Italia

Immigrazione: lettera di don Albanesi (Capodarco) a Salvini, «gestire politiche in maniera propositiva anziché difensiva»

«L’Europa è un continente che sta invecchiando, circondato da popoli giovani e affamati. Se il fenomeno immigratorio non sarà gestito saremo davvero invasi». La via maestra è quindi «invertire la politica dell’immigrazione da difensiva a propositiva. Corridoi umanitari per le popolazioni in guerra; progetti di aiuto alle nazioni interessate dell’Africa»: lo scrive don Vinicio Albanesi, presidente della Fondazione «Caritas in veritate» e della Comunità di Capodarco, in una lettera aperta che consegnerà al ministro dell’Interno Matteo Salvini, oggi in visita a Fermo per l’inaugurazione della Questura, del Comando provinciale dei Carabinieri e del Comando provinciale della Guardia di Finanza. Don Albanesi è anche responsabile del Cas (Centro di accoglienza straordinaria) di Fermo, che ospita presso il seminario arcivescovile di Fermo oltre 100 immigrati dall’aprile del 2014.

Il presidente della Comunità di Capodarco ricorda che l’immigrazione è iniziata nel 2000 quindi va compresa come «fenomeno strutturale» anziché attivare, come è stato finora, solo politiche «difensive» per «fermare l’invasione»: «Una politica non risolutiva. Si è costretti a ricorrere a lavori sporchi da affidare a terzi: Turchia, Grecia, Libia con la costruzione di piccoli grandi agglomerati di sbarramento che assomigliano a lager, nella speranza di ridurre l’immigrazione». Riguardo alla proposta italiana di chiedere alla Ue la copertura economica di tutto il lavoro di accoglienza fatto dall’Italia, don Albanesi invita a creare «il fondo per l’immigrazione come spesa di bilancio Ue. Si attutisce almeno la guerra tra poveri italiani e poveri stranieri». E mette in evidenza il problema «della sacca di immigrati che sopravvivono in Italia senza permesso di soggiorno. Nessuno sa quanti sono: di fatto, ad oggi, i permessi di soggiorno non superano il 10% delle richieste. I restanti ‘apolidi’ sono spesso causa di fenomeni di aggressività e di disagio sociale. Dimenticare questo ‘serio’ problema creerà maggiori problemi che non possono essere risolti solo con le forze dell’ordine».

Don Albanesi conclude con l’invito a «guardare al futuro per un Paese che non perde la propria identità, ma riesce a integrare i nuovi cittadini, che hanno uguali diritti e doveri di ogni abitante del Paese».