Italia

Gardini (Confcooperative): in due mesi persi 270 milioni di fatturato

L’organizzazione rappresenta, sul territorio italiano oltre 18.500 aziende, più di mezzo milione di persone occupate e un fatturato di circa 70 miliardi di euro di fatturato. Anche in Toscana le cosiddette cooperative «bianche» hanno un peso non indifferente per numero di imprese di lavoratori occupati. Proprio Confcooperative insieme al Censis ha presentato un rapporto sulla «lockdown economy» dal quale si evidenzia che il motore produttivo ha lavorato in questo periodo al 60% del proprio potenziale. Questo innesca una catena dagli effetti dirompenti in termini di reddito, di domanda interna, di sostenibilità economica, in cui il fattore tempo – la durata dello stato di sospensione – diventa la variabile fondamentale per capire le conseguenze su un sistema economico e sociale sottoposto a uno «stress test» che nessuna recessione nel passato aveva mai fatto sperimentare. Non solo. Se guardiamo alle previsioni per i prossimi anni il cielo è ancora più buio. Partendo da una base di fatturato delle imprese nel 2019 pari a 2.411 miliardi di euro, il valore atteso sarebbe stato nel 2020 pari a 2.502 miliardi di euro, ma in realtà, proprio a causa dello shock, il volume di fatturato si fermerebbe a 2.233 miliardi, con una differenza negativa pari a 219 miliardi di euro. A pagare il prezzo più grosso sarebbe il Nord del paese, quello più colpito dal coronavirus, ma anche il Centro subirebbe un contraccolpo. Neanche il «rimbalzo», atteso nel 2021, porterebbe a un recupero del fatturato perduto. Dai 2.233 miliardi di euro del 2020 si potrebbe passare a 2.448 miliardi che rappresenterebbero una differenza negativa, rispetto alla cifra prevista in assenza di shock, pari a 54 miliardi. Insomma, lo scenario imputerebbe allo shock Covid-19 una mancata produzione di valore da parte delle imprese superiore ai 270 miliardi. «In condizioni di urgenza straordinaria il sistema necessita di misure straordinarie, coraggiose e soprattutto veloci – sottolinea Gardini – altrimenti rischiamo, quando sarà passata l’emergenza, di lasciare sul tappeto 1 milione di imprese. Senza dimenticare la sicurezza per i lavoratori».

Qual è il ruolo che ha giocato il mondo delle cooperative in questo difficile momento?

«Il ruolo della cooperazione nel welfare, con le cooperative sociali e sanitarie, è in prima linea, eroga servizi a 6 milioni di persone fragili. Da evidenziare le cooperative di produzione lavoro e servizi impegnate nel trasporto valori, merci e persone, nelle pulizie degli uffici della pubblica amministrazione e nella sanificazione degli ospedali e nella vigilanza. Pensiamo poi alle cooperative della filiera agroalimentare e le cooperative di distribuzione al consumo e al dettaglio che non stanno mancando di rifornire le tavole degli italiani. Insomma le cooperative stanno dando un contributo fondamentale alla tenuta del fronte. Senza le cooperative avremmo avuto condizioni di maggiore criticità nei servizi alle persone e alle comunità. Altre, purtroppo, hanno dovuto fermarsi. Sono circa il 40% delle nostre aziende che impiegano il 30% dei nostri lavoratori».

E ora che succede?

«Poco più della metà delle imprese e dei suoi lavoratori non si sono fermati. In qualche modo la “fase 2” parte da qui, ma va alimentata con coraggio e decisione. Vanno tenuti accesi i motori del sistema imprenditoriale per consentire la ripartenza appena sarà possibile e cercare il rimbalzo necessario per il nostro Pil. In caso contrario rischiamo di uscire da questo lockdown lasciando sul tappeto almeno il 20% delle imprese, poco meno di 1 milione di pmi, con conseguenze indescrivibili in termini di fatturato, occupazione e tenuta sociale del Paese».

Su cosa dobbiamo lavorare?

«Posta l’emergenza sanitaria abbiamo due fronti su cui lavorare, quello europeo e quello italiano».

Partiamo da casa nostra.

«Il tema prioritario è il credito. Occorrono meccanismi che garantiscano liquidità immediata a tutte le imprese che, dalle più piccole alle più grandi, sono in difficoltà. Per l’export, a esempio, è a rischio un valore di 280 miliardi pari al 65,8% del valore complessivo. Ecco perché le misure del governo devono consentire alle banche di essere immediatamente operative con istruttorie con tempi record, degne dei periodi di emergenza, superando il cronico problema della burocrazia che rallenta ogni processo. E a proposito di liquidità, vanno saldati tutti i debiti della PA. Siamo maglia nera in Europa – aggiunge il presidente di Confcooperative – è il minimo che si possa fare: 53 miliardi dovuti dallo Stato alle imprese che non possono continuare a fare da cassa allo stato e agli enti locali. Solo le cooperative sociali e quelle di produzione lavoro e servizi hanno crediti per circa 2 miliardi di euro. Questa è una sfida che si può vincere solo con l’Europa che in caso di sconfitta rischia molto più di una grave depressione economica, rischia di veder morire quel sogno chiamato Europa». 

E così arriviamo al secondo fronte. Cosa deve fare l’Europa?

«Da questo shock epocale usciremo vincitori solo con un’Europa unita e solidale. È indispensabile l’emissione di bond europei che non pesino sul debito dei singoli paesi e siano finalizzati a supportare le economie degli stati membri. Non è un discorso di “falchi” contro “colombe”. Gli effetti del Covid-19 sono insostenibili per i singoli paesi. Anche per quelli che lucrano grazie a imprese che spostano ad Amsterdam la propria sede legale per un fisco di favore. Ricordiamo che le cooperative non delocalizzano, ma creano lavoro e ricchezza in Italia. Erogano servizi in Italia. Pagano le tasse in Italia».