Italia

Staminali embrionali, un equivoco da chiarire

“Moralmente inaccettabile”. Così la presidenza della Cei, in una nota diffusa il 26 luglio, definisce la decisione del Consiglio dei ministri dell’Unione europea di prevedere, nell’ambito del 7° programma quadro di ricerca, finanziamenti che agevolano ricerche sulle linee cellulari staminali di origine embrionale. Nella nota, i vescovi italiani lanciano anche un appello “ai politici italiani e quanti ancora possono fermare questa deriva etica, che riduce l’embrione umano a possibile fornitore di materiale biologico”, e chiedono che “l’Unione europea in nessun modo agevoli, con propri finanziamenti, questo grave attentato alla dignità dell’uomo che tradisce il valore fondamentale della vita umana, senza il quale ogni altro valore individuale e sociale perde la propria consistenza”.

Uno dei punti più controversi di quello che è stato il “compromesso al ribasso” del via libera dato dall’Ue alla ricerca sulle cellule staminali embrionali è la questione della soppressione degli embrioni, vietata nelle ricerche che ne prevedono esplicitamente la distruzione, ma nel contempo autorizzata per le linee staminali embrionali genericamente definite “esistenti”. Ne abbiamo parlato con MARIA LUISA DI PIETRO, docente di bioetica all’Università Cattolica di Roma e presidente del Comitato Scienza e vita.

È vero che un embrione morto può essere “utile” alla ricerca sulle cellule staminali embrionali? E come si può certificarne la morte?

“Se si parte dal principio che non bisogna fare sperimentazione sugli embrioni, non c’è differenza tra un embrione e un altro. La legge italiana vieta la sperimentazione su ogni embrione umano: non fa nessuna differenza, né sulla fase del suo sviluppo, né sullo stato in cui si trova. La risoluzione approvata di recente dal Senato introduce invece la possibilità di sperimentare gli embrioni crioconservati non impiantabili, partendo dal presupposto che essi possono esser utilizzati nella ricerca e che il concetto di non impiantabilità sia da equiparare a quello di morte. In realtà un embrione non impiantabile non è un embrione morto”.

I fautori della ricerca sulle cellule staminali embrionali proclamano il contrario…

“Ed è proprio questo l’equivoco da sfatare, anche in sede europea. Il fatto che l’embrione crioconservato non abbia capacità di sviluppo ulteriore non significa che l’embrione sia morto, perché nell’embrione non si valuta la morte organica, ma la morte cellulare. Nel concetto di non impiantabilità, tra i criteri per stabilire se un embrione è morto c’è quello dell’ipocellularità, cioè la capacità di ulteriore sviluppo: il problema è valutare quante cellule debbano rimanere per dichiararne la morte, perché anche solo una potrebbe essere capace di produrre un individuo completo”.

Anche il problema del “cut off”, la data a partire dalla quale si stabilisce per legge la morte dell’embrione, in questa prospettiva perde la sua consistenza?

“Ridurre tutto il dibattito sull’utilizzo delle cellule staminali embrionali alla questione della data è una fandonia. Quale data? Una delle proposte è quella del 2009, e ciò significa che fino a quel periodo gli embrioni continueranno a essere distrutti… Stabilire per legge una data in cui dichiarare gli embrioni morti sarebbe solo una diagnosi di morte fatta a livello verbale, dal punto di vista cronologico, un semplice accordo che fungerebbe da convenzione. Per citare un solo caso, di recente in Israele un embrione crioconservato è stato trasferito dopo 12 anni, la gravidanza è andata avanti e il bambino è nato. Non si può ridurre il problema dell’utilizzo di cellule staminali embrionali a un problema tecnico: o si considera l’embrione dal punto di vista etico, come persona, come figlio, o si creerà un’altra categoria di embrioni orfani: embrioni di serie B, semplice materiale da laboratorio con cui possiamo fare quello che vogliamo”.

La presa di posizione europea non apre soltanto la strada all’utilizzo di embrioni congelati…

“Per ottenere linee cellulari embrionali bisogna prelevare l’embrione nella fase della blastocisti, distruggerne la parte interna per avere la cellula e mettere le cellule in coltura. La loro caratteristica è quella di autorinnovarsi e autoriprodursi senza distruggersi, possono durare nel tempo ed essere vendute a chi le vuole. Non sono però eterne, possono deteriorarsi, e dunque c’è bisogno di linee nuove. Con la proposta europea, in 11 punti si continua a dire che si possono utilizzare cellule staminali embrionali; che verranno finanziate ricerche, previa presentazione dei progetti a un apposito Comitato etico. Poi la famosa precisazione al punto 12, con cui si fa finta di vietare una cosa nell’Unione europea, autorizzandola però altrove, in altre parti d’Europa o del mondo, per poi – per giunta – finanziarla con i fondi dell’Ue. Il principio di non sperimentabilità sull’embrione, in questo modo, viene completamente abbattuto”.a cura di M.Michela Nicolais

L’embrione umano è vita innocente

CELLULE STAMINALI, VESCOVI ITALIANI: «DECISIONE UE MORALMENTE INACCETTABILE»