Italia

Servizio civile in Caritas: in 40 anni 110 mila giovani. Don Soddu: bella esperienza di formazione e condivisione

«È stata ed è una bella esperienza di Chiesa, mai confessionale o di proselitismo. Una Chiesa che ha proposto ai giovani un cammino di formazione e condivisione con i poveri». Così don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana, ha ripercorso i 40 anni di servizio civile in Caritas durante un convegno che si sta svolgendo oggi a Roma, in occasione della Giornata nazionale che ricorda la prima legge sull’obiezione di coscienza del 1977, che permetteva ai giovani di scegliere questa opzione anziché la leva militare obbligatoria.  

«L’esperienza dell’obiezione di coscienza faceva emergere un contrasto – ha ricordato don Soddu – come sta accadendo in questi giorni con la legge sul biotestamento. Abbiamo vissuto gran parte di questi 40 anni in un rapporto dialettico, talvolta anche in scontro aperto, con il ministro della Difesa, perché  la politica arrivò in ritardo rispetto ad una esperienza che coinvolgeva tanti giovani e guadagnava un consenso sempre più crescente». Alla fine del 1977 gli obiettori in Caritas erano 10; dopo 20 anni più di 5.000, diventando l’ente accreditato con più presenze. Ad oggi almeno 110.000 giovani hanno svolto l’obiezione di coscienza o il servizio civile in Caritas, in seguito alla sospensione, 17 anni, della leva obbligatoria. «Ora si apre un nuovo scenario con la nuova legge sul servizio civile universale – ha concluso don Soddu -. Riflettiamo sul senso profondo di una storia che abbiamo costruito e dobbiamo costruire».

«L’esperienza ecclesiale del servizio civile non può essere contrabbandata, non può ridursi ad una occasione di lavoro, non deve essere funzionale al mercato», ha affermato mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, intervenendo al convegno. «Questo atteggiamento non aiuta voi ragazzi perché si trasforma in un parcheggio – ha detto mons. Galantino rivolgendosi a centinaia di giovani in sala -. E noi in parcheggiatori abusivi che continuiamo a dare un po’ di mancia. Ribellatevi, perché questo non vi aiuta ma vi illude». Secondo il segretario generale della Cei «stiamo diventando schiavi di un pensiero unico dominante che è l’individualismo, e a questo dobbiamo continuamente ribellarci».  «Vogliamo far presente la forza di un pensiero critico che sa prendere le distanza dal ‘così fan tutti’ – ha sottolineato, accennando all’approvazione di ieri della legge sul biotestamento -, per non costruire un’attitudine al malcontento ma orientata al vivere responsabile. Per scegliere in maniera motivata e vivere in maniera consapevole. Essere cioè cristiani che portano speranza e fanno emergere la possibilità di vivere diversamente».

Per Luigi Bobba, sottosegretario del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con delega al servizio civile «Il servizio civile è anche acquisizione di competenze e se torna utile per il lavoro è un fatto positivo». Nella nuova legge sul servizio civile universale, ha ricordato Bobba, «è stato costruito un percorso pensato all’interno della condizione dei giovani, delle loro attese e speranze. L’intento è dare piena attuazione alla riforma». Il sottosegretario ha citato alcune ricerche ministeriali sui giovani in servizio civile, per capire cosa ha rappresentato per loro l’esperienza. «Sono emersi tre aspetti: l’impegno civico e volontario; la percezione di aver fatto qualcosa di positivo e utile per le persone e la comunità e la possibilità di acquisire competenze e capacità utili nel percorso lavorativo successivo». «Questo è un elemento positivo – ha sottolineato – perché è urgente offrire ai giovani occasioni per essere messi alla prova, rischiando i propri talenti». Bobba ha poi citato «un caso in cui la politica è arrivata in anticipo» rispetto alla società civile: «Abbiamo costruito le condizioni istituzionali per consentire a 3.000 giovani con lo status di rifugiato di svolgere il servizio civile. Anche questa è una via per costruire l’appartenenza».

È toccato al sociologo Maurizio Ambrosini ripercorrere i cambiamenti del servizio civile in questi 40 anni: «Negli albori c’è stata la fase della militanza, poi la fase della pari dignità e della diffusione di massa, quindi l’era della democratizzazione – ha ricordato -. Poi il servizio civile nazionale e la scelta volontaria, l’era della progettualità e della femminilizzazione». Ambrosini ha fornito alcuni dati: il 65% sono donne, mentre all’origine era una esperienza prevalentemente maschile. «Un aspetto che va messo in equilibrio», ha suggerito. È maggiore la presenza dalle regioni del Mezzogiorno (circa il 50%, di cui il 36% da Campania e Sicilia). 9 giovani su 10 sono diplomati. Nel 2015 su 33.172 domande presentate da stranieri, pari al 22,33% del totale, gli stranieri avviati al servizio sono stati soltanto 2.985, ossia l’8,40% del totale. «Questo è un aspetto problematico che va affrontato», ha sottolineato. Con la nuova legge sul servizio civile universale approvata quest’anno Ambrosini ha individuato alcune direttrici di innovazione: «Coinvolgere di più i ‘nuovi italiani’; flessibilità delle formule temporali valutando le implicazioni organizzative; aumentare gli spazi per i giovani delle periferie tramite una valida supervisione; dare sostanza al nesso con la cittadinanza attiva; certificare le competenze acquisite; promuovere scambi ed esperienze all’estero».