte le classi delle scuole fiorentine e negli uffici comunali, mentre una cerimonia di commemorazione si è tenuta in Palazzo Vecchio.

Anche a Siena, il sindaco Maurizio Cenni ha chiesto alla città di osservare «un minuto di silenzio nei posti di lavoro, negli uffici, nelle scuole, e anche nelle case, in ricordo di quanto avvenuto perché sia la pace il valore che emerge sopra ogni cosa». A Prato, è stato initolato ai caduti di Nassirya il piazzale antistante il palasport di Maliseti.

Qualche polemica, invece, a livello regionale dove Alleanza Nazionale ha chiesto con una interrogazione urgente al presidente Claudio Martini «come mai la Regione non ha ritenuto di celebrare in alcun modo la ricorrenza per onorare la memoria dei caduti al servizio della patria e della pace”. Sempre An, a Firenze, ha previsto una serie di iniziative, come la deposizione di una corona di alloro ai piedi del monumento ai caduti di piazza dell’Unità, una Messa nella basilica di SS.Annunziata e (alle 21) un convegno all’Hotel Adriatico.

Ecco l’elenco degli italiani caduti in seguito all’attentato kamikaze condotto dai terroristi contro la nostra base «Maestrale»: tenente Massimiliano Ficuciello, il luogotenente Enzo Fregosi, gli aiutanti Giovanni Cavallaro e Alfonso Trincone, i marescialli capo Alfio Ragazzi e Massimiliano Bruno, i marescialli Daniele Ghione, Filippo Merlino e Silvio Olla, i vice brigadieri Giuseppe Coletta e Ivan Ghitti, l’appuntato Domenico Intravaia, i carabinieri scelti Horatio Maiorana e Andrea Filippa, il caporal maggiore Emanuele Ferraro, i caporali Alessandro Carrisi e Pietro Petrucci. Persero la vita anche Stefano Rolla (della casa di produzione ‘Gabbiano Film’) e Marco Beci, esperto della Cooperazione.

In ventuno, poi, rimasero feriti nell’attentato: tre militari dell’esercito, 17 carabinieri e un civile (sempre della casa di produzione Rolla); ventuno persone che il destino ha legato indissolubilmente per tutta la vita. Uomini, e una donna, che hanno visto la morte negli occhi e che la morte porteranno sempre dentro, avendo perso a Nassiriya colleghi, compagni di camerata, soprattutto amici.

La maggior parte di loro, dopo mesi di convalescenza più psicologica che fisica (anche se qualcuno è ancora alle prese con le ferite provocate dalle schegge), è tornata al lavoro. Nelle stazioni dei carabinieri sparse in Italia, nella caserma della ‘Sassari’, la brigata che era presente a Nassiriya nel momento dell’attentato.

Complessivamente la missione «Antica Babilonia» in Iraq è costata ventuno vite umane e ha causato 69 feriti. Ai 19 morti nella strage di un anno fa a Nassiriya, vanno aggiunti il caporale Matteo Vanzan, morto nella notte del 15 maggio 2004, nel corso degli incidenti avvenuti a Nassiriya che causano anche 15 feriti, e il primo caporal maggiore Antonio Tarantino, morto il 5 luglio 2004, per il ribaltamento del suo veicolo VM90/T a causa di una collisione con un camion civile che procedeva nel senso opposto di marcia, incidente che causerà anche il ferimento di altri 3 militari.

Dal Papa le vedove di Nassiriya«Noi vedove di Nassiriya saremo ricevute il 17 novembre dal Santo Padre. E per me questa visita avrà un significato molto importante, non solo per il conforto che il Papa ci darà, ma anche perché credo di dover apprendere insegnamenti da chiunque: ed è proprio questa l’eredità più bella che mi ha lasciato mio marito”. Paola Cohen Gialli è la vedova di Enzo Fregosi, il maresciallo dei carabinieri livornese ucciso insieme ai suoi commilitoni il 12 novembre scorso nell’attentato di Nassiriya. Di religione ebraica, ma sposata con un cattolico, Paola Fregosi ha sempre fatto del rispetto reciproco la sua principale regola di vita. «Per questo – aggiunge – l’incontro con Wojtyla assume per me un significato davvero particolare, perché lo vivo come un momento di scambio e di condivisione di valori universali come la solidarietà e la pace». Fregosi aveva scelto la missione in Iraq per aiutare quel Paese a ricostruire la democrazia. Si occupava della salvaguardia dell’immenso patrimonio culturale iracheno. «Enzo è sempre stato molto curioso verso le diverse civiltà – prosegue la moglie – e noi in famiglia siamo sempre andati d’accordo perché ciascuno di noi e i nostri figli abbiamo sempre rispettato le scelte dell’altro». Già, le scelte. Il figlio Pietro ha scelto la stessa carriera del padre. Ha scelto l’Arma dei carabinieri e adesso è aggregato alla 2/a Brigata Mobile, guidata dal generale Leonardo Leso, quella sempre pronta a partire per le missioni internazionali.

«Non ho paura e non gli ho mai detto di cambiare mestiere – spiega Paola Fregosi – perché rispetto la sua volontà e so che questo è il suo lavoro. Enzo andava in missione di pace, Pietro lavora con lo stesso spirito”.

Ma com’è cambiata la vita in questi ultimi 12 mesi? «È cambiata nell’unico modo possibile – conclude Paola -. Mi manca il compagno di vita, il padre dei miei figli, la sua presenza che riempiva la nostra casa. Ma ho anche saputo apprezzare la solidarietà di tutti: dell’Arma dei carabinieri, che è la nostra famiglia, ma anche delle altre istituzioni civili di tutta Italia che ci hanno coinvolto in tantissime iniziative. Della comunità ebraica livornese, alla quale appartengo e che mi è stata molto vicina in questi mesi. Così come il vescovo e la comunità cattolica. Enzo era tutto questo, era uno conosciuto e apprezzato da molti. E io sono felice di avergli vissuto accanto per tanti anni, imparando a conoscere e rispettare gli altri. Questo dirò al Papa mercoledì prossimo. Questo voglio continuare a imparare e a trasmettere agli altri: la convivenza pacifica, il rispetto delle diversità culturali, religiose e politiche».

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