Vita Chiesa

Cresima: padrino e madrina? «Lo facciano i catechisti»

La questione della scelta dei padrini e delle madrine per la Cresima è un tema che nelle parrocchie torna a farsi sentire in maniera sempre più ricorrente. Il Codice di Diritto Canonico chiede che «Il confermando sia assistito per quanto è possibile dal padrino, il cui compito è provvedere che il confermato si comporti come vero testimone di Cristo e adempia fedelmente gli obblighi inerenti allo stesso sacramento».

La presenza di un padrino o di una madrina quindi non è obbligatoria. Quello che è obbligatorio, secondo le norme della Chiesa, è che chi viene indicato per svolgere il ruolo di padrino o madrina risponda ad alcuni requisiti (che sono gli stessi richiesti per chi fa da padrino o madrina al Battesimo): abbia almeno 16 anni, abbia a sua volta ricevuto il sacramento della Confermazione, e «conduca una vita conforme alla fede e all’incarico che assume». Un requisito che ovviamente non è facile da verificare: si potrebbe porre la questione della testimonianza di fede, della frequenza alla Chiesa e ai sacramenti, della vita morale. Qui però si entra in un campo più strettamente personale che non è facilmente giudicabile da un parroco che, di solito, non conosce le persone indicate dalla famiglia (di solito parenti o amici). I problemi, in genere, sono legati alla situazione familiare: padrini e madrine infatti non dovrebbero vivere situazioni matrimoniali irregolari: essere conviventi, sposati solo civilmente o divorziati risposati, tanto per fare alcuni esempi. Motivazioni che in molte parrocchie finiscono per diventare motivo di dissidi: proprio nel momento in cui una famiglia si avvicina alla Chiesa per chiedere il sacramento di un suo membro, momento privilegiato per riallacciare rapporti e testimoniare l’accoglienza della parrocchia, c’è il rischio di creare una situazione di «muro contro muro» con il parroco che, se vuole fare il suo dovere, non può accondiscendere alle richieste dei genitori e, spesso, dei cresimandi stessi.

Il vescovo di Pitigliano, Sovana e Orbetello Giovanni Roncari ha affrontato la questione proponendo all’assemblea del clero e al Consiglio pastorale diocesano una soluzione drastica: affidare questo ruolo ai catechisti. «La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del si è sempre fatto così»: con questo riferimento all’esortazione di Papa Francesco, Evangelii Gaudium, monsignor Roncari ha presentato la novità che, progressivamente, sarà introdotta nella celebrazione delle Cresime nelle parrocchie della diocesi.

Il tema era già stato dibattuto in una riunione del consiglio presbiterale diocesano: qui i sacerdoti avevano condiviso il loro disagio di fronte a un problema che puntualmente si presenta ai parroci nei giorni precedenti la celebrazione delle Cresime e che lo stesso vescovo Roncari, che per tanti anni ha svolto l’incarico di parroco a Firenze, conosce bene.

Ecco perché, considerato che lo stesso Diritto canonico permette una certa elasticità in materia, la diocesi sta pensando ad una riforma dell’istituto dei padrini della Cresima. Nel suo appunto, monsignor Roncari (che è stato anche docente di Storia della Chiesa alla Facoltà teologica dell’Italia centrale) premette anche che «nella sua lunga storia, la Chiesa ha creato, trasformato, rinnovato e anche soppresso tante strutture ecclesiali e pastorali. Questo è accaduto e accadrà molte altre volte, perché la Chiesa vive nel tempo e deve accogliere, nell’unità della fede, le necessità dei fedeli che si esprimono in maniera diversa secondo i tempi per poter rendere possibile la predicazione del Vangelo… Pensiamo alla pluralità dei servizi nati intorno all’altare e a servizio della comunità ecclesiale: accoliti, lettori, ministri straordinari dell’Eucarestia, come ad altri ministeri ormai scomparsi perché ridotti a cerimonie senza un portato pastorale concreto: tonsura, ostiariato, esorcistato, suddiaconato. Pensiamo oggi alla ricerca teologica sul diaconato femminile».

Tra queste istituzioni evolute nel tempo, ci sono i padrini del Battesimo e della Cresima, come garanti di una educazione cristiana. «La loro evoluzione-involuzione – afferma padre Giovanni – è sotto gli occhi di tutti: si scelgono spesso persone per ragioni affettive, di parentela, di convenienza sociale che poco hanno a che fare con la formazione cristiana che invece viene impartita da altri (catechisti…). Tutto sembra esaurirsi, salvo qualche felice eccezione, alla presenza durante la liturgia sacramentale».

E se nel Battesimo padrini e madrine hanno anche un ruolo significativo nella liturgia, nella Cresima la liturgia «sembra quasi ignorarli, proponendo che il cresimando sia accompagnato da “colui che all’inizio ha presentato il cresimando” e che posa la sua mano sulla spalla del cresimando pronunziandone il nome, “a meno che non lo pronunzi spontaneamente il cresimando stesso”».

Nel Rito della Confermazione, dopo aver descritto il compito tradizionale del padrino, si afferma: «può anche darsi il caso che siano i genitori stessi a presentare i loro bambini» e ricorda che «in via ordinaria spetta ai genitori cristiani preoccuparsi della iniziazione dei loro figli allo vita sacramentale… la coscienza di questo dovere i genitori lo esprimono anche con la loro attiva partecipazione alla celebrazione dei sacramenti». Padre Roncari dunque fa riferimento a quanto disposto dal Rito della Confermazione, al numero 5: «spetterà comunque all’Ordinario del luogo, tenute presenti le circostanze di tempo e di luogo, stabilire il criterio da seguire nella sua diocesi». Per questo, afferma il vescovo di Pitigliano, «stabilisco che ogni comunità parrocchiale faccia un cammino verso questa direzione pastorale: la presentazione dei cresimandi e il loro accompagnamento sia fatto dai catechisti che realmente li hanno preparati, hanno curato la loro formazione per anni e possono continuare la formazione, soprattutto se hanno saputo creare relazioni autentiche con i loro ragazzi e con le loro famiglie».

Questo significa che il ruolo dei padrini non viene abolito: semplicemente saranno i catechisti che hanno seguito per anni i ragazzi, a svolgere questo ruolo, anche perché, si spera, il catechista ha tutte le caratteristiche per testimoniare la fede al cresimando e rappresenta una figura che i ragazzi potranno continuare ad incontrare frequentando la parrocchia.

L’appunto di padre Roncari termina con alcune indicazioni su come organizzare, di conseguenza, la liturgia della Cresima: «I cresimandi siano sistemati in maniera opportuna davanti all’altare e subito dietro loro, se lo spazio lo consente, i genitori; altrimenti in altro luogo, ma evidente. Dopo la proclamazione del Vangelo, il parroco o uno dei catechisti presenta con brevi parole i cresimandi. Segue l’omelia.

I cresimandi emettono la professione di fede davanti al Vescovo. Segue l’invocazione dello Spirito Santo. Durante questa invocazione, se lo spazio lo consente, è bene che i cresimandi stiano in ginocchio, mentre tutti gli altri sono in piedi, per indicare che su di loro viene invocato lo Spirito Santo. Il cresimando si avvicina al Vescovo accompagnato da un genitore, oppure da un catechista oppure da solo, dice il proprio nome e riceve l’unzione crismale. Al termine della Messa, prima della benedizione finale, il Vescovo affiderà al gruppo del dopo-cresima i nuovi cresimati per continuare così il cammino cristiano».

Queste indicazioni saranno adesso «testate» per qualche anno, prima di diventare, nel caso, legge definitiva. Intanto però si è aperto un cammino; un piccolo passo verso quella «Chiesa in uscita» tanto cara a papa Francesco.